di Redazione Network NCI
La presenza di Pennywise, il clown danzante, non è mai stata così inquietante. “Welcome to Derry” esplora le origini di IT e il legame che lo unisce alla città di Derry.
Nel 1962, nella cittadina di Derry, nel Maine, alcuni ragazzi si trovano coinvolti in una serie di eventi inquietanti legati a una base militare e alla misteriosa scomparsa di un loro amico. Quattro mesi dopo, l’arrivo del maggiore Leroy Hanlon e della sua famiglia coincide con l’inizio di episodi sempre più preoccupanti. La serie è il prequel dei film It (2017) e It – Capitolo due (2019) ed è tratta dal celebre romanzo It (1986) di Stephen King.
Welcome to Derry: le origini di cui avevamo bisogno
Andy Muschietti torna, dopo sei anni, in uno dei mondi più macabri dell’universo di Stephen King. Dopo “It” (2017) e “It – Capitolo due” (2019), il regista riporta sullo schermo il celebre clown danzante, Pennywise, ma questa volta sul piccolo schermo, con una serie TV di otto episodi in esclusiva su NOW.
Un ritorno clamorosamente promosso, in cui il regista si dà libero sfogo, portando l’universo kinghiano a un livello smisurato, curato e oltre le aspettative. Tra veri colpi di scena e collegamenti importanti, la serie approfondisce non solo le origini di IT, ma anche quelle del nome “Pennywise il clown danzante”, legandolo a una figura umana reale e agli eventi che hanno forgiato il suo oscuro e indissolubile legame con la città di Derry. Un elemento narrativo fondamentale, che aggiunge spessore alla mitologia del personaggio e assume un peso determinante nello sviluppo della trama. La serie riesce così a creare un’atmosfera degna di un vero horror/thriller, pur con qualche piccolo difetto. Ma andiamo con ordine.

Un prodotto televisivo dal sapore cinematografico
L’atmosfera della serie viene definita fin da subito dalla sigla, composta da Benjamin Wallfisch, derivata da “A Smile and a Ribbon” delle Patience and Prudence. Una sigla meravigliosa che racconta, in modo simbolico, ciò che vedremo nella serie: un susseguirsi di immagini gioiose che, man mano, si trasformano in atrocità, accompagnate da una melodia che diventa sempre più cupa e disturbante.
Otto episodi per narrare le prime vicende, le prime vittime e la nascita di una divinità maligna che ha portato Derry a essere ciò che conosciamo oggi. In questo caso, però, la storia è molto più dettagliata: ci fa entrare nelle viscere della creatura, del popolo che l’ha affrontata e delle sue vere origini. Ci mostra come il male non sia solo “esterno”, ma anche profondamente “interno”.
Un episodio più riuscito dell’altro. Una partenza col botto che lascia subito intendere l’altissima qualità della serie, mantenuta fino alla settima puntata: un vero e proprio capolavoro. Sessantacinque minuti di puro cinema, che raccontano uno degli eventi più tragici del romanzo. Un orrore non solo fantastico, ma spaventosamente umano, con un chiaro riferimento all’America degli anni ’60, intenta a distogliere l’attenzione dai propri problemi attraverso la paura e il controllo.
Bill Skarsgård da Emmy, ma CGI ed effetti speciali non convincono
Pur con un’ottima tecnica e una narrazione quasi impeccabile, emerge un problema evidente: la CGI, vero punto debole della serie. Se nei primi due episodi assistiamo a versioni di IT visivamente convincenti, negli episodi successivi la qualità cala in modo evidente. In particolare nelle puntate tre e quattro, la CGI e gli effetti speciali risultano poco convincenti, richiamando un immaginario più “family”, simile a quello di “Ghostbusters” o “Piccoli Brividi”, poco adatto al tono cupo della serie. In alcuni momenti sembrano addirittura una caricatura di ciò che dovrebbero rappresentare.
Questo, però, non oscura minimamente la straordinaria prova di Bill Skarsgård, che si prende di diritto un posto tra i possibili vincitori dei prossimi Primetime Emmy Awards. Una performance impressionante, versatile e disturbante: probabilmente la miglior incarnazione di Pennywise mai vista. Per lui non esistono differenze: sei un lupo o una pecora, un leone o una gazzella, una volpe o un pollo… poco importa. Alla fine, sarai comunque il suo cibo preferito.
Un altro aspetto più riuscito della serie è la gestione dei collegamenti interni ed esterni al mondo di Stephen King. Da “Shining” fino ai “Perdenti” del primo film (It, 2017), i richiami sono numerosi e mai forzati. Un intreccio di riferimenti che arricchisce la narrazione e rende l’universo di King ancora più coeso e credibile.
Pro e Contro
PRO
Narrazione: solida, stratificata e coerente con il materiale originale
Atmosfera: horror e tensione costanti, mai banali
Colonna sonora: suggestiva e perfettamente integrata
Cast: non solo Bill Skarsgård, ma anche i giovani protagonisti e Halloran spiccano per efficacia
Riferimenti all’universo di King: numerosi, intelligenti e mai gratuiti
CONTRO
CGI ed effetti speciali: altalenanti, con momenti visivamente deludenti
“Welcome to Derry” è una serie consigliata non solo agli amanti del genere horror, ma anche a chi cerca una storia ben costruita e carica di significato. E non finisce qui: Muschietti ha già confermato altre due stagioni, la seconda ambientata nel 1935 e la terza nel 1908. Considerando quanto visto in questa prima stagione, il viaggio è appena iniziato — e promette grandi cose.
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Voto 8
Articolo di Damiano Longo
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