di Redazione NCI
Video Game History è un progetto nato per preservare la memoria dei videogiochi a rischio estinzione, garantendone la memoria per le future generazioni. Tuttavia, questa iniziativa ha recentemente subito una battuta d’arresto per decisione del Copyright Office statunitense.
Come mai l’iniziativa è stata bloccata?
L’azienda contro l’estinzione dei videogiochi aveva richiesto l’accesso ad alcuni giochi non più in commercio che rischiano di scomparire.
A renderlo noto è la stessa organizzazione no-profit, il cui obiettivo è conservare la memoria dei videogiochi storici. In una dichiarazione ufficiale nel proprio sito, il team spiega:
“Non abbiamo ottenuto l’esenzione DMCA per tutelare i videogiochi che rischiano di scomparire. Negli ultimi tre anni, la Fondazione ha supportato attivamente le iniziative del Software Preservation Network per consentire a biblioteche e archivi di condividere da remoto l’accesso digitale ai videogiochi ormai fuori dal commercio. Le attuali norme del DMCA non rendono possibile tutto ciò”.
Secondo una ricerca, l’87% dei titoli commercializzati negli Stati Uniti non sono più reperibili in commercio. Un patrimonio culturale che rischia di cadere nell’oblio per via degli interessi delle aziende.
“Nell’ultima udienza con il Copyright Office, l’ESA ha dichiarato che non avrebbe mai supportato l’accesso remoto ai videogiochi per scopi di ricerca. La posizione assolutista dell’industria dei videogiochi e degli stessi membri dell’ESA costringe i ricercatori a esplorare metodi extra-legali per accedere alla stragrande maggioranza dei videogiochi fuori catalogo che altrimenti verrebbero persi per sempre”.
Nonostante tutto, i rappresentanti di Video Game History non si danno per vinti e intendono continuare a battersi per rendere i videogiochi storici accessibili.
“Incoraggiamo perciò tutti coloro che sono delusi dalla decisione del Copyright Office a fare pressione affinché le biblioteche e gli archivi digitali possano accogliere e preservare la memoria storica dei videogiochi del passato che non sono più in commercio”.
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Articolo di Giuseppe Crapanzano
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