La mummia di Xin Zhui (Wikimedia Commons @Huangdan2060)
Una delle pratiche più note dell’antica civiltà egizia è senza dubbio quella di imbalsamare i cadaveri. Si tratta di una vera e propria arte tale da restituire, dopo ben 3.000 anni, delle mummie straordinariamente conservate. Nel City Museum di Leeds è conservato un famoso esempio di questa usanza, mediante cui gli Egizi credevano di preservare l’anima del defunto nell’aldilà.
La mummia qui conservata è quella di Nesyamun, un sacerdote che, come riportano “la Repubblica” e “Focus“, è deceduto intorno ai 55 anni, probabilmente a causa di una puntura di insetto sulla lingua, che ha causato una reazione allergica. E di recente, degli scienziati hanno scoperto che questa salma ha una particolare caratteristica, la quale ha consentito di “ricostruire” la voce del defunto…
Nel 2016, il ricercatore di linguistica e fonetica David Howard decise di compiere una TAC al defunto Nesyamun. L’analisi dei risultati ha rivelato un dettaglio sorprendente: l’apparato vocale era pressoché intatto. La mummia di Leeds, infatti, è considerata una delle meglio preservate di tutto il Regno Unito, a conferma del certosino e arduo lavoro portato avanti dagli imbalsamatori più di 3.000 anni fa.
Dei ricercatori dell’Università di Londra, capeggiati da David Howard e John Schofield, hanno quindi colto quest’opportunità per ricostruire e stampare in 3D l’intera laringe del defunto. Alcuni parti interne delle bocca, come la lingua e il palato molle, non erano riuscite a superare la prova del tempo, costringendo gli scienziati a sopperire a queste lacune mediante l’utilizzo di particolari software.
Una volta realizzata la copia in 3D dell’intero apparato, i ricercatori l’hanno collegata a un altoparlante, a sua volta connesso a un computer, da cui si è riusciti a produrre un’onda sonora. Purtroppo, data la mancanza di alcune parti del corpo e la scarsa conoscenza della fonetica del tempo, si è riusciti a registrare solamente una vocale; di seguito potete ascoltare quanto ottenuto dalle ricerche.
In ogni caso, si tratta di un lavoro decisamente degno di nota e notevole, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Nonostante il risultato non sia particolarmente consistente, è comunque molto affascinante riuscire a riportare in “vita” la voce di un uomo deceduto oltre 3.000 anni fa…
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