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Calcio femminile, l’origine e lo sviluppo dal 1800 a oggi

di Alessandro Colepio

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I Mondiali di Argentina 2023 hanno avuto inizio da qualche giorno e tutta l’attenzione mediatica italiana è rivolta verso la Nazionale di calcio femminile. Le nostre Azzurre hanno battuto nella fase a gironi l’Albiceleste padrona di casa, ma hanno perso 5-0 con la Svezia e dovranno vedersela con il Sudafrica. La finale della competizione è prevista per il 20 agosto.

Nel mese in cui il mondo del calcio si ferma per seguire e tifare le sue grandi protagoniste, noi di NCC abbiamo pensato di andare a riscoprire le origini e il percorso che il movimento calcistico femminile ha seguito per arrivare alla sua forma moderna.

Come è nato il calcio femminile

Le radici di questo sport ci riportano, come per la sua controparte maschile, in Inghilterra. Qui sono nate, già alla fine del 1800, le prime squadre di calcio per far svagare le operaie delle fabbriche. Il primo match di cui si ha documentazione è una partita internazionale, disputata il 9 maggio 1881 all’Easter Road Stadium di Edinburgo.

Le due squadre – una composta da calciatrici inglesi, l’altra da scozzesi- scendono in campo con corsetti e stivali alti, per non infangare i canoni di decenza dell’età vittoriana, e scatenano reazioni controverse in tutto il territorio del Regno Unito. Il pregiudizio verso le calciatrici spesso le costringe a giocare sotto pseudonimo e gli uomini protestano ferocemente contro la mancanza di pudore delle atlete.

Nonostante l’opposizione esterna, continuano a nascere nuove associazioni e club per calciatrici. A Londra viene fondato nel 1895 il British Ladies’ Football Club, che nello stesso anno organizza una partita amichevole a Londra e raccoglie quasi 10mila spettatori. Col finire del 19esimo secolo si ammorbidiscono anche i canoni estetici, permettendo così alle donne di non dover giocare con stivali e corsetto.

Il British Ladies’ Football Club organizza decine di partite promozionali ad inizio 1900 e si lega strettamente al movimento delle suffragette, lottando tramite lo sport per ottenere la parità dei diritti e delle condizioni di vita. Le critiche piovono incessantemente, ed alcuni giornali definiscono le calciatrici come “ornamentali ed inutili“.

La squadra si scioglie con l’inizio della prima guerra mondiale, ma la sua eredità continua a indicare la via. Nel 1917 nasce il Dick, Kerr Ladies’ FC, club calcistico che raggruppa le operaie della omonima azienda ferroviaria, che diventa una vera e propria istituzione nel settore. Il calcio femminile inizia a diventare così popolare che alcune giocatrici della squadra si guadagnano da vivere unicamente grazie agli incassi delle partite.

Ed è proprio all’inizio degli anni ’20, forse nel momento di maggior successo, che la Football Association inglese decide di proibire il calcio femminile nei campi di tutto il Regno Unito. La stessa decisione viene poi assunta anche da altre federazioni nazionali, come quella tedesca e spagnola.

Calcio Femminile

Svenja Huth (Dal Canale YouTube @Team Womensoccer)

Dalla squalifica alla rinascita

Il ban arriva nel 1921 e impedisce alle squadre femminili di organizzare competizioni ufficiali. Ciononostante, il Dick, Kerr Ladies’ FC continua a giocare sui campi delle squadre di rugby, dato che la federazione di competenza non si è unita alla linea della FA e mette i suoi terreni di gioco a disposizione delle calciatrici.

Il periodo del “proibizionismo” dura fino al 1970, anno che vede una svolta storica. La Federazione Indipendente del Calcio Femminile Europeo, con sede a Torino, organizza la prima Coppa del Mondo femminile proprio in Italia. Al torneo parteciparono anche alcuni club e alla fine a spuntarla è la Danimarca, che alza la prima edizione della competizione. Le calciatrici danesi si ripetono anche l’anno successivo in Messico, vincendo la Coppa del Mondo 1971 davanti a un Estadio Azteca gremito.

I due Mondiali sdoganano definitivamente il ban imposto dall’FA e dalle altre federazioni. In tutto il mondo iniziano a nascere organizzazioni nazionali per dirigere e tutelare il calcio femminile, che assume a grandi linee i connotati che ha oggi. Nel 1991 la FIFA inizia a gestire autonomamente la Coppa del Mondo, che si sostituisce a quella della Federazione torinese e viene parificata, per regole e format, a quella maschile.

Le cose cambiano anche a livello nazionale. Il professionismo si diffonde a macchia d’olio e nel 1988 la Svezia annuncia che la propria lega domestica sarà necessariamente formata da giocatrici pagate per scendere in campo. Anche se la disparità di pagamento coi calciatori uomini è ancora abissale, in tutto il mondo si stanno gettando le basi per alzare quantomeno gli stipendi femminili.

Questa è a grandi tratti la storia del calcio in rosa, partendo dalle fabbriche del Regno Unito vittoriano fino ad arrivare ai Mondiali di Argentina 2023.Bonansea

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