Negli ultimi giorni è stato ultimato il testo relativo alla Direttiva Europea per contrastare la violenza di genere. Emerge però una grande controversia: non è stato approvato l’articolo 5, il quale definiva lo stupro come “rapporto sessuale senza consenso“. Questa decisione evidenzia la crepa tra due diversi pensieri concernenti il concetto di “stupro” nei vari paesi europei.
La Direttiva Europea mirata a rendere univoca la definizione di reato di stupro nel vecchio continente è stata presentata nella sua interezza, ma non nella forma che molti paesi si sarebbero auspicati.
Le tensioni riguardano soprattutto il capitolo 5, non approvato, che definiva lo stupro come “sesso senza consenso”, sulla base del modello spagnolo “solo sí es sí“. Come riportato da La Repubblica, questa visione è sostenuta da 13 paesi europei, tra i quali Spagna, Belgio, Italia, Lussemburgo e Svezia, mentre incontra lo scetticismo di nazioni come la Francia e la Polonia, che sostengono che siano le vittime a dover dimostrare l’uso della forza o della minaccia.
Attualmente, infatti, in molte nazioni europee lo stupro è punito solamente nel caso in cui venga dimostrato che ci sia stata una violenza, una coercizione o una minaccia. Non basta quindi che l’atto sessuale sia avvenuto senza consenso. La questione è che nel 70% dei casi le vittime si trovano in una condizione di shock e non riescono a reagire, rimanendo così “paralizzate”.
Altre voci si sono alzate anche in seguito all’eliminazione della definizione di “molestie sessuali nel mondo del lavoro” presente all’articolo 4 della Direttiva. A questo proposito, sono stati i sindacati Cgil, Cisl e Uil a dire no all’eliminazione delle norme sullo stupro nei luoghi di lavoro.
Le relatrici italiane si erano spese molto attivamente affinché la nuova definizione di stupro venisse approvata. Avevano infatti indirizzato alla premier Meloni una lettera su iniziativa di Laura Boldrini, nel tentativo di stimolare una riflessione più ampia sul tema.
Pina Picierno, relatrice italiana del provvedimento nonché membro del Parlamento Europeo, parla di un'”occasione storica sprecata“. Proprio lei si era rivolta negli scorsi giorni a Meloni, chiedendole di riflettere sulla natura dello stupro, sulle molestie nei luoghi di lavoro e sulla cyberviolenza. Picierno evidenzia come questa Direttiva rappresenti la “vittoria di interessi nazionali che affondano nelle radici in una cultura reazionaria“, spiegando come i negoziati siano durati poco meno di 2 ore.
In questo clima, le organizzazioni per i diritti delle donne non hanno tardato a mobilitarsi, lanciando una petizione su change.org da parte di Differenza Donna. La petizione in pochi giorni ha già raggiunto 80mila firme, e sembra che queste siano destinate ad aumentare.
La votazione definitiva per la Direttiva avverrà nel mese di aprile, e, come riporta la direttrice dell’Istat Linda Laura Sabbadini, “Le donne devono far sentire la loro voce. (…) Non molliamo. Perché indietro non si deve tornare“.
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