Il 17 novembre è uscita su Netflix “Strappare lungo i bordi”, serie tv scritta, diretta e disegnata da Zerocalcare. Quest’ultimo è un affermatissimo fumettista romano, uno dei più grandi della sua generazione. Ha fatto successo grazie alle sue incredibili tavole e storie al limite dell’assurdo, che alla fine riescono comunque a trovare un filo e prendere a schiaffi il lettore. In “Strappare lungo i bordi” viene condensato tutto questo e portato all’ennesima potenza, con un prodotto tanto divertente quanto profondo.
Le vicende di questa serie vengono raccontate iniziando da lontano, dall’infanzia di Zero, Sarah e Secco. Fino ad arrivare al primo incontro a 17 anni con Alice, ragazza molto simile a Zero a livello di carattere ed interessi. I due non avranno mai un rapporto particolarmente stretto. Venti anni dopo il trio conosciuto all’inizio intraprende un viaggio interrotto ogni tanto da racconti e flashback, per poi tornare sulla retta via e portare lo spettatore ad una conclusione splendida.
Zero è sempre accompagnato da un armadillo, il quale rappresenta la sua coscienza. Questo sarà fondamentale nella storia in quanto, oltre a far ridere lo spettatore dall’inizio alla fine, fa si che Zero ragioni lucidamente sulle scelte da prendere e non perda quella poca sanità mentale che gli è rimasta. Sarah è una ragazza vivace, con la passione per l’insegnamento. È il lato femminile di Zerocalcare. Secco al contrario è interessato al niente, il suo unico obiettivo ricorrente è quello di mangiare il gelato. Rappresenta il lato folle dell’autore.
“Strappare lungo i bordi” è una serie composta da sei episodi di una lunghezza che varia dai 16 ai 21 minuti, quindi è possibile vederla tutta d’un fiato perché è lunga praticamente come un film. E tiene incollato lo spettatore perché è rapida, mai banale e spesso autoreferenziale. Fino ad arrivare ad un finale in grado di far ricollegare tutti i puntini. Ed e lì che si comprende quello che Zerocalcare ha voluto tenerci nascosto per tutta la serie. Un finale che mette un punto sulle paranoie che ognuno di noi ha, facendoci capire quanto sono inutili e facendoci sentire a nostra volta superflui.
Ogni personaggio è doppiato da Zerocalcare (con una sola eccezione), che ricordiamo è autore in tutto e per tutto di “Strappare lungo i bordi”, fino agli ultimi minuti quando Zero capisce dove ha sbagliato e viene avvolto da ancor più paranoie e sensi di colpa. In quel momento tutti i personaggi iniziano ad avere una propria voce ed è compito di Sarah far capire a Zero che non è il responsabile di ogni cosa gli avviene in torno, che non è il protagonista di ogni storia. Questo fa capire anche a noi spettatori il motivo per cui ogni personaggio è doppiato dall’autore: per un egocentrismo involontario, non per forza negativo, ma per cui il protagonista si sente responsabile di tutto.
L’eccezione di cui sopra è l’armadillo, rappresentazione fisica della coscienza di Zero. Questo personaggio è l’unico che per tutta la serie ha una sua voce: quella di Valerio Mastandrea. Alla sua prima esperienza di doppiaggio Mastandrea, rude e diretto, ha donato una grande personalità al personaggio dell’armadillo. Sono nate scene divertentissime che sono recitate da lui in maniera impeccabile. Possiamo dire senza remore sia un doppiaggio perfetto.
Zerocalcare, trentasettenne, ha descritto una generazione e i suoi atteggiamenti, paranoie e interessi. Un prodotto del genere può essere capito appieno dalla generazione degli anni 90′ che certe cose le ha vissute in prima persona. Una generazione che cerca la perfezione proprio strappando lungo i bordi, così da ricavare una figura precisa da un foglio. Insoddisfatta per ciò che le è stato lasciato, ma che alla fine trova sempre il modo di scaldarsi accanto al fuoco bruciando quel foglio di carta.
Una serie piena di citazioni e riferimenti alla cultura pop e storica anni 80′ e 90′, passando per Star Wars, la strage di Capaci, MSN o Il trono di spade. Il tutto condito da lunghe frasi comiche in romano trascinato, volgari ma mai eccessive.
“Strappare lungo i bordi” sta avendo un successo mediatico enorme, non inaspettato, che rende giustizia alla grande carriera di Zerocalcare. Può essere una serie decisamente godibile per tutte le generazioni, ma a capirla fino in fondo sarà solo chi ha vissuto effettivamente la generazione a cui fa riferimento la serie. Purtroppo per una ragione di cambio generazionale, non potrà essere vista di nuovo da chi ora è troppo giovane e trovarne, come può essere per “Il piccolo principe”, una chiave di lettura diversa.
La formula che sta nel titolo non è altro che una metafora per il proseguimento della vita, in grado di farci capire che, alla fine, non basta seguire il percorso tratteggiato. L’imprevisto è dietro l’angolo e bisogna starci, è la vita. Ma potrebbe rivelarsi anche una cosa positiva.
Le lodi non vanno soltanto al fumettista, ma anche alle circa 100 persone di “Doghead Animation” che hanno messo mano al progetto. Donandoci un prodotto divertente, scanzonato, ma che in un attimo può riportarci alla realtà. Quella realtà che fa tanto paura ma che dobbiamo affrontare. Una realtà che spesso ci ferisce, alla quale dobbiamo mostrare fieri le nostre cicatrici.
“La cicatrice non passa. È come una medaglia che nessuno ti può portare via. Se andava via con l’acqua era un trasferello. È una cosa che fa paura, ma è anche una cosa bella. È la vita.”
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