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Stati Uniti, l’evoluzione del calcio a stelle e strisce

di Alessandro Colepio

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Quando si pensa alla cultura sportiva americana, il calcio non è propriamente il primo gioco che viene in mente. Per tanti cittadini degli Stati Uniti, il football europeo (o soccer, come lo chiamano loro) è un’invenzione straniera di poco conto. Un passatempo di cui hanno sentito parlare solo per caso e di cui, francamente, gli importa poco.

Del resto, cosa c’è di più patriottico del vero football, del baseball e ovviamente del basket? Nonostante tutto il mondo professi l’esistenza di uno sport globale, gli statunitensi continuano a vivere la vita con la filosofia che li ha sempre contraddistinti: ciò che succede fuori dall’America non gli interessa. E il calcio, fino a qualche tempo fa, non c’entrava proprio nulla con gli Stati Uniti.

Questo racconto è parte della rubrica “Il Calcio nel mondo” di Nasce, Cresce, Calcia. Come avete potuto ben capire dall’introduzione, l’argomento di oggi è l’evoluzione del football europeo negli Stati Uniti d’America. Passando dalla vecchia NASL all’odierna MLS, buttare un occhio sul calcio a stelle e strisce ci aiuta a osservare lo sport che amiamo da un’altra prospettiva.

Le peculiari usanze sportive americane hanno infatti dato vita ad un sistema diametralmente opposto rispetto a quello a cui siamo abituati. I campionati sono leghe chiuse senza retrocessioni o promozioni. E al termine della regular season si giocano i playoff in stile NBA. Addirittura per un periodo, si era andati addirittura oltre il concetto del pareggio e dei rigori come li conosciamo noi.

 

MLS

L’arrivo del calcio negli Stati Uniti: la NASL

L’onda del successo inglese ai Mondiali del ’66 fu uno tsunami per tutto l’universo anglosassone. L’eco arrivò anche negli States e un gruppo di imprenditori decise, fra il 1966 e il 1967, di fondare una lega professionistica. Nel giro di qualche anno vinsero una battaglia legale con un campionato rivale, imponendosi come zenit del calcio negli USA. Nacque così la North American Soccer League, o NASL, che abbracciava la federazione statunitense e quella canadese.

Il periodo fra il ’70 e il ’74 segnò l’inizio di un’epoca di crescita sportiva ed economica per la NASL. Nacquero molti club (o franchises, per dirla all’americana). I New York Cosmos, i Los Angeles Aztecs, ma anche squadre tutt’ora esistenti come i San José Earthquakes o i Seattle Sounders.

I primi campioni negli USA

Il primo, vero punto di svolta arriva nel 1975, quando i New York Cosmos ufficializzano l’acquisto di sua maestà Pelé. Si tratta della prima esperienza di O’Rei fuori dai confini brasiliani e il mondo inizia a rendersi conto della presenza statunitense sulle mappe calcistiche. Nello stesso anno arriva negli Stati Uniti anche il fuoriclasse portoghese Eusebio. Da lì in poi sarà un pellegrinaggio fisso per tanti grandi campioni europei sul viale del tramonto.

George Best sceglie nel ’76 di trasferirsi a Los Angeles, seguito a ruota da Beckenbauer che però si accasa con Pelé a New York. Nel 1979 è poi il turno di Johan Cruyff prima e Gerd Muller poi. L’olandese prende il posto di Best in California, mentre il bomber tedesco raggiunge proprio l’ex Manchester United, nel frattempo trasferitosi a Fort Lauderdale.

Gli anni d’oro della NASL sono dominati dai New York Cosmos, che oltre a Pelé e Beckenbauer possono contare su altri giocatori di valore, come Carlos Alberto e Giorgio Chinaglia. A partire dal 1982, però, il campionato inizia a perdere seguito nonostante i grandi nomi presenti. Il comitato organizzativo prova a dare nuova linfa a questo sport proponendo il campionato indoor invernale. Raccoglie un discreto successo, ma non riesce ad attirare la passione degli americani.

Il sistema della NASL crolla definitivamente nel 1985, anno del fallimento, a causa dei costi eccessivi e dello scarso successo in termini di ricavi. La crescita esponenziale aveva alzato enormemente i costi di gestione, senza però tenere conto di un possibile periodo di flessione negativa. I presidenti delle varie squadre preferiscono scappare dalla NASL che pagare spese ancora più gravose, portando così alla definitiva chiusura della lega dopo solo 17 stagioni.

Gli effetti del crollo della principale lega professionistica si fanno sentire anche negli anni successivi. Basti pensare che gli Stati Uniti, candidati numero 1 per ospitare i Mondiali dell’86, perdono la candidatura proprio per questo motivo. Per vedere una Coppa del Mondo disputata in terra americana, si sarebbero dovuti aspettare altri 10 anni.

 

SkyLine New York

Skyline New York (@Shutterstock)

La rinascita dalle ceneri: l’MLS

Col fallimento della NASL nel 1985, gli Stati Uniti si trovano di nuovo privi di una lega professionistica. Bisogna rifondare tutto da capo e la scossa arriva quando la FIFA annuncia che gli USA ospiteranno i Mondiali del 1994. Il Paese si trova quindi davanti alla necessità di creare da zero un sistema capace di competere con la grandezza europea.

Sul territorio statunitense iniziano a nascere decine e decine di settori giovanili sul modello del Vecchio Mondo. Le idee del grande calcio europeo iniziano a sbarcare anche in America, anche se ancora a piccole dosi. Iniziano anche i lavori di pianificazione per una nuova lega professionistica.

La Major League Soccer (MLS) viene concepita nel 1988 e viene annunciata ufficialmente nel 1993. La prima stagione si gioca nel 1996 e vede solo 10 squadre partecipanti. Per impedire che la lega collassi per colpa della sua stessa iniziativa economica, viene adottato il sistema del tetto salariale massimo (salary cap) che può essere superato per un solo giocatore a squadra.

Le prime edizioni non riscuotono un grande successo, ma pongono le basi per avere una MLS solida e duratura. Contemporaneamente, la nazionale a stelle e strisce ottiene buoni risultati nelle competizioni internazionali, attirando l’interesse di tifosi e investitori. L’MLS inzia pian piano ad allargarsi fino a raggiungere la grandezza attuale. Con l’ingresso di San Diego nel 2025 conterà ben 30 squadre.

La situazione finanziaria stabile ha permesso poi alle varie franchises di poter competere sul mercato internazionale. Il fascino degli Stati Uniti continua ad essere un’incentivo per i veterani del calcio europeo,. Qui possono chiudere la carriera in un campionato comunque di buon livello.

 

L’invasione dei campioni in declino

Nel corso degli ultimi 20 anni, questa strada è stata presa da giocatori come Thierry Henry, Kakà, Andrea Pirlo, David Beckham e Steven Gerrard. Gli ultimi in ordine cronologico sono stati invece Gonzalo Higuain, Giorgio Chiellini, Federico Bernardeschi, Lorenzo Insigne e Gareth Bale. Tutti giocatori che, una volta terminata la propria esperienza in Europa, hanno provato a scoprire una seconda vita professionale oltreoceano. Il definitivo salto di qualità è arrivato durante le scorse settimane, quando l’Inter Miami ha ufficializzato l’arrivo di Lionel Messi, Sergio Busquets e Jordi Alba in Florida.

L’arrivo della Pulga, fresco vincitore del Mondiale e ormai stanco del calcio europeo, avrà sul campionato americano lo stesso effetto che ha avuto Cristiano Ronaldo su quello arabo. Più visibilità a livello globale, maggiore interesse dall’estero e dagli sponsor. Il tutto in una cornice socio-culturale molto più vicina a noi di quanto non lo sia l’Arabia Saudita. Lo scontro fra i due campionati emergenti sta iniziando. Solo il tempo ci dirà se alla fine a spuntarla sarà il progetto statunitense, quello saudita o il pedigree del Vecchio Continente.

Tirando le somme, possiamo dire con assoluta certezza che il calcio in America non raggiungerà mai la fama del basket o del loro football, ma noi di NCC speriamo che questo articolo possa aiutarvi a capire come, anche in ambienti culturalmente diversi, basta la gioia di giocare con un pallone per creare un sistema calcistico efficace.

Per rimanere sempre aggiornati su tutte le news provenienti dal mondo del calcio, continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Calcia.

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