Le distrofie muscolari (DM) sono malattie genetiche, molto spesso anche ereditarie, che indeboliscono i muscoli e riducono le capacità motorie delle persone affette. Questi problemi causano infatti la perdita di funzione, la riduzione o l’assenza delle proteine necessarie per il funzionamento adeguato delle fibre muscolari. Di recente, sulla rivista Science Translational Medicine è stato pubblicato un nuovo studio con lo scopo di sviluppare le terapie per curare queste patologie…
A condurre lo studio sono stati gli scienziati della Texas A&M University, del Medical College of Wisconsin, dell’Università della Florida, dell’Università di Washington, della North Carolina State University, dell’Università del Nevada a Reno e di Solid Biosciences Inc. A guidare l’intero gruppo di ricerca è stata Sharla Birch.
Il team di ricercatori ha dato vita ad una nuova tecnica sperimentale, testata su un gruppo di cani affetti dalla distrofia muscolare di Duchenne. I risultati ottenuti dopo 90 giorni di osservazione degli animali, hanno mostrato che questa nuova tecnica è in grado di ripristinare, seppur in parte, la funzione muscolare. Gli scienziati hanno utilizzato geni miniaturizzati e l’intero processo, come rivelano i protagonisti dello studio, si è dimostrato efficiente e privo di complicazioni.
Come spiegano gli scienziati, esiste una classificazione per i diversi tipi di distrofie muscolari. La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è quella più presente in età evolutiva; a determinarla è l’alterazione del gene distrofina, situata sul cromosoma X e trasmessa come gene recessivo. Questa patologia interessa in particolare i muscoli scheletrici e il miocardio. e attualmente la sua diffusione è di un caso ogni circa cinquemila persone.
Meno grave, ma pur sempre problematica e molto comune, è la distrofia muscolare di Becker (DMB), che si presenta per via del funzionamento in modo parziale della distrofina. Questo disturbo colpisce principalmente i soggetti di sesso maschile, mentre nelle donne se si presenta, è in forma lieve; sulla popolazione ha un’incidenza che varia da un caso ogni 18mila persone a un caso ogni 31mila.
Come sottolineano gli esperti, le odierne terapie per le distrofie muscolari non hanno spesso accesso a farmaci sicuri e di sicura efficacia, e oltretutto non sono in grado di individuare precisamente il trattamento. Per ovviare a queste problematiche, ipotizzano gli scienziati, potrebbero essere molto validi i geni miniaturizzati.
Sebbene questa nuova tecnica prometta bene per curare la distrofia di Duchenne, diversi vettori adenovirali non sono però sufficientemente ampie per trascrivere correttamente il gene distrofina. Gli studiosi hanno allora fatto ricorso a transgeni di microdistrofina, in grado di inserirsi all’interno di vettori virali utilizzati in ambito clinico.
La microdistrofina-5 è la microdistrofina di cui il gruppo di ricercatori ha esaminato il potenziale terapeutico. A questo punto del processo gli scienziati hanno somministrato la terapia ad un gruppo di cani affetti da distrofia muscolare di Duchenne e hanno osservato gli animali per 90 giorni; i risultati ottenuti hanno mostrato un aumento dei livelli della proteina in diverse “località”, quali muscolo scheletrico, cuore e diaframma.
Il trattamento non ha tuttavia avuto completamente successo, dal momento che non ha “risolto” tutti i sintomi presenti; nonostante ciò però, alcuni esemplari hanno riscontrato dei miglioramenti nei muscoli respiratori e un’incidenza minore dovuta alle lesioni legate alla malattia. Il processo messo in pratica non ha prodotto effetti collaterali o conseguenze negative sulla salute dei cani; perciò è considerabile sicuro. Secondo il team, il risultato dello studio può essere considerato un punto di partenza valido per lo sviluppo di terapie sempre più innovative ed efficaci, volte alla cura della distrofia muscolare di Duchenne, ma non solo…
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