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Attualità

Riforma costituzionale: il Primo Ministro verrà eletto direttamente dal popolo?

di Lorenzo Peratoner

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2) Riforma del sistema elettorale e la garanzia di continuità

L’altro elemento di maggiore rilievo concerne la possibilità di caduta del Governo in carica; attualmente, infatti, una volta che un Esecutivo viene sfiduciato, il Presidente della Repubblica avvia delle consultazioni con tutte le forze parlamentari, alla ricerca di una nuova maggioranza che possa esprimere il nome di un nuovo Primo ministro. Nel corso di una Legislatura, pertanto, è normale che possa cambiare la compagine politica al potere; la XVIII Legislatura, iniziata il 23 marzo 2018, aveva visto inizialmente il Governo appoggiato dall’alleanza LegaMovimento 5 Stelle, passando per altri esecutivi fino al Governo di “unità nazionale“, presieduto dalle più importanti forze politiche.

Il disegno di legge vuole andare a contrastare questo fenomeno, spesso criticato perché “trasformista”, nella maniera in cui, in caso di sfiducia al Governo, il Presidente della Repubblica debba nominare una figura facente parte unicamente della maggioranza vincitrice alle elezioni, “al fine di proseguire nell’attuazione del medesimo programma di Governo“. Nel caso in cui anche questa seconda figura cessi il suo mandato, allora le Camere devono essere sciolte, così da procedere con nuove elezioni politiche.

Per quanto riguarda la legge elettorale, il CdM non ha proposto una legge completa, ma un punto cardine da rispettare:

“affida alla legge la determinazione di un sistema elettorale delle Camere che, attraverso un premio assegnato su base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, in modo da assicurare la governabilità”.

In sintesi, la forza politica collegata al Presidente del Consiglio eletto dal popolo riceverebbe automaticamente il 55% dei seggi; si tratta, sulla carta, di un premio di maggioranza molto consistente.

 

3) Eliminazione dei senatori a vita

L’ultimo punto da trattare concerne l’abolizione della figura del senatore a vita; attualmente, infatti, il Presidente della Repubblica può nominare un massimo di cinque senatori a vita, considerando altresì che gli ex Presidenti della Repubblica ricevono automaticamente questo ruolo. Il disegno di legge, quindi, andrebbe ad abolire questa figura, con le uniche eccezioni rappresentate dagli ex Capi di Stato e dagli attuali senatori a vita, che possono rimanere tali fino al termine del mandato.

Il disegno di legge, che il Consiglio di Ministri non ha ancora pubblicato integralmente, verrà trasmesso alle Camere per la sua discussione; l’approvazione o rifiuto della riforma è tuttavia una strada ancora in salita.

Fonti: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Pagella Politica

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