L’ambientazione di “BigBug” è solo un presupposto per raccontare le persone. Infatti la pellicola presenta al suo interno personaggi con una caratterizzazione ben definita e differente. Ed è proprio questo a dare il via alle varie vicissitudini che vanno oltre la ribellione di Yonyx. Grazie al lockdown provocato dal colpo di stato dell’intelligenza artificiale, vediamo i protagonisti coinvolti in una situazione purtroppo familiare per lo spettatore.
Jeunet sceglie il linguaggio della commedia satirica per raccontare questo gruppo di persone che inizialmente si fida più della tecnologia rispetto alle persone. E sarà proprio questo a far nascere il dualismo presente all’interno della pellicola. I protagonisti umani sono egoisti, sciocchi e diffidenti. Mentre i due ragazzi all’interno della casa sono semplici adolescenti con idee differenti. Ma a emergere su tutti sono i 4 Mecca presenti in casa.
L’obiettivo di questa stramba squadra è quella di aiutare i propri padroni a fuggire dal misterioso lockdown e far capire di essere umani quanto loro. Attraverso le varie situazioni, lo spettatore comprenderà che i Mecca sono decisamente più umani dei loro padroni. Essendo un racconto satirico, “BigBug” non mette in scena una narrazione oscura, ma mette in evidenza con simpatia e semplicità i caratteri dei vari protagonisti e i loro errori.
Non è tutto oro quello che luccica. “BigBug” non è assolutamente perfetto. Se l’utilizzare un tema come le IA ribelli è un difetto, a essere ben più evidente è la scrittura dei protagonisti. Nonostante tutti loro si rivelano utili al fine del messaggio lanciato da Jean-Pierre Jeunet nella sua pellicola, la sceneggiatura non mostra un vero ed effettivo cambiamento o sviluppo di questi.
Complice anche la semplicità dei loro background e la leggerezza del film, i protagonisti, nonostante la loro disavventura, non ne escono completamente cambiati. Questo offre allo spettatore dei personaggi molto semplici e maturati non del tutto. Ma non sono solo loro a soffrire dei problemi di scrittura.
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