Tra i ricordi sbiaditi di colpe mai espiate, Verso in Clair Obscur: Expedition 33 incarna la fragile bellezza del dolore umano. Un personaggio che non solo affascina, ma che rimane impresso nella memoria, segnando ogni giocatore che intraprende il suo tormentato cammino.
Nel raffinato e poetico universo di Clair Obscur: Expedition 33, la scrittura dai personaggi si erge a vera protagonista. Al centro di questa narrazione troviamo Verso, un personaggio la cui sofferenza non è mai gratuita, ma profondamente intrecciata al cuore stesso dell’esperienza di gioco. La sua non è una semplice caratterizzazione drammatica: è un’esplorazione esistenziale, un viaggio nel senso di colpa, nella memoria e nella perdita.
Verso rappresenta il prototipo del sopravvissuto, ma senza la retorica del riscatto. Ogni sua scelta, ogni frase pronunciata o taciuta, trasuda il peso di un passato che continua a gocciolare nel presente. L’ambiente della Belle Époque decadente del gioco accentua la sua dimensione quasi spettrale: Verso emerge con forza dalla trama, non come un’ombra, ma come un personaggio che vive attraverso il suo tormento e la sua lotta interiore.
L’impatto di Verso non è solo narrativo, ma anche emotivo. Il suo tormento non viene mai imposto al giocatore: emerge naturalmente da conversazioni ambigue, decisioni difficili e silenzi assordanti. La scrittura non si limita a dirci che soffre: ce lo fa sentire, ce lo fa vivere. Questo porta il giocatore a un’empatia non banale, ma profonda e scomoda.
Nel corso dell’avventura, Verso rivela lati sempre più contraddittori: è compassionevole e spietato, fragile e risoluto. Ogni azione compiuta sembra consumarlo, come se ogni passo avanti fosse una rinuncia a se stesso. Non cerca redenzione: cerca comprensione o forse solo una tregua. Questo lo rende diverso da qualsiasi altro personaggio videoludico recente. È più simile a un personaggio letterario che a un “eroe digitale”.
In una realtà che spesso sacrifica la narrazione alla spettacolarità, Clair Obscur: Expedition 33 ci regala con Verso un esempio raro di scrittura sofisticata, umana e dolorosa. È la dimostrazione che il videogioco, quando vuole, può parlare di lutto, solitudine, identità con la stessa intensità di un romanzo o di un film d’autore.
Verso non è solo il personaggio meglio scritto del gioco. È un messaggero silenzioso, una figura tragica e delicata che abita lo schermo (o la tela) ma che resta con noi molto più a lungo. La sua presenza è una domanda aperta: cosa resta di noi, quando anche la speranza si sgretola?
A prescindere dal finale scelto (senza scendere in spoiler), Verso si dimostra il personaggio più tragico, profondo e maturo dell’intero videogioco, nonostante l’agguerritissima concorrenza. L’unico che fin dall’inizio ha capito cosa deve essere fatto. Non solo il miglior personaggio di un’opera straordinaria: probabilmente siamo di fronte a uno dei migliori protagonisti della storia dell’intrattenimento, non solo videoludico.
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Articolo di Pieralessandro Stagni
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