di Riccardo Rizzo
“Un tempo ci fu un’esplosione, uno scoppio che generò la vita per come la conosciamo. E poi, arrivò un’altra esplosione, un’esplosione che per noi sarà l’ultima”. Una frase iconica, che ci fa immergere nell’universo costruito da Kojima. E per celebrare i tre anni dall’uscita sul mercato di Death Stranding, cerchiamo di capire perché questo titolo è stato così importante…
Death Stranding: un nuovo modo di concepire l’Open World
Partiamo dal presupposto che Death Stranding, più che essere un semplice videogioco, è un’esperienza. Un’esperienza che va vissuta e che indubbiamente vi lascerà qualcosa, positivo o negativo che sia. Ultima fatica di Kojima Productions, il titolo si presenta come un’avventura in terza persona, dove avremo lo scopo di riunire gli Stati Uniti dopo il Death Stranding, evento che ha causato l’estinzione della vita per come la conosciamo.
Inizieremo così un viaggio che ci porterà a visitare un’America devastata dall’arrivo delle creature arenate; creature appartenenti al mondo dei morti che sono sulla Terra grazie alla Spiaggia, una sorta di limbo tra il mondo dei vivi e quello dei morti (è importante specificare che la Spiaggia non è un luogo “universale”, ma ogni essere umano ha una propria Spiaggia, che di fatto è il prodotto della sua coscienza).
Il protagonista però, Sam Porter Bridges, è dotato di DOOMS (delle particolari abilità che in qualche modo connettono il soggetto con le Spiagge e il mondo dei morti), grazie alle quali riesce ad individuare le CA. Nel viaggio per ricostruire il Paese, saranno fondamentali anche tutti i gadget che avremo a disposizione, essenziali per esplorare il mondo di gioco. Per la prima volta nella storia del videogioco, questi oggetti diventano un’effettiva meccanica di gioco, inserita a regola d’arte nell’esplorazione; scale e chiodi da arrampicata, saranno così fondamentali per scalare montagne o per scendere all’interno dei crateri.
La cosa più sensazionale però è la libertà con cui potremo posizionarle all’interno dell’Open World. Sfruttando poi le dinamiche di multiplayer asincrono, è anche possibile sfruttare gli oggetti piazzati dagli altri giocatori; un fattore molto importante che ci farà sentire meno soli durante le nostre consegne. Ovviamente potremo anche dimostrare la nostra gratitudine agli altri corrieri, ad esempio lasciando dei “mi piace” in prossimità degli oggetti o dei segnali che hanno lasciato.
Un mondo senza certezze
Un altro fattore chiave dell’ecosistema di Death Stranding è la lore e di come essa si riflette sulla trama principale e sul mondo dilaniato dalla Grande Estinzione. Dopo questo cataclisma, hanno infatti fatto la comparsa sulla Terra le CA, le DOOMS e la cronopioggia, che come detto prima, hanno in qualche modo avvicinato il mondo dei vivi e quello dei morti.
In particolare, la cronopioggia in un primo momento ci appare come mero strumento di game design, in quanto tutto ciò che vi ci entra in contatto subisce un’alterazione temporale. E un pacco danneggiato, equivale a meno “mi piace” ottenuti al momento della consegna; con questo espediente di gameplay però, arriviamo ad un’incredibile realizzazione: il tempo non è più un fattore fisso…
Il tempo è uno dei protagonisti assoluti della storia di Death Stranding. Per tutto il corso dell’avventura, i personaggi principali provano a razionalizzare e a trovare spiegazioni plausibili a eventi irrazionali e inspiegabili. Purtroppo, però, non c’è soluzione; il mondo è cambiato, e nulla sarà più come prima. E dare una spiegazione plausibile, non sempre è possibile.
Eppure non demordono, continuano a lottare, a tenere viva la speranza, fino alla fine. È l’unico modo che hanno per rimanere esseri umani, per non cadere in balia di un mondo che li è estraneo. La ricerca della verità, della comprensione del soprannaturale, gli dà speranza, come persone e come specie; questo titanismo rappresenta così un’analogia perfetta con la realtà. Kojima costruisce un mondo messo in ginocchio da una serie di eventi inspiegabili, che trova nell’unione e nella collaborazione la forza di andare avanti, la forza di provare a spiegare tutto quello che è accaduto, anche se non è possibile.
La speranza di rimanere essere umani
Ecco perché Death Stranding è un progetto incredibile. Perché per certi versi smette di essere videogioco, e diventa altro. O meglio, non è solo un videogioco, ma è qualcosa di più. Si, perché in Death Stranding comunque si gioca, e il gameplay ha un ruolo chiave nell’esperienza. Dalle fasi di gioco, però, partono una serie di riflessioni e analisi che vanno oltre il concetto di videogioco.
Kojima tocca temi forti, importanti, come il rapporto tra la vita e la morte, la speranza e l’abbandono di quest’ultima; all’interno del mondo infatti, incontreremo alcuni individui che hanno perso la speranza verso l’umanità, i MULI, che ormai sono assuefatti dalle consegne, l’unica ragione di vita che gli è rimasta. Il gioco potrebbe non essere piaciuto a tutti, ma indubbiamente ha lasciato qualcosa dentro tutti coloro che lo hanno giocato. Oggi, l’ultima fatica di Kojima Productions compie tre anni, e come redazione non possiamo fare altro che consigliarvi di provarlo, per capire con mano l’importanza di quest’opera…
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