di Domenico Scala
Vedova inconsolabile vorrebbe usare il seme congelato del marito morto per avere il figlio che tanto desideravano. No, non è la sinossi di un episodio di Black Mirror. Il seme è conservato da tempo al John Radcliffe Hospital di Oxford ma la burocrazia si è messa di traverso. La direzione lamenta la mancanza dei documenti che confermino espressamente che il seme del marito fosse destinato alla moglie.
Jade Payne – La vedova inconsolabile
Jade Payne è una 35enne vedova inglese. Come riporta il Times, il marito Daniel è morto due anni fa e, a detta di sua moglie, voleva che quest’ultima avesse un figlio da lui tramite fecondazione in vitro. La coppia è stata insieme per dieci anni e l’uomo aveva donato il seme nel 2010, prima di sottoporsi ad una terapia per il cancro ai testicoli. Oggi però la clinica non vuole saperne. Anzi, ha fatto sapere a Jade che prima che ciò accada dovrà portare la causa fino alla Corte suprema.
Il problema è la mancanza del suo nome su uno dei documenti relativi alla donazione iniziale del seme, nonostante la firma di Jade appaia poi in altri documenti più recenti. “È qualcosa che volevamo entrambi – ha dichiarato Jade – lo stavamo pianificando insieme, ma poi è morto prima che ne avessimo l’opportunità”. Stando alla ricostruzione della donna, la coppia stava per avviare la procedura per l’inseminazione artificiale. Hanno dovuto purtroppo interromperla quando hanno scoperto che c’era un altro tumore che minacciava Daniel, stavolta al cervello. L’unica strada che resta adesso alla vedova è quella di raccogliere lettere da amici, familiari e addirittura da chi si prendeva cura di suo marito, in modo da provare le sue volontà.
A quanto pare, l’uomo era sicuro di aver incluso il nome di sua moglie nei documenti in questione, ma dopo la sua morte è emerso che non era così. La coppia aveva firmato le pratiche per avviare l’inseminazione nel 2019 e non aveva riscontrato problemi circa la firma mancante di Jade. Queste le parole della vedova: “Avevamo scelto i nomi per il bambino, parlato di come volevamo la cameretta, quale passeggino comprare, sapevamo perfettamente cosa volevamo”.
Ma nonostante questo si è sentita dire che non c’erano prove evidenti che sancissero che quel seme fosse effettivamente destinato a lei. “Capisco i problemi legali dovuti al fatto di non avere il mio nome sul documento originale… ma anche così, da allora abbiamo firmato entrambi tutti i documenti e uno pensa che dovrebbe prevalere il buon senso”.
Ancora una volta le catene della burocrazia si mettono di traverso di fronte al buon cuore al buon senso. Si spera che però la volontà del defunto e della sua amata possa entro tempi accettabili divenire realtà.
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di Domenico Scala
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