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Thor: Love and Thunder, la recensione: tanta passione ma poche scintille

Sbarcato al cinema in Italia il 6 Luglio, Thor: Love and Thunder è il quarto capitolo dedicato al dio del tuono nel MCU. Nel cast, oltre al protagonista Chris Hemsworth, troviamo Natalie Portman, Christian Bale, Tessa Thompson e Russel Crowe. A dirigere il film è Taika Waititi, che veste anche i panni di attore.

Nonostante sia uno dei personaggi del MCU più amati, Thor ha sempre faticato nei film stand-alone a lui dedicati. Il dio norreno interpretato da Chris Hemsworth è infatti stato protagonista, negli anni, di alcune delle peggiori pellicole della saga, anche mettendo da parte Thor. Infatti Thor: The Dark World è ritenuto quasi all’unanimità il peggior prodotto dei Marvel Studios, e non casualmente. L’antifona per l’eroe sembra cambiata dall’arrivo del regista Taika Waititi che, grazie ad una regia ispirata e al cambio di tono, ha permesso al terzo capitolo, Thor: Ragnarok, di entrare nella Top10 delle pellicole della casa delle idee.

Ora, a ritmo di Sweet Child O’Mine, il dio del tuono è tornato per la quarta pellicola a lui dedicata. Un viaggio mistico alla ricerca di pace, che lo metterà però sulle tracce del pericolosissimo Gorr, il macellatore di dei. Senza perderci quindi ulteriormente in chiacchiere, ecco quindi la nostra recensione di Thor: Love and Thunder.

Passione, perdono e fulmini

Dovendo parlare degli innegabili punti di forza di Thor: Love and Thunder, al primo posto non può che esserci la Jane Foster di Natalie Portman. Nonostante le critiche mosse verso l’attrice, rea di aver messo da parte l’orgoglio e di aver ignorato la parola data tornando a lavorare per Marvel dopo aver promesso di aver chiuso con il MCU anni fa, la Portman ruba senza dubbio la scena al ben più ingombrante collega Chris Hemsworth.

L’attrice israeliana sembra infatti aver messo da parte le divergenze con Kevin Feige e compagni, dedicando anima e (soprattutto) corpo al suo ruolo; notevole è infatti il suo aumento di massa muscolare, che la rende perfetta per interpretare la Potente Thor. Il suo personaggio affonda quindi le radici in un’ottima interpretazione, condita però anche da una scrittura attenta e mai banale. Waititi, che ha partecipato come co-autore alla stesura della storia, ha infatti avuto un occhio di riguardo per la malattia che affligge la donna; senza contare il percorso di crescita personale che ci viene accennato e poi mostrato proprio durante il film.

 

 

Il terribile cancro che l’affligge viene portato in scena in maniera abbastanza fedele rispetto al fumetto, seppur con diverse variazioni che funzionano però nell’economia cinematografica. Anche l’espediente che le fa impugnare Mjolnir viene giustificato, ed è quantomeno apprezzabile lo sforzo fatto in questo senso. Resta invece qualche dubbio sulla strada che Marvel sembra voler intraprendere con il personaggio, specialmente dopo il finale del film.

Un degno nemico per Thor

Entrato a sua insaputa nel MCU, come confermato in maniera spassosa durante un’intervista, Christian Bale è l’unico membro del cast che riesce a non sfigurare a fianco di Natalie Portman. Portando in scena un Gorr molto diverso dalla controparte cartacea, Bale sembra aver vissuto abbastanza a lungo da diventare il cattivo perfetto per il dio del tuono, e non solo.

L’ex-interprete di Batman porta infatti in scena un nemico sicuro, motivato e spinto da un’ideale comprensibile e persino condivisibile. La sua rabbia verso gli dei è infatti giustificata, dopo che questi lo hanno ignorato nel momento di massima necessità; un’ira tanto feroce da spingerlo a volere la morte proprio delle un tempo venerate divinità.

 

 

Nonostante il look distante dai fumetti, il macellatore di dei è portato su schermo in maniera spesso impeccabile. Bale ha fatto un ottimo lavoro, e la sua recitazione fa sì che alcuni piccoli difetti nel personaggio passino inosservati. Anche la forma fisica dell’attore è lontana da quelle dei classici cattivi “violenti” di casa Marvel, rendendo unico il personaggio che non appare così come un malvagio picchiatore.

Convincente anche il design della necrospada, l’arma di cui Gorr si serve per i suoi fini, seppur, ancora una volta, lontano dal cartaceo. Un peccato quindi il trattamento riservatole, che salvo sorprese mette definitivamente la parola fine alla possibilità di vedere Knull, il dio dei simbionti, presto su schermo. La Marvel ha quindi deciso di togliersi dai piedi un oggetto così potente, per evitare di dover, in futuro, giustificare la sua assenza tra le mani dei cattivi di turno. Una mossa quasi obbligata, dopo i numerosi buchi di trama portati a galla da Avengers: Endgame e che la casa delle idee vuole ora evitare come la peste.

Ma Thor che fa?

È la domanda che qualcuno potrebbe porsi alla fine del film. Thor non è il figlio di un angelo e un pirata, come ipotizzato da Drax durante Avengers: Infinity War, bensì un dio alla ricerca di pace. Accompagnando i Guardiani della Galassia in giro per l’universo, cerca quindi di aiutare i bisognosi e coloro che cercano aiuto. Si riprende così il viaggio intrapreso con il precedente capitolo stand-alone; ancora una volta infatti il figlio di Odino si trova costretto a fare i conti con cambiamenti inaspettati, questa volta l’arrivo di Jane con tanto di Mjolnir e la terribile minaccia di Gorr.

Il dio norreno è però diverso da tutte le altre divinità, che passano il loro tempo a gozzovigliare e godendosi in tranquillità la propria eternità. Se questi alla notizia dell’arrivo di Gorr ridono di lui, Thor si lancia subito nella mischia, difendendo non solo sé stesso ma anche coloro che la hanno imprigionato e deriso. Un netto cambiamento quindi rispetto al giovane egoista apparso nel primo Thor, derivato principalmente dagli avvenimenti di Thor: Ragnarok.

 

 

Tra le altre divinità, a rubare la scena (in negativo) è indubbiamente Russel Crowe, che nella pellicola interpreta il potente Zeus; nonostante le aspettative intorno al personaggio fossero molte, complice proprio l’importanza dell’attore, ciò che ci ritroviamo alla fine è un nuovo Ben Kingsley. Come il collega apparso in Iron Man 3 infatti Crowe porta in scena un ruolo demenziale, persino troppo anche in un film simile. E non bastano le battutine idiote per salvarlo. Un vero peccato quindi che il primo contatto con le divinità greche debba avvenire in questo modo, dando così vita ad un precedente pericoloso.

Taika Waititi, genio o folle?

Avendo iniziato a parlare dei punti deboli del film, è arrivato il momento di discutere di un caso di “cronaca nera”. Che fine ha fatto la brillantezza di Taika Waititi? Il regista neozelandese, che ricordiamo può vantare la vittoria di un premio Oscar per Jojo Rabbit, sembra aver perso parte della follia geniale che lo ha reso celebre e apprezzato; la sua impronta stravagante resta, anzi nella prima parte è persino accentuata, ma l’umorismo del film risente molto del suo stile unico e caotico.

Le battute che avevano fatto storcere il naso durante Thor Ragnarok non sono solo ripetute in maniera ossessiva, ma rovinano persino alcuni momenti importanti. Certo, come già detto nei riguardi di Jane Foster la scrittura è precisa e ordinata, quasi priva di sbavature. A subire di più il colpo della demenzialità dell’opera tra i protagonisti è infatti l’altro Thor, quello di Hemsworth, che a tratti sembra una versione ancora più idiota della già stupida parentesi saakariana.

Nonostante il cambio di tono abbia portato ad una vera e propria rinascita per il personaggio, ora rischia di affossarlo di nuovo, avendo superato il delicato confine della simpatia demenziale. Un vero peccato, considerando l’ottimo lavoro fatto da Waititi che rischia ora di essere reso vano dallo stesso regista. Resta ora tutto nelle mani del neozelandese, che dovrà riportare tutto in carreggiata con un nuovo film che, siamo sicuri, non tarderà a venire annunciato.

 

Conclusioni su Thor: Love and Thunder

Nonostante battute spesso al limite dell’umana sopportazione, la seconda opera di Waititi e la quarta in totale dedicata al dio del tuono funziona. Sicuramente la miglior pellicola dedicata all’eroe (non che ci volesse molto vista la qualità delle prime due), Thor: Love and Thunder è un film riuscito a metà. Il cast ce la mette tutta per alzare il livello, specialmente Natalie Portman e Christian Bale, ma ci riesce solo a metà. Resta comunque un film consigliato, da vedere se avete apprezzato Thor: Ragnarok, di cui è la massima espressione. Degna di nota la colonna sonora composta da Michael Giacchino, che si conferma uno dei massimi esponenti contemporanei della composizione musicale per il cinema.

Pro di Thor: Love and Thunder

  • Il cast di protagonisti, Natalie Portman e Christian Bale su tutti;
  • I colori e le ambientazioni, che sfruttano al massimo la tecnologia del led wall;
  • La scrittura dei personaggi;
  • La colonna sonora di Michael Giacchino.

Contro di Thor: Love and Thunder

  • L’umorismo demenziale che troppo spesso non fa ridere;
  • Il trattamento riservato a Thor.

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Nicolò Bacchi

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