Dopo più di un mese dall’inizio del conflitto in Ucraina, sembrerebbe che qualcosa di “positivamente” concreto stia per accadere. I portavoce di Mosca avrebbero proclamato un annuncio “rassicurante”. Questo non farebbe sperare in una tanto attesa ritirata, ma potrebbe essere idealmente identificato come il compimento di almeno due passi indietro. Il Ministero della Difesa russo avrebbe avviato la “fase 2” dello scontro, in successione della fine di una presunta “fase 1”.
“Puntiamo alla liberazione dell’Est del Paese. Alla totale liberazione del Donbass. Il nostro obiettivo prioritario“, sono queste le parole riportate da La Repubblica, in rifacimento alle dichiarazioni del Cremlino. Niente “denazificazione” o straripamento eccessivo quindi; sembrerebbe piuttosto che gli invasori vogliano limitarsi alla conquista dei “margini” e alla sola acquisizione dei territori dall’inizio reclamati.
Così nell’intero contesto, gli scontri che si stanno susseguendo lungo gran parte del Paese assumerebbero un motivo di “distrazione” e “decentramento dell’attenzione” per snellire la difesa ucraina nelle città precitate e occuparla su altri fronti. “Attaccare Kiev e le altre città per creare un diversivo“, sembrerebbe essere questo il programma di Putin.
Nonostante tutto, la situazione può essere letta in svariati modi, molti dei quali risultano essere concordanti nel definire l’operazione russa un fallimento, una mancata vittoria, o almeno, un trionfo a percentuale parziale. Limitarsi a un così povero guadagno significa, in sostanza, una ridimensione degli obbiettivi iniziali dell’attacco. Un contentino, per dirlo in altra maniera.
Un piccolo “premio di consolazione” per permettere alla stampa russa di parlare di “successo” e non di disfatta. Una ridotta soddisfazione, quella a cui andrebbero incontro le truppe russe se riuscissero davvero a prendere potere dei territori agognati, condotta da una resistenza infiaccabile e da una controffensiva economica dall’incredibile portata.
Vladimir Putin @Shutter Stock
Secondo varie fonti diplomatiche, il Cremlino avrebbe già fissato una linea del traguardo per dichiarare la “vittoria”: il 9 maggio. In questo giorno si colloca, tra l’altro, l’anniversario della fine della Seconda guerra mondiale e della vittoria dei sovietici e degli Alleati sulla Germania di Hitler. Si tratta quindi, di una data dal grande valore simbolico.
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di Gabriele Nostro
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