Operazione chirurgica (@Pexels)
Un uomo toscano di 40 anni, dopo aver cercato di ingrandire il proprio pene attraverso un intervento chirurgico, si è trovato coinvolto in una serie di complicazioni mediche. Gravi conseguenze sulla sua salute sessuale e generale. Il paziente è stato operato circa dodici volte dopo un primo tentativo non riuscito, sperando di risolvere i problemi causati dall’operazione iniziale. Tuttavia, anziché migliorare, le sue condizioni sono peggiorate, lasciandolo impotente e afflitto da disfunzione erettile.
Il tribunale di Pistoia ha riconosciuto il diritto del paziente a un risarcimento danni di quasi 110 mila euro, stabilendo che sia il medico responsabile dell’operazione che le due strutture sanitarie coinvolte siano stati negligenti nella gestione del caso. Il paziente aveva originariamente concordato l’intervento di ingrandimento del pene con il medico per una somma di circa 5 mila euro, come riportato da RaiNews. Tuttavia, poco dopo l’intervento, hanno iniziato a manifestarsi fastidi e complicazioni che hanno avviato un lungo periodo di sofferenza e problemi medici.
Le complicazioni sono iniziate con due interventi di lipofilling, durante i quali del grasso è stato trasferito da altre parti del corpo al pene. Questi tentativi non hanno avuto successo, portando il paziente a subire una serie di ritocchi e interventi correttivi. Alcuni degli interventi sono stati eseguiti in sedi diverse e con tecniche discutibili. Secondo i consulenti tecnici, alcune di queste procedure potrebbero aver utilizzato persino sostanze vietate come il silicone.
Nel corso del processo, il medico ha cercato di difendersi sostenendo che il paziente era stato soddisfatto dei risultati iniziali e che aveva prestato il consenso informato per gli interventi successivi. Tuttavia, il tribunale ha respinto questa argomentazione, stabilendo che il paziente non era pienamente consapevole dei rischi cui andava incontro. Inoltre la responsabilità di valutare l’opportunità degli interventi sarebbe spettata al medico.
Sebbene le due strutture sanitarie abbiano affermato di aver solo prestato i locali per l’attività chirurgica, il giudice ha sottolineato la loro responsabilità per aver usufruito dell’operato del medico. Anche il paziente è stato ritenuto parzialmente responsabile per le complicazioni, in quanto aveva eseguito delle iniezioni autonomamente a casa, presumibilmente su indicazione del medico. La condotta del 40enne è stata considerata imprudente, contribuendo al 30% del danno complessivo. Di conseguenza, circa un terzo dei 153 mila euro di risarcimento è stato dedotto.
Alla fine, il tribunale ha suddiviso il risarcimento danni attribuendo al medico il 60% della responsabilità per la sua condotta negligente e dannosa. Mentre il restante 40% è stato diviso equamente tra le due strutture sanitarie coinvolte.
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