Un uomo paralizzato a causa della SLA ha potuto comunicare per la prima volta grazie a degli elettrodi impiantati nel cervello. Finalmente ha potuto dedicare frasi d’affetto al proprio figlio e fare delle richieste ai propri familiari.
La SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa. Al giorno d’oggi, purtroppo, ancora non esiste una cura, ma i ricercatori di tutto il mondo sono al lavoro per trovare una soluzione. I pazienti affetti da questa grave malattia, a poco a poco, perdono le funzioni dei neuroni addetti al controllo di tutti i muscoli volontari e, nelle forme più gravi, arriva ad interessare anche gli occhi e l’apparato uditivo, rendendo impossibile comunicare con il mondo esterno.
Negli anni sono state effettuate numerose sperimentazioni per permettere ai pazienti di comunicare. In alcuni casi è stato possibile, ma solo se questi hanno conservato, in minima parte, le funzioni motorie. Muovendo il dito di una mano, oppure gli occhi, infatti, i pazienti potevano comunicare tramite un pannello con scritte le lettere dell’alfabeto; questo metodo richiede molto tempo e impegno ma, fino ad ora, risultava l’unico modo per comunicare.
Proprio per questo, molti gruppi di ricerca sono al lavoro per trovare soluzioni alternative, ed oggi sembra che abbiano imboccato la strada giusta. Grazie ai computer molto più potenti presenti sul mercato, all’intelligenza artificiale e ad impianti più piccoli e meno invasivi, infatti, le ricerche hanno fatto passi da gigante.
Secondo quanto riporta il Daily Mail, grazie a questi impianti di ultima generazione, un uomo affetto da SLA ha potuto comunicare con la propria famiglia dopo tanti anni di silenzio. È successo al Wyss Center di Ginevra, dove l’uomo ha potuto comporre frasi grazie alla forza del pensiero, al ritmo di un carattere al minuto, con l’aiuto di elettrodi impiantati nel cervello. Dopo oltre un anno di sperimentazione, il paziente ha potuto finalmente esprimere pensieri di vario tipo. Tra questi il più importante è stato quello rivolto al figlio, grazie alla nuova tecnologia, infatti, ha potuto finalmente dirgli che gli vuole bene.
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di Antonio Stiuso
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