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Ambiente: scoperta sostanza per costruire batterie a partire da… granchi e aragoste?!

di Gianmichele Trotta

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Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica statunitense Matter evidenzia la possibilità di produrre nuove batterie rinnovabili a partire da una sostanza presente nei crostacei, tra cui granchi e aragoste. Una scoperta importante quella messa a punto dal team di ricercatori, sia per l’ambiente che per il mercato, data la penuria di materiali elettronici. Tuttavia, è emersa anche la preoccupazione sulle conseguenze che la scoperta potrebbe avere sull’esistenza di questi animali.

Una scoperta rivoluzionaria per l’ambiente

La scoperta, ad opera di alcuni ricercatori dell’Università del Maryland, sembra essere rivoluzionaria sulla carta. Le batterie realizzate sino al giorno d’oggi, infatti, sono costituite prevalentemente da piombo o litio. Questi metalli hanno grandi capacità elettrolitiche ma presentano anche degli svantaggi a livello di reperibilità e smaltimento. Il litio, ad esempio, può essere ottenuto solamente tramite l’estrazione mineraria, oltre che essere difficile da smaltire.

Qui entrano in gioco i nostri cari crostacei. I ricercatori hanno scoperto che la sostanza presente nei loro gusci, la chitina, se combinata con lo zinco, può originare una nuova sostanza elettrolitica. Quest’ultima però, a differenza delle batterie tradizionali, sarebbe biodegradabile e quindi con bassissimo impatto ambientale.

La chitina, secondo la ricerca, si decompone nel terreno in circa 5 mesi. Lo zinco utilizzato per la produzione della batteria, invece, sarebbe facile da riciclare. I primi test, inoltre, hanno dimostrato che le nuove batterie “green” riescono a rimanere inalterate anche dopo 400 ore di utilizzo.

 

Aragosta (@Shutterstock)

I crostacei in pericolo?

Fortunatamente, la chitina non è presente solamente nel guscio dei crostacei, ma si trova anche nei funghi e nei calamari. Questo, quindi, permette varie alternative con cui reperire la sostanza. Tuttavia, rimane l’interrogativo su come potrebbe essere una produzione industriale di batterie di questo tipo. Il The Guardian riporta le dichiarazioni di Graham Newton, professore di chimica dell’Università di Notthingam, che si pronuncia sulla questione:

“Quando si sviluppano nuovi materiali per le tecnologie delle batterie tende ad esserci un divario significativo tra risultati di laboratorio promettenti e una tecnologia adattabile su larga scala”.

Non ci resta che attendere nuovi sviluppi e capire se la scoperta avrà ripercussioni importanti.

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