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INTERVISTA ESCLUSIVA ad Alessandro Campaiola, la voce italiana di Flash, Eren, Saitama e tanti altri…

di Domenico Scala

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Alessandro Campaiola è un doppiatore professionista e attore teatrale, famoso tra gli appassionati per aver interpretato, nonostante la giovane età, molteplici ruoli in film, serie televisive, anime, prodotti d’animazione, videogiochi e chi più ne ha più ne metta. Nasce, Cresce, Ignora ha deciso di intervistarlo per scambiare quattro chiacchiere su quello che può essere considerato una delle tante eccellenze italiane, spesso “ignorate” dal grande pubblico: il mondo del doppiaggio!

Alessandro Campaiola

Alessandro Campaiola – L’intervista

 

Come nasce la tua carriera da doppiatore?

“La mia è un’intera famiglia di attori e doppiatori. Addirittura la mia trisnonna, all’epoca attrice di teatro, prestò la voce alla strega nel primo doppiaggio italiano di “Biancaneve e i sette nani” (1937). Mia madre è Monica Ward, mio padre è Fabrizio Campaiola, che ha lavorato anche come direttore del doppiaggio. Per cui già da bambino, intorno ai 4 anni, ho affrontato il mio primo turno al leggio. Però i miei non volevano trasformarmi in un bambino lavoratore, così pian piano si può dire che ho smesso, anche se mai del tutto. Arrivato ai 14/15 anni a scuola le cose non andavano bene e così iniziai a lavorare in un cinema, dove ebbe modo di rifiorire nuovamente in me la passione per la recitazione. Ed è in quel periodo che maturai la decisione di riprendere seriamente a fare doppiaggio, ripartendo quasi da zero ormai”.

Quali sono i vantaggi di essere figlio e nipote d’arte, e quali gli svantaggi?

“Come in tutto, ci sono i pro e ci sono i contro. Chiaramente, venendo da una famiglia come la mia è innegabile che sono stato agevolato proprio a conoscere, a respirare questo mondo. A mia mamma devo tutto; all’inizio alcuni direttori hanno avuto la pazienza di ascoltarmi soltanto perché volevano bene a lei, anche se magari non gli andava. Per contro, ho incontrato anche direttori del doppiaggio che spesso hanno tentato di scoraggiarmi, tirando in ballo la pesante eredità che porta il nome della mia famiglia, e ritenendomi a loro avviso non all’altezza all’epoca”.

Spesso si sente dire che un doppiatore è un attore, ma non sempre un attore è anche un doppiatore. Puoi spiegarci meglio questa affermazione?

“Purtroppo oggi la figura dell’attore è un po’ controversa. Un personaggio può partecipare ad un reality e (magari per l’aspetto fisico o per la risonanza mediatica) diventare attore, soprattutto in ambito televisivo o cinematografico, senza aver mai studiato teatro o recitazione, e quindi senza aver per forza di cose dimostrato di averne le qualità. Il doppiaggio è invece un mestiere molto artefatto. Per doppiare c’è bisogno davvero di uno studio dietro; un doppiatore ha bisogno di capire la performance attoriale che si trova a dover doppiare e deve sapersi adattare ad essa donandole anche una sua caratterizzazione, restando tuttavia il più naturale possibile. Quindi si, tendenzialmente è vero. Ogni doppiatore è un attore, ma non sempre un attore è un doppiatore. Poi logicamente dipende dai casi”.

Alessandro Campaiola

In un mondo sempre più globalizzato e in cui, grazie alle piattaforme di streaming, è sempre più facile fruire della lingua originale di un prodotto, perché ritieni che il doppiaggio sia importante?

“Per quanto mi riguarda, il doppiaggio è un modo efficace per imparare la nostra lingua ed è comunque uno strumento per trasporre la nostra cultura, anche se si va a lavorare su prodotti stranieri. E non siamo noi della categoria a difendere il doppiaggio; quando anni fa Netflix arrivò anche qui in Italia, il dibattito sul doppiaggio era nel vivo della questione, e il primo anno di servizio servì loro anche a capire i gusti e le preferenze degli italiani. Dopo un anno di streaming i prodotti venivano fruiti all’89,9% doppiati in italiano. La risposta è tutta qui: se l’italiano può scegliere, decide di godersi un prodotto doppiato nella nostra lingua. Anche perché diciamoci la verità, a meno che non si è madrelingua, il prodotto in lingua originale viene visto coi sottotitoli, e nel leggere ci si perde comunque parte dell’opera”.

Recentemente sei balzato agli onori della cronaca perché hai lanciato una petizione per richiedere il doppiaggio dell’ultima parte de L’attacco dei giganti, in cui doppi Eren. Senza entrare nel merito della questione, la petizione è stata firmata in pochi giorni da oltre ventimila persone. Alla luce di questo risultato, quanto pensi sia riconosciuto il valore del doppiaggio italiano dal pubblico generalista?

“Questo è un risultato molto importante, perché sono stato sostanzialmente l’unico ad essersi esposto sulla questione e perché (grazie anche all’aiuto di tutti quelli che hanno firmato e condiviso la petizione sui social) siamo arrivati a ventimila persone probabilmente in meno di una settimana. Ciò dimostra esattamente che in Italia il doppiaggio è apprezzato e che bisogna farlo, soprattutto su una serie come questa. Il pubblico vuole ANCHE il doppiaggio italiano, proprio perché è una di quelle che davvero guarda in lingua originale, dato che spesso in Italia gli anime arrivano molto in ritardo e neanche doppiati bene. Ma non in questo caso. “L’attacco dei giganti” gode di un doppiaggio curato, fatto bene, di Serie A, non di Serie B. E la gente apprezza!”.

Alessandro Campaiola

La pirateria, secondo te, quanto danneggia il doppiaggio?

“Non solo il doppiaggio, la pirateria danneggia l’intero settore. Il cinema, la musica, la televisione… tutti i settori artistici ne vengono danneggiati. Bisogna capire che una casa di produzione (o uno studio di doppiaggio) spende tanti soldi per realizzare (o doppiare) una serie tv o un film. E poi magari questo lavoro, questo grande sforzo economico, non gli viene riconosciuto perché le persone lo guardano in streaming illegale. Per fortuna, oggi molte persone iniziano finalmente a preferire un abbonamento ad una piattaforma di streaming anziché cercarsi una serie tv su qualche sito dubbio. La pirateria (almeno per noi) esiste ancora, ma forse è meno dannosa che in passato”.

Hai doppiato tantissimi personaggi in svariate opere di tanti media diversi. Ma molti ti conoscono soprattutto per il ruolo di Barry Allen/Flash nella serie tv omonima. Quali sono i personaggi che senti più “tuoi”?

“Ho la mia top 3. Sicuramente c’è Eren, perché è stato il primo protagonista di un anime che ho doppiato, e perché sono un grande fruitore sia di anime che di manga. Poi c’è Saitama (One-Punch Man), che è uno dei personaggi più belli e allo stesso tempo più difficili che abbia mai doppiato in assoluto. L’ho amato tantissimo. Però il mio preferito è Barry Allen/Flash. Sono un nerd, ho sempre letto i fumetti DC Comics. Poi è il protagonista di una serie molto importante per la mia carriera. Ho avuto l’opportunità di lavorare con il mio maestro, che è Michele Gammino, e su un attore molto bravo come Grant Gustin. Ce l’ho anche tatuato. Mi ha dato tanto!”.

Alessandro Campaiola

A conferma della bontà del doppiaggio italiano, spesso capita che la voce italiana di un attore gli doni una “fisicità” che in realtà non ha in originale. Ad esempio, in tanti film del passato Arnold Schwarzenegger veniva spesso preso in giro per la sua voce un po’ “esile” in confronto al fisico; cosa che in realtà in Italia non abbiamo mai percepito, grazie al doppiaggio di Glauco Onorato prima e di Alessandro Rossi in seguito. Quindi quanto incide in positivo (o anche in negativo) il doppiaggio sulla performance attoriale?

“Dipende dall’attore e dal doppiatore in questione. In alcuni casi è vero che incide tanto. Ad esempio, in Italia Eddie Murphy è famoso per l’iconica risata, ma è tutto merito del doppiaggio di Tonino Accolla! In originale quella risata non esiste, o perlomeno non è così. A seconda dei casi, molte performance vengono un po’ sminuite dal doppiaggio ma altrettante vengono decisamente valorizzate dal nostro lavoro.”

Raccontaci un aneddoto curioso in sala di doppiaggio!

Una volta mi capitò di doppiare insieme con mia madre al leggio una scena di sesso tra due amanti. Una delle cose più imbarazzanti della mia vita. Un’esperienza tremenda! Può capitare anche questo nel doppiaggio.”

Attualmente chi è per te il miglior doppiatore italiano?

“Ce ne sono tanti che amo. Per ovvie ragioni non faccio il nome di mio zio (Luca Ward, voce italiana di Keanu Reeves e di Russell Crowe), anche se è tra i più grandi. Posso citare Massimo Rossi (Sean Penn, Paul Giamatti…), Stefano Benassi (Colin Firth, Woody Harrelson…), il mio maestro Michele Gammino (Harrison Ford, Kevin Costner, Richard Gere…), ma se devo fare un nome della generazione prima della mia, dico Simone D’Andrea (Colin Farrell, Cillian Murphy…). Se accendo la tv e sento la sua voce, devo assolutamente guardare quel prodotto, anche se non mi interessa. Ma in generale tutti questi nomi per me sono dei miti inarrivabili.”

Al doppiaggio ci si deve avvicinare da bambini oppure ci si può approcciare anche da più grandi? E qual è il tuo consiglio a chi lo scopre per la prima volta?

“Ovviamente se si inizia da bambini si è avvantaggiati. Ma l’età non conta. O meglio, conta relativamente. Il doppiaggio richiede tanto studio, non è un lavoro che può fare chiunque senza questa prerogativa. Detto questo, tanti doppiatori (peraltro molto bravi) sono arrivati a potersi definire professionisti anche a trent’anni. Per cui, il mio consiglio a chi vuole provare ad approcciarsi è quello di studiare teatro, perché il doppiaggio è una diramazione della recitazione.”

Alessandro Campaiola

Puoi anticipare qualcosa sull’eventuale doppiaggio de L’attacco dei giganti?

“Purtroppo no, perché non so ancora nulla. Non voglio dire di essere pessimista, ma di fatto la petizione è un’arma effimera. Quello che posso dire è che il clamore mediatico non è passato inosservato, e chi di dovere ha segnalato quanto successo ai piani alti in America, a chi poi dovrà decidere.”

Sei il doppiatore di Evan Peters nei film degli X-Men, e l’hai doppiato anche in WandaVision. Sapevi che avresti doppiato il “finto Pietro” o hanno tenuto nascosto anche a te lo scherzo allo spettatore?

“Non sapevo assolutamente niente. Ma non lo sapeva neanche il direttore del doppiaggio! La verità è che in casi come questo doppiamo in tutta segretezza, su puntate in pre-final, quindi a lavorazione neanche finita, e che tra l’altro ci arrivano scaglionate, una ad una. Nessuno ci dice cosa succede. Ovviamente doppiandolo avevamo capito tutti che c’era qualcosa di strano: lui che aveva ricordi diversi dal Pietro degli X-Men, quella strana collanina al collo che non aveva mai avuto in precedenza… Però dipende. Tante serie generano molto meno hype e magari il direttore del doppiaggio ha la possibilità di visionare tutte le puntate, sa il dato personaggio che piega prende e ti indirizza il lavoro in una certa direzione.”

Alessandro Campaiola

Nel ringraziare ancora una volta Alessandro Campaiola per la disponibilità, vi invitiamo a continuare a tenere d’occhio Nasce, Cresce, Ignora per altre interviste ad eccellenze italiane “ignorate”!

di Domenico Scala

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