Intelligenza artificiale (@Shutterstock)
La medicina sta definitivamente entrando in una nuova frontiera, e a testimoniarlo c’è l’ultima trovata della scienza per quanto riguarda la cura del cancro. Di recente è infatti stato realizzato il primo algoritmo che, grazie all’intelligenza artificiale, riesce a individuare i tumori maligni, in particolar modo quelli che colpiscono il cervello.
L’algoritmo Sphinks (Substrate Phosphosite based Inference for Network of KinaseS) è anche capace di trovare, per ogni tipo di tumore, le terapie più efficaci per contrastarlo; si tratta quindi di un passo importante verso il futuro per la medicina di precisione…
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Cancer dal gruppo di Antonio Iavarone e Anna Lasorella, del Sylvester Comprehensive Cancer Center della Miller School of Medicine dell’Università di Miami; è stato proprio il primo a dare una spiegazione di come funziona l’algoritmo:
“Siamo in grado di combinare i dati ottenuti da piattaforme di analisi di proteine tumorali e delle loro modificazioni per individuare gli enzimi, chiamati chinasi, che producono segni distintivi nelle cellule maligne. Per molti di questi enzimi esistono inibitori specifici, che rappresentano quindi potenziali bersagli terapeutici“. [TGCOM24]
Lo Sphinks è il secondo algoritmo nato grazie alle ricerche del prof. Iavarone; il primo aveva imparato a riconoscere una forma di tumore, il glioblastoma mitocondriale. Per questo tipo di malattia sono state individuate le terapie per evitarne la crescita, ma avendo caratteristiche differenti rispetto alle altre forme, l’algoritmo non era in grado di identificare tutte le variabili della problematica. Sphinks è nato perciò con l’obbiettivo di identificare anche i tumori appartenenti alle famiglie più sfuggenti. Si è espresso a riguardo, ancora una volta il professore:
“Sphinks identifica le proteine chinasi fondamentali, diverse per ognuno dei tre gruppi e grazie a questo strumento l’analisi diventa possibile per ogni singolo paziente se abbiamo a disposizione i dati relativi all’analisi di tutte le proteine del tumore. Non sono, infatti, i geni che fanno funzionare i tumori, ma le loro proteine”. [TGCOM24]
Scienziati (@Shutterstock)
Si tratta di una novità che nasce da laboratori per certi aspetti diversi da quelli tradizionali; il modello di laboratorio impiegato, il Dry Lab, è per il 50% computazionale e ha la possibilità di collegarsi alle grandi reti. Risulta differente dal Wet Lab (il laboratorio tradizionale), che invece analizza e testa farmaci, prodotti chimici e altri tipi di materia biologica utilizzando vari liquidi.
Il gruppo di ricerca aveva scelto di utilizzare questo tipo di ambiente dieci anni fa, e ora può affermare di aver raggiunto il traguardo che si era prestabilito. Inoltre, le proteine dei tumori non venivano utilizzate nella pratica chimica; oggi invece è possibile riferire al paziente la sua terapia singolarmente analizzando le proteine, oppure riconoscendo la famiglia alla quale appartiene il tumore. Alcuni infatti presentano delle somiglianze a quelli al cervello, al seno e al polmone.
Tenendo conto di queste somiglianze, Iavarone ha affermato che:
“Stiamo esplorando il concetto di ‘basket trial‘. Se i pazienti con glioblastoma o carcinoma mammario o polmonare hanno caratteristiche molecolari simili, essi possono essere inclusi nello stesso protocollo clinico con la possibilità di portare rapidamente ai pazienti i farmaci più efficaci possibili per i loro tumori”.
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