Influenzati (@Shutterstock)
Un mix di anticorpi potrebbe aprire la strada a un trattamento universale contro le forme più gravi di influenza. La strategia, messa a punto dal Jackson Laboratory for Genomic Medicine e dallo Scripps Research Institute, non punta a un vaccino ma a una terapia capace di ridurre la pericolosità dell’infezione. A differenza degli anticorpi neutralizzanti stimolati dai vaccini, che devono essere aggiornati a ogni stagione influenzale per via delle mutazioni dei virus, questo approccio sfrutta anticorpi non neutralizzanti. Essi non bloccano l’infezione, ma richiamano altre cellule immunitarie nel sito dell’attacco, riducendo la possibilità che l’infezione degeneri in forme letali.
Virus (@Shutterstock)
Il cocktail testato dagli scienziati contiene tre anticorpi mirati a una regione specifica della proteina M2e, parte essenziale del virus dell’influenza A. A differenza di altre strutture virali soggette a mutazioni, la M2e resta pressoché invariata in tutti i ceppi, rendendola un bersaglio ideale per un trattamento ampio ed efficace. I test condotti sui topi hanno dimostrato la capacità del mix di anticorpi di proteggere da tre diversi ceppi: H1N1 (ceppo responsabile dell’influenza suina), H5N1 (che normalmente infetta gli uccelli) e H7N9 (infetta soprattutto gli uccelli ma può causare gravi infezioni nell’uomo). In particolare, contro il pericoloso H7N9, il trattamento si è rivelato capace di ridurre drasticamente mortalità e carica virale, anche se somministrato diversi giorni dopo l’infezione.
I risultati, pubblicati su Science Advances, segnano la prima volta in cui un trattamento antivirale mostra un’efficacia tanto ampia contro l’influenza. Negli esperimenti, i topi trattati hanno registrato minore gravità della malattia, una riduzione del virus nei polmoni e un aumento delle probabilità di sopravvivenza, anche in condizioni di immunodeficienza. Inoltre, i virus non hanno sviluppato mutazioni capaci di sfuggire alla terapia, poiché dovrebbero eludere tre diversi anticorpi allo stesso tempo. Se confermati sull’uomo, questi dati aprirebbero la strada a una nuova arma da affiancare ai vaccini, destinata soprattutto alle persone più vulnerabili alle complicanze dell’influenza.
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Articolo di Biagi Linda
Fonte: Focus
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