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Conte, altra disfatta in Europa: la Champions League resta un tabù

di Alessandro Colepio

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Antonio Conte è sicuramente fra i migliori allenatori degli ultimi dieci anni. Il tecnico leccese si è imposto nel panorama internazionale grazie alle grandi imprese sulle panchine di Juventus, Chelsea, Inter e persino della Nazionale italiana. La sua grinta e la reputazione da “sergente di ferro” gli hanno permesso di sedersi sulle panchine più prestigiose d’Europa, ma nonostante la grande mole di trofei vinti c’è ancora qualcosa che manca all’attuale allenatore del Tottenham.

Conte e la maledizione europea

Fin dai tempi della Juventus, infatti, Conte si porta dietro la nomea di “allenatore incapace di avere successo in Europa”. Anche quest’anno le cose non sono andate bene per lui e per gli Spurs, che sono stati eliminati agli ottavi di finale da un Milan non irresistibile.

A stupire è stata soprattutto la mancanza di idee di Kane e compagni, che in 180′ fra Milano e Londra non hanno realizzato neppure una rete e hanno concesso diverse occasioni agli avversari. Non si può certo additare tutta la colpa al tecnico italiano, ma è quasi inspiegabile il fatto che un allenatore così vincente non riesca a sfatare questa “maledizione” che lo perseguita ormai dal 2012.

In questo articolo ripercorriamo la carriera di Antonio Conte, soffermandoci sulle sfide europee e sui problemi delle sue squadre in campo internazionale.

 

Tottenham

Antonio Conte (@Shutterstock)

 

I risultati di Conte in Europa

Iniziamo quest’analisi dalla Champions League. Conte ha disputato questa competizione per 6 volte: due con la Juve, due con l’Inter, una col Chelsea e una con il Tottenham in questa stagione. Per ben tre volte (Juventus 2013/14, Inter 2019/20 e 2020/21) le sue squadre sono state eliminate già nella fase a gironi, mentre con le due squadre inglesi è stato eliminato sempre agli ottavi di finale. Il suo miglior piazzamento rimangono i quarti di finale raggiunti coi bianconeri nella stagione 2012/13.

Nelle annate 2013/14 e 2019/20 le sue squadre hanno chiuso il girone al terzo posto, guadagnandosi l’accesso all’Europa League. E forse è questo il vero rimpianto del tecnico leccese, che due volte è stato vicino a vincerla ma non c’è mai riuscito. La prima volta è la famosa semifinale persa dalla Juve contro il Benfica, con la finale che si sarebbe dovuta giocare proprio allo Juventus Stadium di Torino e che secondo alcuni fu “snobbata” da Conte per raggiungere il record dei 102 punti in Serie A.

L’altra, e forse la più cocente, è la finale persa dalla sua Inter contro il Siviglia, al termine di una gara rocambolesca in cui gli spagnoli sono stati bravi a sfruttare gli episodi e gli errori dei nerazzurri. Quella sconfitta è stata un duro colpo da digerire per i tifosi, che speravano in un successo europeo che manca dai tempi del Triplete.

 

I possibili motivi delle difficoltà europee

Bisogna innanzitutto spezzare una lancia a favore di Conte: le sue squadre non sono mai state delle corazzate capaci di competere in Champions League. Ma è forse proprio per questo che non si riesce a spiegare la mancanza di fame del tecnico verso l’Europa League, un obiettivo comunque importante e sicuramente alla portata dei club che ha allenato.

Uno dei motivi delle difficoltà che incontra quando scende in campo europeo potrebbe essere la poca elasticità mentale che trasmette ai suoi giocatori. Le squadre “contiane” sono macchine costruite per macinare punti ma al tecnico leccese manca la capacità di analizzare le partite ed adattarsi all’avversario tipica, ad esempio, di Ancelotti. Conte affronta ogni partita allo stesso modo, sa quali sono i punti di forza dei calciatori che allena e, se trova un equilibrio, difficilmente cambia il sistema di gioco.

Uno stile di gioco poco adatto alle coppe

Questa filosofia si è rivelata molto efficace nei campionati nazionali, ma in Europa la musica è diversa. Ogni partita diventa decisiva, non c’è possibilità di rimediare all’errore. Il fattore pressione diventa fondamentale e con esso anche la capacità di capire i momenti della partita.

L’esempio lampante è il pareggio di pochi giorni fa col Milan, che ha sancito l’eliminazione del suo Tottenham dalla Champions League. Gli inglesi avevano sofferto all’andata l’aggressività dei tre difensori rossoneri, che avevano annullato il tridente composto da Kane, Son e Kulusevski. Lo stesso copione si è riproposto al ritorno, col Tottenham che non si è reso mai pericoloso e che avrebbe avuto bisogno invece di un giocatore fra le linee capace di disorientare la difesa milanista.

Ogni partita fa ovviamente storia a sé, ma non è la prima volta che Conte è sembrato troppo bloccato sulle sue idee. Gli ultimi anni di calcio ci hanno invece mostrato come gli allenatori più vincenti in Europa sono quelli che variano le idee di gioco anche in funzione della squadra avversaria. Chiedere ad Ancelotti, ma anche a Klopp, Flick e Tuchel. Conte ha tutte le carte in regola per entrare in questa èlite calcistica, ma deve superare in primis queste difficoltà che da troppo lo limitano in campo internazionale.

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