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Venezuela: tra brogli elettorali e proteste, cosa sta succedendo nel Paese sudamericano

Giornate di fuoco in Venezuela, dopo la controversa vittoria dell’attuale presidente Nicolás Maduro alle elezioni presidenziali svoltesi domenica scorsa; con il 51,2% dei voti, infatti, il Consiglio elettorale del Venezuela, organo presieduto da persone vicine al governo, avrebbe dichiarato la vittoria del leader del Partito Socialista Unito contro l’opposizione, ideologicamente eterogenea ma compatta sotto la figura di Edmundo González (Piattaforma Unitaria Democratica), il quale avrebbe preso il 44,2% dei voti. Le controversie in merito al regolare svolgimento delle elezioni, e, soprattutto, alla ripartizione dei voti, hanno determinato lo scoppio di proteste nei principali Stati venezuelani, nonché il maggiore isolamento internazionale di Maduro.

 

La discrepanza tra gli exit poll e i risultati: un broglio elettorale?

La proclamazione della vittoria sarebbe avvenuta a scrutinio incompleto, con l’80% dei voti scrutinati, nonché con una netta differenza rispetto ai sondaggi indipendenti delle giornate precedenti alle elezioni, che segnalavano un vantaggio netto dell’opposizione rispetto a Maduro. Un esempio di questa discrepanza proviene dall’exit poll condotto da “Edison Research“, che, nella giornata di domenica 28 luglio, ha chiesto a quasi 7mila votanti, provenienti da oltre 100 seggi diversi, quale candidato hanno votato; i dati delineano un quadro estremamente chiaro: il 65% ha scelto González, contro il 31% di Maduro. Ma non solo, un vantaggio analogo si riscontrerebbe in ogni fascia di età, soprattutto tra i più giovani (18-29 anni), che avrebbero votato per il 74% per l’opposizione, e in ambienti tanto rurali quanto urbani.

La distruzione delle statue di Chávez e la piattaforma dell’opposizione

I risultati proclamati dal Consiglio elettorale del Venezuela, pertanto, hanno fin da subito destato l’allarme di brogli, in linea con la condotta governativa di Maduro che, al potere dal 2013, ha reso il Paese sempre più chiuso in sé stesso, sedando col sangue le rivolte e le opposizioni, e trascinando l’economia venezuelana nel baratro. La volontà di cambiamento, soprattutto giovanile, si è fatta sentire immediatamente dopo la proclamazione dei risultati, con la distruzione di 5 statue di Hugo Chávez, l’ex presidente socialista del Venezuela che avrebbe individuato in Maduro il suo erede politico.

Un’ulteriore conferma del golpe condotto da Maduro proviene dai dati pubblicati dalle opposizioni, le quali hanno appositamente aperto un sito web nel quale tutti i cittadini venezuelani possono accedere e validare il proprio voto, nonché vedere le prove degli avvenuti brogli. Nel portale, infatti, appaiono inserite le prove digitalizzate del voto dell’81,21% degli elettori, su un’affluenza del 60,19%, e i risultati capovolgono totalmente i presunti risultati “ufficiali”; Edmundo González vince col 67% con 7.119.768 voti, mentre Maduro ottiene il 30% con 3.225.819 voti, e gli altri candidati 250.135.

Elezioni Venezuela: le proteste, gli arresti, e le parole di Maduro

Le proteste sono dilagate in tutto il Paese, concentrandosi soprattutto nella capitale, Caracas. Secondo l’ong Observatorio de Conflictos, fino ad ora ci sarebbero state 187 proteste, molte delle quali pacifiche, in 20 Stati che compongono il Venezuela, e che hanno visto l’impiego della forza da parte della Polizia, schierata con tenute antisommossa, lacrimogeni e proiettili di gomma. Il procuratore Alex Saab, vicino a Maduro, ha annunciato che finora ci sarebbero stati 749 arresti; tuttavia, secondo diverse ong in difesa dei diritti umani, ci sarebbero state anche diverse vittime, in un numero ancora non quantificabile.

Questa strategia di repressione fa seguito alle parole di Maduro, il quale ha parlato senza mezzi termini di “un colpo di stato fascista made in USA” aggiungendo:

“I fascisti vogliono iniziare un’escalation di terrorismo. Conosciamo questo modus operandi e sappiamo come affrontare questa situazione. Li abbiamo filmati (i protestanti, ndr) e li identificheremo tutti, e dovranno pagare […] sono gruppi di delinquenti armati e drogati, pagati 150 dollari al giorno, come loro stessi stanno già confessando”.

Questa politica di forza colpisce non solo i cittadini, ai quali l’opposizione ha chiesto di protestare in maniera pacifica, ma anche diverse figure politiche. Freddy Superlano, leader del partito di centro-sinistra “Volontà popolare“, nonché stretto alleato della leader dell’opposizione María Corina Machado e di Edmundo González Urrutia, è stato arrestato.

La solidarietà della comunità internazionale democratica all’opposizione

La comunità internazionale democratica si è stretta a supporto dell’opposizione, non riconoscendo il risultato elettorale “ufficiale”; l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’UE, Josep Borrell, ha chiesto di garantire “il conteggio dettagliato dei voti e l’accesso ai registri delle votazioni presso i seggi elettorali”. Il ministro degli esteri, Antonio Tajani, ha scritto su X:

“Lunga telefonata con Maria Corina Machado, leader dell’opposizione al regime di Maduro in Venezuela. Ho espresso la mia solidarietà e vicinanza al popolo venezuelano auspicando che possano trionfare i valori legati alla libertà e alla democrazia”.

La maggioranza dei Paesi latinoamericani ha richiesto un controllo trasparente e manuale dei voti, tra cui Argentina, Brasile, Cile, Colombia e Perù. Al contrario, Cuba, Nicaragua, Honduras e Bolivia, hanno fin da subito riconosciuto la vittoria di Maduro; a questo coro si sono unite anche altre realtà autocratiche, tra cui Russia, Cina, Iran e Siria.

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Lorenzo Peratoner

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