di Antonio Stiuso
Dopo anni di domande, colpi di scena e ipotesi fumose, pare che due ricercatori inglesi siano riusciti a risalire all’identità di Jack lo Squartatore. Il nome, ovviamente di fantasia, del serial killer che terrorizzò Londra alla fine dell’800. Le opinioni, però, sono discordanti e per la comunità scientifica il caso non è ancora chiuso.
Chi era Jack lo squartatore
Jack lo squartatore (in inglese Jack the ripper) è il nome con cui veniva chiamato un misterioso serial killer che agì a Londra nel 1888 nei pressi del degradato quartiere di Whitechapel. Il nome, di fantasia, è ricavato da una lettera pubblicata dallo stesso serial killer nel periodo degli assassinii. Indirizzata alla Central News Agency, nella missiva riferiva di essere l’autore degli omicidi.
Nel corso degli anni si sono susseguite numerose ipotesi sull’identità di Jack lo squartatore, alcune delle quali quasi impossibili e altre, invece, più attendibili. Tra le prime possiamo collocare sicuramente quella che vede protagonista il famoso poeta Oscar Wilde o lo scrittore Lewis Carrol; tra le seconde invece riprende quota, tra le altre, una delle più accreditate piste che vuole che il famoso serial killer sia un certo Aaron Kosminski, un barbiere che lavorava e viveva nei pressi delle zone colpite da Jack. Altre ancora additavano un non meglio precisato membro della famiglia reale o, vista la precisione negli omicidi, un medico.
Scoperta finalmente la vera identità?
A distanza di oltre 130 anni, l’identità di Jack lo squartatore è uno dei più grandi misteri che attanaglia la scienza forense. La tesi tornata in auge nell’ultimo periodo, secondo quanto pubblicato sul Journal of Forensic Sciences, è quella che identifica il famigerato serial killer in un barbiere polacco, all’epoca ventitreenne, di nome Aaron Kosminski. La teoria, presentata per la prima volta nel 2014, è stata riproposta da due ricercatori: David Miller, della scuola di medicina dell’Università del Leeds, e Jari Louhelainen, docente di biologia molecolare alla Liverpool John Moores University.
I due ricercatori hanno utilizzato alcuni campioni di DNA mitocondriale presenti sulle scene del crimine per provare a dare un nome al killer. Come spiega lo stesso Miller, infatti, “Tracce di liquido seminale, rinvenute sullo scialle di una delle donne, ci hanno permesso di abbinare il DNA con i discendenti di uno dei sospetti assassini: l’immigrato polacco Aaron Kosminski”. Lo scialle apparteneva alla sua quarta vittima, Catherine Eddowes, uccisa nel settembre del 1888; la presenza del liquido seminale di Aaron, però, non può essere considerata una prova schiacciante, visto che l’assassino colpiva prostitute.
I dubbi sullo studio
La tecnica utilizzata dai due ricercatori non ha convinto l’intera comunità scientifica e una parte di questa sostiene addirittura che non ci fossero prove sull’appartenenza dello scialle alla Eddowes; il tessuto, infatti, era molto pregiato per appartenere ad una prostituta dell’epoca.
Inoltre il DNA mitocondriale, come sostiene lo Smithsonian Institute, non può essere considerato come una prova; in un articolo pubblicato a commento della ricerca si può infatti leggere: “Dopo 130 anni, finalmente conosciamo l’identità di Jack lo Squartatore? Sfortunatamente no”; secondo l’esperto di DNA mitocondriale, Hansi Weissensteiner, infatti, questo non può essere utilizzato per identificare positivamente un sospetto, ma eventualmente può solo escluderne uno, poiché migliaia di altre persone potrebbero avere lo stesso DNA mitocondriale. Dopo tutti questi anni, insomma, il mistero rimane ancora irrisolto… e probabilmente lo rimarrà per sempre.
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