Oggi, 22 marzo, è la Giornata internazionale dell’acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. L’Istat, in occasione di questa data, ha pubblicato un report 2020-2022 sulla qualità della distribuzione di acqua in Italia, mettendo un luce un quadro generale non particolarmente virtuoso; vediamo quindi i dettagli, riportati da TGCOM24 e Repubblica.
In Italia il 2022 è stato un anno dominato dalla costante penuria d’acqua, protrattasi lungo i primi mesi del 2023. Ad accompagnare la scarsità di pioggia, e pertanto di potenziale acqua potabile, si aggiunge l’inefficiente distribuzione idrica della Penisola; secondo i calcoli dell’Istat, nel 2020 la quantità di acqua dispersa in rete avrebbe potuto soddisfare la richiesta idrica di 43 milioni di persone per un anno intero.
Questo quadro infelice fa da contraltare a una virtuosità territoriale italiana, per cui siamo il primo Paese, a livello UE, per acqua prelevata a uso potabile. Il problema di fondo, tuttavia, è la dispersione, che, secondo la tecnologa dell’Istat Simona Ramberti, sarebbe in larga parte dovuta a una gestione troppo frammentaria della distribuzione:
“Una gestione virtuosa dei servizi idrici passa necessariamente dalla gestione integrata di tutti i passaggi. Un sistema a perdite zero non esiste, è naturalmente impossibile, un minimo di dispersione è fisiologica, ma dobbiamo almeno cercare di abbatterle il più possibile”.
Nel 2020, si calcola, erano ben 2.391 i gestori di servizi idrici, segnalando un trend in diminuzione rispetto agli anni scorsi, ma ancora non sufficiente. Se si volesse stimare il volume di perdita pro capite, sarebbe quantificabile in 157 litri di acqua persi per abitante ogni giorno.
Secondo gli ultimi dati ISPRA, risalenti al 2018, circa l’85% dell’acqua prelevata a uso potabile proviene dalle falde sotterranee (in totale, includendo anche altre sorgenti, si parla di 9,2 miliardi di metri cubi d’acqua prelevati in un anno), e il 60% di essa è destinata all’agricoltura, il 25% all’energia e all’industria, il 15% a uso civile.
Passando in rassegna alcuni dei dati, emerge come in nove regioni le perdite in distribuzione sono superiori al 45%; questo primato negativo si concentra soprattutto nel Meridione e nelle Isole, con al primo posto la Basilicata (62,1%), a seguire Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%).
Se invece scendiamo di scala, in 20 province diverse si perde almeno il 55% del volume immesso; un valore che non risparmia il Centro e il Nord Italia, dove le provincie di Belluno e La Spezia registrano questi valori negativi.
Passando a una scala ancora più bassa, in un comune su quattro, a livello nazionale, oltre la metà dell’acqua in distribuzione viene persa. Prendendo tutti questi dati in considerazione, possiamo affermare che nel 2020 il volume delle perdite idriche in fase di distribuzione ammontava, in tutta Italia, a circa il 42,2% dell’acqua immessa in rete.
Questi numeri sono un vero e proprio segnale d’allarme, come descritto da Paolo Romano, Presidente di SMAT (Società Metropolitane Acque Torino S.p.A):
“Se continua così, quest’anno l’estate sarà peggio della scorsa, rischia di essere da protezione civile, almeno nei comuni più svantaggiati. Oggi a rischio è sicuramente l’agricoltura, ma senza infrastrutture è difficile intervenire. Quello di cui l’agricoltura ha necessità è riuscire a trattenere l’acqua”.
Delle possibili soluzioni per il problema arrivano direttamente dal Veneto, regione particolarmente colpita dalla siccità, il cui Presidente, Luca Zaia, ha ventilato l’ipotesi di dissalare l’acqua di mare:
“C’è siccità, la risorsa idrica manca e ci vuole un piano a livello nazionale, ragionando anche in termini di aridocoltura. Abbiamo il vantaggio di avere acqua del mare, se a Dubai vivono dissalando l’acqua, lo dobbiamo fare anche noi, perché i costi potrebbero essere affrontabili”.
Il quadro generale è pertanto assai problematico, e aprire la strada verso nuove possibilità di approvvigionamento idrico, insieme a una diminuzione della frammentazione nella distribuzione, potrebbe migliorare la situazione per gli anni a venire.
Per chi volesse approfondire la questione, qui è possibile consultare il report dettagliato dell’Istat.
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