Per la prima volta nella storia è stata registrata la presenza di acqua all’interno di un corpo celeste proveniente dallo spazio. La collisione del piccolo meteorite, dal peso di circa 0.5 kg, è avvenuta in un vialetto nella città del Gloucestershire lo scorso febbraio. L’oggetto extraterrestre conteneva particelle di acqua molto simili a quelle terrestri. Per gli scienziati, questo potrebbe essere un grande passo avanti per scoprire le origini del nostro pianeta.
Una delle domande a cui gli scienziati hanno sempre cercato di dare una risposta è “come è iniziata la vita sulla terra?”. Sappiamo quasi con certezza che l’acqua ha ricoperto un ruolo fondamentale per la formazione della vita; tuttavia, ancora non è chiaro come questa sia arrivata sul nostro pianeta. Le maggiori ipotesi hanno sempre imputato questo merito a comete ed asteroidi carichi d’acqua che miliardi di anni fa hanno raggiunto la Terra.
Ashley King, ricercatrice del gruppo dei materiali planetari presso il Museo di Storia Naturale del Gloucestershire, ha detto al quotidiano inglese Independent che “c’è sempre un dibattito (sull’argomento): erano le comete la fonte principale o gli asteroidi?”. la King afferma poi che, secondo i dati rilevati durante le missioni spaziali sulle comete, l’acqua presente nei grandi oggetti celesti non ha molta corrispondenza con quella presente sulla Terra. La stessa King continua affermando:
“La composizione dell’acqua a Winchcombe invece ha una corrispondenza decisamente migliore; quindi ciò implicherebbe che gli asteroidi – asteroidi carboniosi – erano probabilmente la principale fonte di acqua per il sistema solare interno e per la Terra“.
Parlando alla De Montfort University, che la scorsa settimana ha ospitato il British Science Festival, la dottoressa King ha affermato che l’analisi del meteorite ha rivelato la sua provenienza da un asteroide nelle vicinanze di Giove. Si sarebbe formato circa 4,6 miliardi di anni fa, con il suo viaggio verso la Terra che ha richiesto circa 300.000 anni.
Una volta giunto sulla Terra, poi, ci sarebbero volute meno di 12 ore per recuperare il meteorite, assicurandosi l’integrità dello stesso. Questa particolare condizione è estremamente importante ai fini della ricerca, poiché assicura agli scienziati che l’oggetto non sia stato contaminato da nient’altro presente sul pianeta. La King ha così argomentato:
“Per la maggior parte dei meteoriti la sfida che abbiamo è che sono già contaminati, mentre con Winchcombe sappiamo davvero che non ha subito contaminazioni; è una buona prova“.
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