A Brescia non ci si può mettere comodi. Almeno, non sulla panchina delle Rondinelle, che negli ultimi tre anni solari ha vissuto ben tredici avvicendamenti. Vero, spesso richiamando vecchie conoscenze, ma è un dato che dimostra innanzitutto la poca pazienza del presidente Cellino ma anche un ambiente non facile da maneggiare.
Ormai Massimo Cellino lo conosciamo bene. Già ai tempi del Cagliari, di cui è stato presidente dal 1992 al 2014, il suo carattere esuberante, per così dire, era sotto gli occhi di tutti. Approdato a Brescia nel 2017, gli ultimi tre anni, condizionati anche dal Covid, sono stati una vera e propria mattanza di allenatori.
Si parte da febbraio 2020, quando sulla panchina bresciana siede Diego Lopez, che la manterrà fino al termine della stagione. Le prime due gare del campionato successivo, il 20/21, però, sono affidate a Delneri, che rimane in carica per un mese soltanto, per poi salutare e lasciare nuovamente spazio a Diego Lopez.
Il difensore uruguagio mantiene le redini fino alla decima giornata, ma poi viene sostituito prima da Gastaldello, che siede in panchina per una sola giornata, poi da Dionigi, che traghetta i bresciani fino alla ventesima di campionato. Sarà lo spagnolo Clotet a portare i biancazzurri fino al termine del campionato, che chiuderà in settima posizione, subito eliminata ai playoff.
All’inizio della stagione 21/22, si cambia ancora. Cellino vuole un nome altisonante, e chiama Filippo Inzaghi sulla panchina dei lombardi. Il campione del mondo 2006 resiste fino alla 31° giornata, per poi essere sostituito da Corini, che chiude quest’annata al quinto posto, ma non inizierà la successiva.
Il 2022/2023 si apre con il ritorno di Clotet, che rimane in carica fino alla diciottesima di campionato, per poi dare il via ad un vero e proprio valzer sulla panchina del Brescia. Per la giornata numero 19 e 20 siede Aglietti, che viene sostituito nuovamente da Clotet per le successive tre giornate. Arriva quindi Possanzini, che per due giornate è l’allenatore delle “rondinelle”, per poi salutare e lasciare il testimone a Gastaldello.
Ora il difensore ex Bologna ha tra le mani una gatta difficile da pelare, non solo con i giocatori in campo, ma anche guardando all’insù, verso la presidenza.
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