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Top 6 NCS: i possibili villain in The Batman 2

di Redazione Network NCI

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L’universo DC nelle ultime settimane ha fatto parlare di sé. Superman è uscito nelle sale, e la sceneggiatura di The Batman 2 di Matt Reeves è stata finalmente consegnata. Il primo film è ormai uscito tre anni fa, nel 2022, e uno dei suoi punti di forza è stato l’antagonista. Reeves ha riadattato la figura dell’Enigmista in un modo sublime, rendendolo noir, cupo e minaccioso. Adesso che finalmente abbiamo la sceneggiatura ufficiale, qui in redazione abbiamo deciso di chiederci: chi potrebbe essere il prossimo antagonista? E come potrebbe essere adattato? In questa top, cercheremo infatti di mediare tra le notizie degli ultimi mesi, presunte che siano, e affermazioni nelle interviste del regista. Aggiungeremo anche un possibile interprete per ognuno di questi villain, giusto per aiutare ad avere un’idea visiva del personaggio, ed un sottotitolo del film per ognuno degli antagonisti.

Top 6 possibili villain in The Batman 2

Numero 6: Il Cappellaio Matto (Jervis Tetch) – L’incubo travestito da favola

DC Cappellaio Matto“In un mondo dove la realtà è instabile, basta una voce suadente… e sei già dall’altra parte dello specchio.”

Nel pantheon dei nemici di Batman, pochi risultano così disturbanti senza mai alzare un dito quanto Jervis Tetch, alias Il Cappellaio Matto. Nato come omaggio, o forse profanazione, dell’omonimo personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, Tetch è il perfetto emblema del villain che agisce sotto pelle, invisibile e insinuante, con metodi che non lasciano segni visibili, ma scavano nella mente fino a spezzarla.

Nel mondo crudo e noir costruito da Matt Reeves, Jervis Tetch non avrebbe bisogno di tecnologie esagerate o cappelli magici. La sua arma principale potrebbe essere la parola, la persuasione, la farmacologia. Uno psicologo infantile, o un ipnoterapeuta di Arkham, specializzato nella manipolazione dei traumi. Magari qualcuno chiamato come consulente dopo la crisi provocata dall’Enigmista nel primo film, e che invece nasconde un’ossessione patologica per la purezza, l’innocenza e il “paese delle meraviglie” che solo lui vede.

Tetch non è un criminale comune: è un cultore dell’illusione, un uomo piccolo, fragile, devoto all’idea che la realtà sia troppo brutta per essere vera. La sua mente è fuggita in un mondo di rime nonsense, tè immaginari e bambole vive, e cerca di trascinarci dentro chiunque incontri. Le sue vittime non vengono semplicemente uccise: vengono “riprogrammate”, perdono identità, diventano personaggi delle sue favole. Ragazzine che chiama “Alice”, uomini in abito da leprotto, agenti costretti a ballare a comando, come marionette.

Narrativamente, Tetch sarebbe un villain perfetto per una sottotrama horror-psicologica. Potrebbe rapire giovani donne con tratti in comune con Selina Kyle, alla ricerca della sua “Alice perfetta”. Oppure essere coinvolto in una serie di omicidi in cui le vittime si comportano in modo assurdo prima di morire, ridono, parlano per enigmi, citano Lewis Carroll, e poi si uccidono. La polizia brancola nel buio. Batman segue una traccia tra simboli infantili, filastrocche e sedute ipnotiche.

Sarebbe anche un contrappunto ideale per Batman stesso: entrambi uomini spezzati dalla psiche, ma che hanno scelto strade opposte. Bruce ha affrontato il trauma combattendolo con disciplina e maschere funzionali; Tetch lo ha sublimato nella follia pura, rifugiandosi in un sogno che impone agli altri.

In un film costruito come un thriller investigativo dai toni gotici, il Cappellaio Matto non ha bisogno di conquistare Gotham: gli basta piegare un paio di menti alla volta. Non è uno che urla. È uno che sussurra. E quando ti rendi conto che sei sotto il suo incantesimo è già troppo tardi.

Dal punto di vista interpretativo, David Tennant sarebbe perfetto. Tennant ha dimostrato in Jessica Jones quanto possa essere inquietante senza trucco o eccessi. Con il suo accento e la sua mimica, può dare vita a un Jervis ipnotico, controllante, elegantemente folle. Per il titolo, proponiamo The Batman 2: Through the Looking Glass. Sarebbe un riferimento diretto a Alice nel Paese delle Meraviglie, ma usato in chiave perversa: è Batman a passare “attraverso lo specchio”, in un mondo di illusioni mentali, identità distorte e verità ribaltate. Una storia di controllo e percezione.

Numero 5: Maschera Nera (Roman Sionis) – Il volto del crimine inciso nella carne

DC Maschera Nera

“Falcone è morto. Maroni è cenere. Ma il potere non sparisce. Si reincarna in qualcosa di molto, molto peggiore.”

Nel vuoto di potere lasciato alla fine di The Batman, Gotham si prepara a una nuova guerra per la corona del crimine organizzato. I topi escono dalle fogne, i boss caduti lasciano imperi da spartire. E proprio in The Batman 2 nasce il momento perfetto per Roman Sionis, meglio conosciuto come Maschera Nera, il più elegante e sadico dei gangster gothamiti.

A differenza dei villain più teatrali, Sionis non ha bisogno di grandi piani. Lui è l’orrore dell’ordine criminale, della brutalità fredda e sistematica. Uomo d’affari caduto in disgrazia, figlio di un magnate senza scrupoli, Roman è cresciuto tra privilegi e odio, fino a sviluppare una convinzione profonda: che le maschere, sociali e letterali, siano l’unico modo per controllare il caos.

Nel mondo cupo e realistico di Reeves, Maschera Nera non sarebbe una figura kitsch o caricaturale, come in alcune versioni precedenti. Niente eccentricità da gangster anni ‘30. Qui, Roman sarebbe un re del narcotraffico, un signore della tortura con stile impeccabile e una ferocia da cartello colombiano. Uno che gestisce club di lusso con salotti nascosti dove si spaccano ossa e si filma la violenza per il mercato nero. Un Falcone 2.0, senza classe e senza codice.

La sua maschera, quel volto nero scolpito nell’ossessione, non è solo un simbolo. È la sua identità scolpita nella carne, una metafora dell’uomo che non riesce più a distinguere chi è dalla maschera che indossa. Nella sua versione più disturbante, potrebbe essere un uomo che si è effettivamente fuso la maschera al volto, per dimostrare che l’umanità è debole, e che solo la maschera dà potere. In una Gotham post-Falcone, è l’uomo che non vuole solo governare: vuole dominare per terrore, con la precisione del sadico e il gusto del collezionista.

Narrativamente, Roman Sionis sarebbe perfetto come antagonista “strutturale”: l’uomo che prende il controllo della città, mentre altri villain (più simbolici o psicologici) tormentano Batman sul piano personale. Magari coinvolto nel traffico di armi, droga, o esseri umani. Potrebbe essere anche il finanziatore segreto della Corte dei Gufi, o l’uomo che in superficie gestisce tutto mentre le vere ombre tramano sotto.

Il suo contrasto con Batman è diretto e brutale: Bruce protegge i deboli, Sionis li annienta. Bruce si maschera per ispirare, Roman per cancellare se stesso. Entrambi usano simboli, ma Roman ha solo odio, mentre Bruce ha ancora una missione.

Infine, Maschera Nera porterebbe anche un elemento visivo potentissimo: un villain elegante, composto, ma capace di scatti di violenza improvvisi, capaci di scioccare anche chi crede di aver visto tutto. Uno che può parlare in toni pacati mentre spezza dita o incide volti. Un sociopatico raffinato. Un re senza corona ma con il coltello sempre affilato.

Come interprete, la nostra scelta ricade su Jon Bernthal. Sarebbe una versione più brutale, “stradale” del personaggio. Bernthal potrebbe renderlo un boss del crimine che guida con pugno di ferro e intimidazione pura, perfettamente a suo agio nel mondo malato di Gotham. La nostra proposta per il titolo è The Batman 2: Faceless. “Faceless” richiama la maschera che nega l’identità individuale. Gotham è governata da uomini senza volto morale. Sionis, ma anche Bruce, si nascondono dietro volti fittizi. Il tema: la perdita di identità nell’anonimato del potere.

Numero 4: Spaventapasseri (Jonathan Crane) – L’uomo che coltiva la paura

DC Spaventapasseri“Non serve un mostro per terrorizzare Gotham. Basta uno che sappia dove nasconde i suoi traumi.”

In una Gotham City dove il terrore è già nell’aria, dove piove sangue morale e le istituzioni sono già collassate dall’interno, non serve un supercriminale per far tremare le strade: basta un uomo con una mente acuminata come un bisturi, e una teoria disturbata sulla paura come forza evolutiva.

Jonathan Crane, meglio noto come lo Spaventapasseri, è quel tipo di villain che non arriva per conquistare, ma per provare qualcosa. Uno scienziato, uno psichiatra, un ex accademico caduto in disgrazia, o forse promosso nella propria follia. La sua visione del mondo non è quella del delinquente o del maniaco: è quella del ricercatore deviato, convinto che la paura sia la chiave dell’identità umana. Vuole vedere cosa succede quando una persona affronta il suo peggior incubo. E prende appunti.

Nel contesto narrativo e visivo di The Batman, il personaggio potrebbe essere reimmaginato in modo crudo e agghiacciante. Niente gas della paura a base chimica: Crane potrebbe usare una droga sperimentale, una neurotossina iniettabile, o metodi di terapia non autorizzata per rilasciare ricordi repressi, amplificare ansie, distorcere percezioni. Magari è stato consultato da Arkham per aiutare con i traumi post-Enigmista, e ha deciso che l’unico modo per “curare” è spingere i pazienti oltre il collasso.

Il suo modus operandi sarebbe lento, calcolato, e profondamente psicologico. Una Gotham dove si diffonde una nuova ondata di suicidi inspiegabili, crisi dissociative, allucinazioni notturne. Le vittime parlano di spaventapasseri, campi secchi, occhi cuciti. La polizia è inerme, la gente ha paura, e Batman stesso comincia a sentire il dubbio insinuarsi nella propria mente.

A livello visivo, Spaventapasseri potrebbe essere presentato non come un villain in costume, ma come una figura spettrale che appare nella mente dei suoi bersagli, un’immagine costruita nella psiche collettiva dalle sue “cure”. Un uomo mascherato solo in parte. Il vero spaventapasseri è l’effetto che ha: il terrore che lascia addosso. Potrebbe anche agire nell’ombra, come villain secondario dietro una trama più grande (ad esempio un medico colluso con Maschera Nera, o un esperto in manipolazione per conto della Corte dei Gufi).

E poi c’è il parallelo più interessante: Crane e Bruce Wayne sono entrambi vittime del trauma. Ma se Bruce ha incanalato il dolore in un simbolo, Crane l’ha fatto diventare un’arma. Entrambi conoscono la paura: solo che uno la subisce e l’altro la infligge.

Con uno stile registico cupo, strisciante, da incubo psicologico, quasi alla Hereditary o The Babadook, Spaventapasseri potrebbe offrire la rappresentazione più inquietante della paura mai vista in un film di Batman. Non più uno spauracchio ridicolo, ma una discesa nella parte più nera della mente umana.

Come attore, l’unico nome che ci viene in mente è Rami Malek, perfetto per una versione disturbata e disturbante. Malek ha un’energia nervosa e alienante che calza a pennello con uno psichiatra che vive a cavallo tra il metodo scientifico e la paranoia tossica. Il titolo proposto è The Batman 2: Fear State, già un nome usato nei fumetti DC, ma perfettamente calzante: Gotham diventa una “stato mentale collettivo” dominato dalla paura. Il titolo suggerisce sia una condizione individuale che un’epidemia cittadina.

Numero 3: Hush (Thomas Elliot) – Il riflesso spezzato di Bruce Wayne

DC Hush“Tutti volevano essere Bruce Wayne. Thomas Elliot voleva distruggerlo da dentro.”

Nel mondo costruito da The Batman, Gotham è una città marcia, dove ogni relazione è una ferita, ogni nome una maschera, ogni eroe un’illusione. Ed è proprio da questa visione che emerge Hush, non come un semplice antagonista fisico o mentale, ma come una vendetta personale camuffata da chirurgia dell’identità.

Thomas Elliot è l’antitesi di Bruce Wayne, nei fumetti. Cresciuto con gli stessi privilegi, lo stesso status, la stessa intelligenza, ma privo di un elemento fondamentale: l’etica. Dove Bruce ha visto nella morte dei genitori l’occasione per redimere il mondo, Thomas ha sempre visto nei suoi una prigione dorata. La sua storia è ancora più tragica: non ha perso i genitori ha tentato di ucciderli.

Ma ciò che rende Hush spaventosamente efficace è che non combatte Batman con la forza o con il terrore. Lo attacca con la conoscenza. Conosce Bruce, conosce i suoi legami, i suoi punti deboli, le sue abitudini. E sa che la vera battaglia si vince distruggendo l’uomo sotto la maschera, non la maschera stessa.

In una possibile trama per The Batman 2, Hush potrebbe essere introdotto come un brillante chirurgo plastico, noto per la sua abilità quasi inumana nel ricostruire i volti, ma la cui ossessione per Bruce Wayne affonda in un passato torbido. Magari, nella scia delle rivelazioni sul passato dei Wayne (già accennate nel primo film), emerge che i genitori di Elliot sono stati coinvolti o danneggiati dagli intrighi della famiglia Wayne. E il piccolo Thomas non ha mai dimenticato.

Potrebbe essere un villain invisibile, che muove i fili in silenzio, impiantando sospetti, rubando identità, falsificando prove. Forse è lui il burattinaio dietro altri crimini. Forse è il vero architetto di un piano per “smontare” Bruce pezzo dopo pezzo. E quando emerge, lo fa con il volto bendato, chirurgicamente ricostruito, per sembrare Bruce stesso.

Tematicamente, Hush è potentissimo: è l’ombra speculare di Batman, ma senza trauma redentivo. È la dimostrazione di cosa succede quando il dolore non insegna nulla, quando il potere viene usato per vendetta personale, non per giustizia. È Bruce se avesse preso una strada diversa. Se avesse lasciato vincere il rancore.

A livello visivo, Hush è anche una presenza inquietante. Il volto coperto da bende, le cicatrici, la voce calma e glaciale. Non urla, non ride, non si espone. Colpisce dove fa più male: i legami, la reputazione, la verità. Potrebbe persino assumere l’identità di qualcun altro per infiltrarsi nella vita di Bruce, insinuarsi tra Alfred, Selina, Gordon. E farlo senza che nessuno se ne accorga fino a quando è troppo tardi.

In un film che punta a scavare ancora di più nella mente e nella fragilità dell’uomo dietro il pipistrello, Hush rappresenta il nemico perfetto: non un mostro da sconfiggere, ma un simile diventato incubo, un volto familiare sotto una maschera fatta per confondere, ingannare, colpire al cuore.

Per interpretarlo, la nostra scelta è Jake Gyllenhaal. Intenso, ambiguo, perfetto per interpretare un uomo spezzato dentro ma raffinato fuori. Può essere convincente come amico di Bruce, e spaventoso come nemico che lo conosce meglio di chiunque. La proposta per il titolo è The Batman 2: Echoes: “echi” del passato, dell’infanzia condivisa tra Bruce e Thomas. Ma anche echi dell’identità: quando tutti iniziano a sentire le stesse voci, a credere alle stesse bugie. Un titolo elegante, malinconico e oscuro, perfetto per un thriller psicologico.

Numero 2: Mr. Freeze (Victor Fries) – Il cuore congelato di un uomo che amava troppo

DC Mr. Freeze“Non tutti i mostri vogliono distruggere il mondo. Alcuni vogliono solo fermarlo… il tempo necessario per salvarlo.”

Victor Fries non nasce cattivo. Non nasce nemmeno criminale. Nasce scienziato, marito devoto, uomo dal cuore fragile e dalla mente brillante. E proprio come Bruce, nasce dalla perdita. Ma dove Bruce ha perso tutto in un istante, Victor l’ha perso a poco a poco, guardando l’amore della sua vita, Nora, scivolare lentamente verso la morte. E nessuno che volesse aiutarlo. Nessuno che potesse capirlo.

Nel mondo iper-realistico di The Batman 2, Mr. Freeze può essere reimmaginato senza armature grottesche o armi fantascientifiche. Può diventare un biochimico ossessionato dal tempo, dalle basse temperature, dalla criogenia, nel disperato tentativo di tenere in vita la moglie, affetta da una malattia rara e incurabile. Fries non vuole uccidere. Vuole solo trovare una cura. Vuole solo guadagnare tempo. Ma per farlo è disposto a tutto.

Potrebbe inizialmente essere inquadrato come una figura tragica e solitaria, che lavora in segreto nei laboratori sotterranei di una clinica fallita, o di una fondazione corrotta. Ma quando gli viene negato il supporto, quando Nora peggiora e i fondi spariscono Fries si spezza. Ruba tecnologie, compie un furto disperato in un centro di ricerca. Un’esplosione accidentale o un esperimento andato storto lo cambia per sempre: ora il suo corpo non può più sopportare il calore, deve vivere in condizioni sottozero.

Ecco quindi nascere Mr. Freeze: non un supervillain pazzo, ma un uomo guidato da un amore trasformato in ossessione. Uno che vede in Batman un ostacolo, non un nemico. Anzi, forse lo rispetta. Ma non gli permetterà di fermarlo. Non quando Nora è ancora sospesa tra la vita e la morte.

Narrativamente, Freeze sarebbe una minaccia visivamente e tematicamente unica: potrebbe causare blackout climatici, raffreddare intere zone di Gotham, non per distruggere, ma per creare un laboratorio perfetto dove mantenere in stasi la moglie e continuare i suoi esperimenti. Le sue azioni causano vittime, sì, ma non per crudeltà: per disinteresse verso chiunque non sia Nora.

Batman si troverebbe così davanti a una delle sue prove morali più difficili: fermare un uomo che sta solo cercando di salvare la persona che ama. Un riflesso oscuro di sé stesso. Perché anche Bruce ha vissuto quella perdita. Anche lui, se potesse, congelerebbe il mondo per un secondo in più con i suoi genitori. Ma sa che la linea esiste, e Victor l’ha superata.

E visivamente, Reeves potrebbe fare meraviglie: niente ghiaccio fumettistico, ma ambienti gelidi, soffocanti, silenziosi. Un Freeze più simile a un fantasma, vestito con una tuta medica modificata, che parla lentamente, con una voce distante, come provenisse da un altro mondo. Un uomo che non piange più perché le sue lacrime si congelano appena scendono.

Per interpretarlo, la scelta è assolutamente Mads Mikkelsen, elegante, gelido, tragico. Ha la statura e la voce per rendere Victor una figura tragica e solenne. Perfetto per una versione più “umanizzata” del personaggio, con dolore represso sotto la superficie. La proposta del titolo cade su The Batman 2: Heart of Ice. Omaggio al leggendario episodio della serie animata del 1992, che ha ridefinito Mr. Freeze. Il titolo racchiude sia il gelo fisico che quello emotivo di un uomo che ha perso tutto, e della città che lo ha creato. Tragico e poetico.

Numero 1: Hugo Strange – Il chirurgo della mente

DC Hugo Strange“Prima o poi, ogni maschera cade. La tua è solo più difficile da togliere.”

A differenza di altri villain, Hugo Strange non cerca il caos, il crimine o la conquista. Hugo Strange cerca la verità. Ma non quella che redime: quella che distrugge. Psichiatra geniale, manipolatore sofisticato, Strange non si accontenta di studiare la mente criminale: vuole dominarla.

Nel mondo crudo e investigativo di The Batman, potrebbe essere il direttore clinico dell’Arkham State Hospital, un riformatore apparentemente progressista, che propone cure “all’avanguardia” per il disagio mentale. Potrebbe essere introdotto come consulente del governo o della polizia, chiamato a valutare la psiche di criminali come l’Enigmista, o a “riordinare” il caos post-Falcone.

Ma sotto la facciata di medico umanitario, Strange è un fanatico del controllo e dell’identità. La sua vera ossessione è e rimane sempre Batman. Non per ciò che fa ma per ciò che rappresenta. Hugo vuole capirlo, smontarlo, scoprire chi si nasconde sotto la maschera. E nel suo delirio razionalista, è convinto che “curarlo” significhi smantellare Bruce Wayne pezzo dopo pezzo.

Ecco perché Hugo Strange è pericoloso: è lo psichiatra che conosce tutto di tutti e che usa quel tutto contro quei tutti. Può entrare nella tua mente con domande, illusioni, manipolazioni. Potrebbe fingere di voler aiutare Bruce, per poi portarlo al limite. Oppure potrebbe essere uno dei pochi a scoprire realmente la sua identità, e usarla come leva per costringerlo a piegarsi. In silenzio. Con freddezza chirurgica.

Nel film, Hugo potrebbe muoversi come un’ombra elegante e minacciosa: presente nelle istituzioni, negli ospedali, nei processi di riforma. Magari si presenta come salvatore di Gotham, mentre in segreto esegue esperimenti su detenuti ad Arkham, testa nuovi metodi di condizionamento mentale, o addirittura cerca di creare un esercito di “pazienti corretti”, liberati da ogni moralità. Potrebbe essere il burattinaio dietro altri villain, o persino dietro nuove versioni di criminali meno noti come Zsasz o il Ventriloquo.

Tematicamente, Strange rappresenta la scienza quando perde l’umanità. È il confine superato tra terapia e tortura, tra analisi e annichilimento. E rappresenta un incubo specifico per Bruce: essere decifrato, non con l’intuito di un detective, ma con la freddezza di uno studioso convinto di doverlo “guarire”.

Potrebbe sedere nel suo ufficio, dietro una scrivania ordinata, in un Arkham più simile a un ospedale svizzero che a un manicomio gotico. I suoi strumenti sono dossier, siringhe, registrazioni audio. Le sue armi sono la logica e il tempo. E la sua vittoria più grande sarebbe costringere Batman ad ammettere che non è un eroe, ma un paziente in fuga dalla propria patologia.

Visivamente, Strange potrebbe avere un look sobrio ma inquietante: calvo, elegante, occhiali tondi, voce controllata, linguaggio misurato. Nulla di teatrale. Solo minacciosamente razionale. Un antagonista che non alza mai la voce, ma che ti fa sentire nudo in ogni scena. Con Hugo Strange, Matt Reeves potrebbe costruire un The Batman 2 che è più thriller psicologico che action, con tensioni sotterranee, colpi di scena, paranoie, identità che si sgretolano. Un duello mentale all’ultimo respiro. Dove non serve il sangue per restare traumatizzati.

Come interprete, dobbiamo essere onesti, non è farina del nostro sacco. Matt Reeves ha infatti pubblicato un tweet, subito dopo cancellato, in cui ritraeva Hugo Weaving, con scritto “Hugo as Hugo“. Naturalmente, il tweet potrebbe essere fasullo (perché il regista dovrebbe pubblicare per poi cancellare?), ed anche se fosse vero, questo confermerebbe solo la presenza di Hugo Strange nella pellicola, non il suo essere l’antagonista principale. Per il titolo, proponiamo The Batman 2: Strange Days, Un titolo che evoca paranoia, manipolazione mentale e distorsione percettiva. Gotham vive giorni “strani”, ma anche “di Strange”. È una discesa nella mente, un thriller claustrofobico dove la realtà vacilla.

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Articolo di Lorenzo Giorgi

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