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Riscaldamento globale: l’aumento delle temperature rimpicciolisce il cervello?

di Lorenzo Peratoner

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Secondo uno studio pubblicato su Karger e condotto dallo scienziato cognitivo Jeff Morgan Stibel del Museo di Storia Naturale della California, i cambiamenti climatici hanno un’influenza sulla dimensione del cervello umano. Scopriamo come il riscaldamento globale potrebbe impattare da questo punto di vista, secondo quanto riportato da ScienceAlert.

I dati di ricerca

In risposta ai cambiamenti dell’ambiente e delle abitudini umane, il nostro organismo, per adattarsi, continua a evolversi; tali variazioni si possono verificare anche nell’arco di relativamente poco tempo, se comparato con i tempi pachidermici che, nel giro di centinaia di migliaia di anni, ci hanno permesso di raggiungere l’attuale stadio evolutivo:

“Il cervello umano continua ad evolversi […] abbiamo trovato tendenze macroevolutive nelle dimensioni del cervello che si sono verificate in appena 5-17 mila anni”. (SkyTG24)

Da qui l’esigenza di studiare i cambiamenti del nostro cervello in relazione alla temperatura del Pianeta, considerando come il riscaldamento globale stia causando un’impennata della temperatura media della Terra. Stibel, quindi, ha analizzato la dimensione del cranio di 298 esemplari homo nell’arco di 50mila anni, relazionandola alle variazioni più significative di temperatura, umidità e pioggia. Le informazioni sulla dimensione le ha ricavate con dati di seconda mano, provenienti da dieci diverse pubblicazioni, per un totale di 373 misurazioni; Stibel, inoltre, ha stimato il peso dei corpi da cui sono stati misurati i crani, in relazione alla regione geografica di provenienza e al sesso.

 

Dalla glaciazione al riscaldamento globale: l’evoluzione del cervello

Prendendo in considerazione gli ultimi 50mila anni, la Terra è passata da un periodo di glaciazione (conclusosi circa 11 mila anni fa) alla fase dell’Olocene, quella in cui stiamo attualmente vivendo, in cui le temperature si sono progressivamente alzate. In questo arco temporale, pertanto, ci sono stati sufficienti cambiamenti da mostrare una correlazione con la variazione di grandezza del cervello. Secondo lo studio, quindi, se le temperature sono più basse, il cervello è più grande; al contrario, se sono alte, si registra una tendenza verso la diminuzione. In quest’ultimo caso, infatti, si stima un rimpicciolimento di circa il 10,7% lungo l’Olocene, rispetto al periodo di maggiore glaciazione.

“I cambiamenti delle dimensioni del cervello sembrano avvenire migliaia di anni dopo i cambiamenti climatici, e questo è particolarmente pronunciato dopo l’ultimo massimo glaciale, circa 17.000 anni”.

Così si afferma nel paper, sostenendo quindi che le macroevoluzioni dell’organismo si verificano e si assestano nell’arco di numerose generazioni. É opportuno sottolineare, tuttavia, che correlazione non significa necessariamente causazione; la temperatura è infatti solo uno dei potenziali fattori che intervengono indirettamente sul nostro telencefalo. In quel lungo arco di tempo preso in considerazione ci sono stati anche notevoli sviluppi tecnologici, cambiamenti comportamentali, culturali e dei generi di vita. Lo stesso Stibel, infatti, lascia la sua ricerca molto aperta:

“Sarà necessario più lavoro per determinare se l’impatto del cambiamento climatico sulla fisiologia dell’Homo sia il risultato specifico dei cambiamenti di temperatura o un effetto indiretto di altri elementi di un ambiente che cambia”.

In ogni caso, questo paper rappresenta una continuazione di un filone di studi cui Stibel contribuisce già da diversi anni, e in futuro sarà interessante analizzare i suoi sviluppi e se e quanto la temperatura abbia una tale influenza sul nostro cervello. Ancora aperta, inoltre, una pagina fondamentale per una ricerca di questo genere: quali solo le conseguenze più dirette di una riduzione del cervello?

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