di Alessandro Colepio
L’estate del 2006 è un ricordo indelebile nella memoria di tutti gli italiani: le indagini su Calciopoli, i problemi interni alla Nazionale, la cavalcata trionfale nei Mondiali in Germania, i festeggiamenti di un Paese intero che sale sul tetto del mondo…
Un contesto complicato in quei Mondiali
Per capire il clima in cui gli Azzurri di Marcello Lippi arrivano a giocarsi la finale bisogna però fare qualche passo indietro. Lo scandalo Calciopoli sta distruggendo dall’interno la struttura della Serie A e sta colpendo in particolare la Juventus, a cui appartiene la maggior parte dei calciatori della Nazionale. Sulla spedizione azzurra ai Mondiali in Germania del 2006 c’è quindi pochissima fiducia, e tutti si aspettano che la squadra crolli come sta facendo il resto del calcio italiano.
Nel momento di maggiore difficoltà Lippi e i suoi si isolano dal rumore generale, si stringono ancora di più e creano quel legame indissolubile che fa grandi le squadre di calcio. Gli Azzurri giocano e vincono contro tutti gli avversari che si trovano davanti (USA ai gironi esclusi), compresi i padroni di casa tedeschi in semifinale, riuscendo a ricucire le ferite aperte di una crisi che sta colpendo i vertici del calcio italiano.
Il 9 luglio l’Italia scende in campo per giocare la finale del Mondiale 2006 contro la Francia; il resto è la storia di una delle più belle partite della storia di questo sport.
Cronaca della finale dei Mondiali 2006
Lippi sceglie lo stesso 4-4-2 con cui ha superato la Germania: Buffon fra i pali, Zambrotta a destra, Cannavaro-Materazzi al centro e Fabio Grosso a sinistra; in mezzo al campo la coppia milanista Pirlo e Gattuso, supportati da Camoranesi e Perrotta sulle fasce. In avanti il bomber Luca Toni fa coppia con Francesco Totti, che anche se non al meglio, è un uomo chiave per la squadra. La Francia invece schiera un 4-2-3-1 con Makelele e Viera in mezzo al campo a supportare la classe offensiva di Zinedine Zidane, star assoluta della squadra, oltre che la velocità di Thierry Henry.
Le due formazioni scendono in campo e la partita si accende subito dopo il fischio d’inizio. Al settimo minuto c’è un contrasto nell’area azzurra fra Malouda e Materazzi, col francese che si lascia andare appena sente l’arrivo del difensore interista. L’arbitro si fa ingannare dalla dinamica e concede il penalty, che Zidane trasforma, come se fosse la cosa più facile del mondo.
La Francia sembra nettamente la miglior squadra in campo e annulla le sortite offensive degli Azzurri, che però hanno ancora un asso nella manica: al 19esimo Materazzi salta più in alto di tutti su calcio d’angolo e trafigge Barthez; il gol dell’1-1 carica la formazione italiana che ribalta il tema tattico dell’incontro. Lippi chiede ai suoi di alzare il pressing i transalpini iniziano a perdere metri, diradando le sortite offensive di Zizou e compagni. L’Italia ne approfitta, iniziando a creare occasioni e centrando anche la traversa con Toni, ancora su calcio d’angolo.
I supplementari per evitare lo spettro degli undici metri
Nonostante molti tentativi e un gol annullato a Toni per fuorigioco, la gara va ai supplementari sul risultato di 1-1 e gli Azzurri sembrano aver finito le energie. La Francia torna a farsi vedere in avanti e solo un super Buffon può impedire a Zidane di siglare di testa il gol del 2-1. La svolta della gara arriva alla fine del primo tempo supplementare quando Materazzi provoca Zizou mentre tornano verso le panchine; l’asso francese perde la lucidità e colpisce il difensore con la famosissima testata al petto, che diventerà una delle immagini più iconiche della storia. L’arbitro non può far altro che espellerlo e l’Italia, grazie alla superiorità numerica riesce ad allentare la pressione francese. Anche i supplementari rimangono bloccati sull’1-1: al termine del 120 minuti si va ai calci di rigore.
I calci di rigore e la maledizione sfatata
12 anni dopo i rigori di Pasadena a USA 1994, l’Italia torna a giocarsi un Mondiale dagli 11 metri. Stavolta però le gambe non tremano, gli Azzurri sono in trance agonistica e i primi quattro rigoristi vanno tutti a segno: Pirlo, Materazzi, De Rossi e Del Piero. Per la Francia segna Wiltord, poi Trezeguet sbaglia il secondo penalty e le reti di Abidal e Sagnol lasciano la responsabilità al mancino di Fabio Grosso.
L’uomo della provvidenza, quello che ha iniziato a giocare solo per le scarse prestazioni di Zaccardo, quello che non tirava un rigore dai tempi della Serie C; sempre quello che si è guadagnato il penalty contro l’Australia ai quarti e ha sbloccato la gara contro la Germania in semifinale. Grosso va sul dischetto insieme a 60 milioni di italiani e gonfia la rete, portando la Nazionale sul tetto del mondo per la quarta volta.
Una boccata d’aria per il calcio italiano
È la vittoria di un gruppo di grandi uomini e calciatori che si sono stretti nelle difficoltà per un obbiettivo comune. È la vittoria di Lippi, capace di mostrare al mondo che sa ancora vincere; quella di Totti che torna dall’infortunio e di Del Piero, che si sacrifica per arrivare a quel gol alla Germania. È la festa di Buffon, capace di subire un solo gol (un autogol) su azione e di Cannavaro, che poco tempo dopo vincerà il Pallone d’Oro. La vittoria anche di Materazzi, da comprimario a protagonista decisivo di quel Mondiale dopo le tante critiche per la sua aggressività in campo.
La vittoria nel 2006 è stata un’ancora di salvezza per l’intero sistema calcistico italiano, che verrà scosso da cima a fondo dalla magistratura, ma riuscirà comunque a imporsi più in alto di tutti. Come ben sappiamo, il rapporto fra l’Italia e la Coppa del Mondo è stato piuttosto altalenante dopo il 2006; le due delusioni nel 2010 e nel 2014, poi le mancate qualificazioni al 2018 e al 2022. Molti italiani, soprattutto le nuove generazioni, non hanno familiarità con l’atmosfera del Mondiale e l’affetto per la Nazionale di qualche anno fa, ma se c’è una cosa che possiamo imparare dalla finale con la Francia è che l’Italia riesce sempre a rimettersi in piedi. E così farà anche stavolta…
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