Poche squadre sono iconiche tanto quanto l’FC St. Pauli. Una società sportiva di basso profilo, costantemente adombrata dai rivali cittadini dell’HSV, ma che è stata in grado di mettere in piedi un pilastro della sottocultura calcistica. I “Corsari” di Amburgo sono diventati i campioni della Bundesliga 2, e hanno staccato un pass per raggiungere le più grandi.
Il St. Pauli non aveva mai vinto un campionato con questo formato della Bundesliga 2. Si tratta del secondo titolo nella storia del club, che prima riuscì solamente a conquistare la vetta nel girone Nord della seconda divisione nel 1977. I bianco-marroni hanno disputato solamente 8 stagioni in Bundesliga durante la loro storia, e la loro ultima promozione fu nel 2010. Questo trionfo quindi segna un avvenimento epocale per la tifoseria più peculiare del panorama calcistico europeo.
I “Corsari” di Amburgo stanno vivendo una favola. Nonostante la doppia sconfitta in entrambi i derby di questa stagione, il St. Pauli dista ben 11 punti dall’HSV, squadra che fra gli anni ’70 e ’80 dominava il calcio tedesco ed europeo. E il trofeo di Coppa dei Campioni 1982-83 ne è una dimostrazione. Un sorpasso magico, che ha visto il “quartiere malfamato” surclassare la società che rappresenta l’élite cittadina. Sono storie che solamente il calcio può regalarci.
Ma in che senso il St. Pauli proviene da un “quartiere malfamato”?
Durante la lontana estate del 1960, un gruppo semi sconosciuto proveniente da Liverpool si esibì per la prima volta al grande pubblico ad Amburgo. L’Indra, un locale sulla Große Freiheit Straße, ospitò i primi concerti dei Beatles proprio nel quartiere St. Pauli. Quest’ultimo, all’epoca come oggi, era il quartiere della vita notturna e della prostituzione. La zona, che prese il nome da una chiesa dedicata a San Paolo, si popolò nel corso del ‘600 e durante i secoli successivi divenne la tappa preferita dei marinai in arrivo da ogni parte d’Europa e del mondo. Svago e piacere erano le parole d’ordine in questo quartiere portuale, che gradualmente divenne sempre più malvisto dalle élite della città anseatica. Lungo la Reeperbahn (via dei Cordai) ogni genere di svago era ammesso, e ancora oggi questa strada è costeggiata da locali, bar, sexy shops e persino un casinò.
A cavallo fra gli anni ’70 e ’80, St. Pauli divenne una delle culle del movimento punk tedesco, la Neue Deutsche Welle, attirando su Amburgo le attenzioni di tantissimi giovani ribelli provenienti da tutto il mondo. E la squadra del quartiere divenne subito un simbolo di questa rivoluzione culturale.
La casa del St. Pauli è il Millerntor-Stadion. L’impianto sportivo è dominato dall’ingombrante passato tedesco — difatti nelle immediate vicinanze dello stadio si trova il Feldstraße Bunker, una torre di difesa antiaerea (Flakturm) costruita durante la seconda guerra mondiale.
“Kein mensch ist illegal” (Nessun uomo è illegale) e “Kein Fußball den Faschisten” (Niente calcio per i fascisti) sono due slogan utilizzati in maniera ricorrente dai tifosi del St. Pauli. Il movimento ultras dei “Corsari” è fortemente impegnato nel sociale, e in particolare nella lotta al razzismo, al sessismo, all’omofobia e nell’impegno a favore di ogni emancipazione. Insomma, il tifo organizzato dei “Piraten” non si limita a supportare la squadra, ma sotto il vessillo del Jolly Roger incarna degli ideali che ben si sposano con l’inclusività e l’apertura tipiche del quartiere. Un attivismo atipico e intenso, che trova spazio anche allo stadio. Fra le bandiere dei tifosi infatti sventolano decine di vessilli arcobaleno e simboli Antifa. La figura del Che Guevara, simbolo del movimento ultras, è presente durante ogni match.
Il tutto senza dimenticare l’anima rock e punk che caratterizza l’aura del club. I match vengono inaugurati con “Hells Bells” degli AC/DC, e l’esultanza alle reti inizia con “Song 2” dei Blur. Addirittura un inno non ufficiale del club è stato scritto e composto da un gruppo ska punk italiano, i Talco (YouTube)
St. Pauli e HSV sono agli antipodi, e non solamente per via della “semplice” rivalità cittadina. Essi sono divisi soprattutto dal contesto sociale e ideologico. Da una parte abbiamo una squadra che incarna l’élite del calcio tedesco e il meglio della “Amburgo bene”, supportata da un movimento ultras di estrema destra. Dall’altra una società nata nel quartiere “malfamato”, nonché il più odiato dalla borghesia cittadina, conosciuta per l’attivismo di sinistra dei suoi tifosi.
Insomma, il derby di Amburgo è uno scontro totale, che va ben oltre il campo. Due modi diversi di vivere e di intendere il calcio. E, per il momento, il St. Pauli è in netto vantaggio.
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