di Alice Casati
A partire dall’8 settembre è disponibile su Apple TV+ la serie televisiva The Changeling, scritta da Kelly Marcel e diretta da Jonathan Van Tulleken e Melina Matsoukas. Adattamento del romanzo best-seller Favola di New York di Victor LaValle, la serie si compone di 8 episodi, di cui l’ultimo rilasciato il 13 ottobre. Nel cast troviamo Lakeith Stanfield, Clark Backo, Adina Porter, Jared Abrahamson e Alexis Louder. Stanfield si occupa anche della produzione esecutiva, nella quale troviamo anche i due registi, la sceneggiatrice e l’autore del romanzo originale.
I mille volti di The Changeling
«Raccontami il viaggio della tua vita e ti dirò chi sei»; la frase più ricorrente di The Changeling ne riflette sotto molti aspetti la trama, che vede protagonista Apollo. Il giovane uomo sogna da sempre una famiglia e dei figli, e il suo sogno sembra realizzarsi quando incontra Emma, con la quale inizia una storia “da favola”. Dopo essersi sposati, i due hanno un figlio, che chiamano Brian, e il sogno di Apollo sembra finalmente realizzarsi. Almeno fino a quando Emma, in preda a quella che sembrerebbe una grave depressione post-partum, scompare misteriosamente e senza lasciare tracce. Distrutto dal dolore, Apollo intraprende un viaggio nei meandri più ignoti e oscuri di New York per ritrovarla, scoprendo nuovi aspetti della sua città come di sé stesso.
The Changeling è moltissime cose. È una favola, un racconto dell’orrore, un’avventura fantasy, un viaggio, uno spaccato sulla famiglia e l’essere genitori. Ma The Changeling è soprattutto una polifonia di voci, di idee, di concetti, di domande e di risposte. È tutto questo e molto altro, riunito in un unico flusso narrativo vivace ed eterogeneo. La sua varietà può essere sia un bene che un male, ma di certo resta un prodotto originale e distinto.
Un intreccio dark fantasy nei meandri di New York
La favola di The Changeling, come detto originale ed intricata, è sicuramente una ventata d’aria fresca nell’ambito delle serie tv. L’intreccio dei numerosi archi narrativi, benché a volte caotico, è gestito tutto sommato adeguatamente e concluso in modo parzialmente coerente, con un finale aperto, che però abbandona alcune sottotrame. Fantasy e modernità deliziano lo spettatore con un interessante incontro all’interno di un contesto tra l’urbano e il fiabesco. Ogni storia, ogni linea temporale, è calata all’interno di una dimensione surreale che conferisce all’ultramoderna Grande Mela un’atmosfera onirica. I personaggi mutano seguendo i cambiamenti del loro ambiente, senza mai risultarne estranei. Nel complesso una storia coinvolgente, varia e mai banale, che a discapito della pluralità a volte eccessiva di archi narrativi e sovrapposizioni, riesce ad intrigare ed emozionare lo spettatore.
L’importanza del tema della famiglia
Nella sua molteplicità, la serie tocca numerose tematiche, alcune appena sfiorate ed altre più legate alla trama principale. Il messaggio fondamentale è indubbiamente quello che riguarda la famiglia e la genitorialità, narrata attraverso diversi punti di vista; quello di Apollo, quello di Emma, quello di Lillian e quelli secondari. Un tema, dunque, complesso e variegato, che pervade ogni episodio e si lascia esplorare in tutta la sua profondità. Esso permette di trattare argomenti intrinsechi come l’identità, l’abbandono e la depressione, affrontati in modo diretto ma anche mediante metafore e parallelismi. La prospettiva su di essi si snoda tra delicatezza e schiettezza, in una tessitura che trasmette efficacemente i messaggi che si propone.
Ad essi si affianca la tematica purtroppo sempre attuale del razzismo, che contorna la serie presentandosi spesso nelle vite dei protagonisti. Ogni generazione della famiglia di Apollo ha dovuto affrontare questa piaga; lo dimostra Lillian con la sua tragica storia, nonché lo stesso protagonista. Il dramma della loro considerazione nella società è forte e a volte crudo, ma funziona nel renderne lo spessore.
Un cast all’altezza del complesso compito
Una storia tanto complessa non poteva che passare tramite ottime interpretazioni da parte del cast. Lakeith Stanfield spicca su tutti con il personaggio di Apollo, le cui emozioni attraversano potentemente lo schermo arrivando direttamente allo spettatore. Del resto, Stanfield non è nuovo a ruoli già orientati sul thriller e sul dramma, come quello di Scappa – Get Out di Jordan Peele, in cui, nonostante l’esiguo screentime, si era distinto all’interno della trama. Non ha tuttavia mancato di dimostrare la propria versatilità anche nel più recente La casa dei fantasmi di Disney. La sua superba interpretazione in The Changeling, infine, permette di entrare pienamente nel personaggio e viverne la storia, le vicende e le emozioni.
Accanto a lui troviamo anche una magnifica Clark Backo, nei panni di un personaggio forte, schietto e determinato, ma anche disturbato, sofferente e solo. L’espressività e la gestualità dell’attrice riescono a rendere il personaggio di Emma assolutamente memorabile. Necessaria è anche la menzione a Adina Porter nel ruolo di Lillian, dal forte dramma psicologico e dall’ampia introspezione. Questi ultimi emergono efficacemente in ogni scena in cui figura, in particolare quando presente e flashback si alternano consentendole di dare il meglio di sé.
Uno spettacolare comparto tecnico
Sul piano tecnico, all’interno di The Changeling osserviamo una disarmante cura al dettaglio, sempre per quanto riguarda l’espressione di temi e personaggi. Le inquadrature sono accuratamente studiate, spesso isolando i personaggi perfettamente al centro di un’immagine, evidenziandone il dramma e l’introspezione. Frequente è anche l’uso del doppio, l’inserimento in un’inquadratura di un riflesso del personaggio, ma sempre con l’attenzione sul singolo, nel rispetto della sua complessità e profondità. È raro trovare inquadrature con due personaggi, quantomeno sullo stesso piano, eguali; ognuno ha il suo spazio, i suoi momenti, la sua storia. Attenzione particolare riceve anche l’utilizzo della luce, che evidenzia l’atmosfera di ogni scena in modo puntuale e preciso. Giocando con le vicende rappresentate, la serie alterna continuamente toni caldi e freddi, mantenendo comunque una costante armonia. La tecnica è perfettamente funzionale ad enfatizzare emozioni e tematiche, alimentando il coinvolgimento dello spettatore.
Un ruolo di forte rilevanza è svolto dalle scenografie; frequenti sono le vedute della città di New York, soprattutto di notte, nonostante l’attenzione spetti sempre al singolo, l’uomo e la sua introspezione restano sempre in primo piano rispetto al mondo. Il contesto urbano per eccellenza della New York di The Changeling si alterna con quello fiabesco di boschi e foreste, anch’esso reso in maniera realistica, sebbene dall’atmosfera onirica, e in armonia con il moderno, mai in contrasto.
Un ritmo non sempre funzionale alla storia
Come detto, la serie si compone di otto episodi, per una media di circa 45-50 minuti a episodio. Se è vero che la serie contiene e spazia moltissimo, costruendo un considerevole numero di archi narrativi, sequenze e storie, non sempre essi si rivelano funzionali alla trama. Diverse sono le sottotrame che avrebbero potuto essere notevolmente ridotte, in funzione di un alleggerimento della visione. Viceversa, nonostante la volontà di lasciare un finale aperto, parte della storia resta oscura, abbandonata ed incompleta, soprattutto per quanto riguarda Emma. Il ritmo della serie, generalmente diluito, risulta appesantito dal numero di parentesi aperte dalla storia. Se ciò non arriva a rendere The Changeling noiosa, grazie alla storia intrigante, rimane comunque piuttosto superfluo, affaticando la visione soprattutto per quanto riguarda la prima metà degli episodi. Più che materiale da 8 episodi, probabilmente avrebbe funzionato con un numero di puntate inferiore, se non addirittura con un unico lungometraggio.
Considerazioni finali
The Changeling è una serie assolutamente originale, ricca e nuova. A livello contenutistico spazia ampiamente tra temi, archi narrativi, personaggi, indagando ognuno con un’incredibile riverenza. Il nucleo della serie è il tema della famiglia, dell’essere genitori, con tutte le difficoltà che comporta. Da qui si espande però all’interno del genere fantasy, fondendo fiabesco e urbano, antico e moderno, tutto in un’inaspettata armonia. Anche il tema del razzismo, calato in questo contesto, non stona ed è trattato adeguatamente. Il cast offre ottime interpretazioni, su tutti un incredibile Lakeith Stanfield, che disarma per il suo forte dramma, insieme a Clark Backo e Adina Porter. Sul piano dell’espressività, il lato tecnico non è da meno; inquadrature centratissime che sottendono un inquietante esistenzialismo e una profonda individualità sono accompagnate da un uso della luce che gioca con caldi e freddi enfatizzando emozioni e tematiche.
Una pecca di The Changeling è il ritmo con cui procede, diluito in otto episodi densi di sequenze, storie, archi, che tuttavia restano in parte abbandonati nel corso della storia. Oltretutto, non risultando sempre funzionali alla trama, finiscono per appesantirne il ritmo stesso. Un numero inferiore di episodi o addirittura la condensazione in un lungometraggio avrebbe probabilmente giovato alla narrazione, alleggerendo la trama e riducendo la fatica dello spettatore nel seguire le vicende.
Pro
- La regia di Van Tulleken e Matsoukas, originale e innovativa;
- I temi affrontati, in particolare quello principale di famiglia e genitorialità ma anche il messaggio sul razzismo;
- Le interpretazioni del cast, su tutti Lakeith Stanfield, ma anche quelle di Clark Backo e Adina Porter;
- Il lato tecnico, in particolare l’estrema cura delle inquadrature e l’utilizzo della luce e dei colori;
- La resa delle scenografie, sia quelle urbane di New York sia quelle più fiabesche e boschive.
Contro
- Una sceneggiatura che in parte abbandona alcuni archi narrativi, anche importanti;
- Un ritmo eccessivamente diluito, dal contenuto eccessivo e spesso superfluo.
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