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Scienza: neuroni in provetta imparano a giocare ai videogiochi!

Alcuni neuroni presi da esseri umani e roditori hanno dimostrato una sorta di senzienza se inseriti in un mondo virtuale. Questo è quanto dimostrato dalla Cortical Labs e dal suo team sulla rivista scientifica Neuron. Quanto appreso potrebbe essere un grande passo per la scienza per scoprire come creare una “intelligenza biologica sintetica“, come definito dallo stesso team. Per dimostrare la loro scoperta gli scienziati hanno utilizzato nientemeno che… pong!

Un sistema operativo intelligente

Sembra un episodio tratto da qualche film sulla fantascienza ma è tutto reale. Un gruppo di scienziati ha scoperto come inserire dei neuroni all’interno di un mondo digitale. Le reti neurali in provetta, sono umane e di roditori. Queste sono state utilizzate per creare dei “DishBrain“, dei sistemi che sfruttano il calcolo adattivo dei neuroni all’interno di un ambiente strutturato.

In particolare, l’ambiente all’interno del quale è stato condotto l’esperimento è stato tratto dal celebre videogioco arcade anni ’70 Pong. Nelle simulazioni mostrate, i neuroni cercavano di colpire la pallina digitale, imparando di volta in volta come spostarsi all’interno del mondo. Ogni volta che riuscivano a colpire la pallina, poi, gli scienziati hanno rilevato un incremento degli impulsi, che si facevano sempre più intensi in base alla buona riuscita dell’azione o meno.

Una grande scoperta per la scienza

Dall’esperimento gli scienziati hanno scoperto che queste cellule possono modificare e adattare il proprio comportamento in base alla situazione che gli si pone davanti: mostrano di essere senzienti. Brett Kegan, ricercatrice del team, ha detto:

“Questo è l’inizio di una nuova frontiera nella comprensione dell’intelligenza. Tocca gli aspetti fondamentali non solo di cosa significhi essere umani, ma anche di cosa significhi essere vivi e intelligenti per elaborare informazioni ed essere senzienti in un mondo dinamico in continua evoluzione”.

Gli scienziati credono inoltre che, tra le sue diverse applicazioni, questa scoperta potrebbe anche essere utile per studiare alcune malattie come l’epilessia e la demenza o sull’effetto che farmaci, alcol e droghe hanno sul nostro cervello.

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Gianmichele Trotta

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