Gaming

Puntare solo sulla grafica nei videogiochi (perdendo altro) vale davvero il prezzo del biglietto?

L’industria dei videogiochi come tutti i mercati ha il bisogno (e il dovere) di creare profitti e rispettare le previsioni di bilancio, soprattutto quando si tratta di grandi aziende con numerosi azionisti. Per tale ragione spesso diverse software house cercano di seguire la moda del momento all’interno del mercato videoludico finendo però per proporre prodotti che si somigliano. Negli ultimi anni uno dei generi che più sono andati di moda sono i battle-royale sul modello del boom che ha avuto Fortnite e anche gli open-world GDR, che però spesso finivano per avere solo un accenno di meccaniche da gioco di ruolo.

Un altro tema che è diventato sempre più “fondamentale” per una certa fetta di pubblico e che quasi tiene in scacco le software house è quello della grafica. Esiste una tendenza sempre più marcata a giudicare un titolo da aspetti tecnici come il framerate e gli standard risolutivi a 4K. Non a caso recentemente in gran parte dei prodotti “tripla A” sono presenti una modalità prestazioni e una modalità grafica. Questa è stata una introduzione molto apprezzata dal pubblico perché consente di optare per una delle due scelte in base alle preferenze di ciascuno e alla natura del gioco. Viene però da chiedersi: è sempre necessario avere la grafica il più realistica possibile per divertirsi e fare un prodotto che possa piacere al pubblico? La sceneggiatura secondo noi non dovrebbe mai essere messa da parte solo in cambio di aspetti tecnici super pompati.

Quanto è importante la grafica per rendere davvero immersivi e godibili i videogiochi?

Alcune storiche saghe di videogiochi come ad esempio Assassin’s Creed nei loro ultimi capitoli sono andati alla ricerca di novità rispetto ai canoni classici del brand. Gli ultimi capitoli della serie di Ubisoft sono infatti incentrati su uno stile di combattimento e di free-roaming della mappa di gioco totalmente differenti. Con Origins, Odyssey e Valhalla la saga si è spostata su dei binari open-world con un mondo davvero gigantesco e una storia che richiede moltissime ore al giocatore (con l’ultimo capitolo in terra norrena possono essere necessarie anche più di 60 ore per finire la trama principale).

Nonostante ciò si tratta comunque di giochi divertenti e apprezzabili che sicuramente non sono sconsigliabili e infatti sono tutti tra i più venduti del franchise. Rimane però un po’ il senso di storia annacquata tra molte secondarie ripetitive e una mappa di gioco enorme ma poco sorprendente o veramente interessante. Molti fan di vecchia data inoltre sono rimasti un po’ delusi dal cambio di rotta e ora per accontentarli è stato rilasciato AC Mirage che in alcuni aspetti rispecchia un sorta di “ritorno alle origini”.

Un altro esempio che è stato vittima di enormi critiche è quello relativo a Cyberpunk 2077. L’opera di CD Projekt Red è stata la protagonista di un pessimo lancio soprattutto sulle console di nuova generazione. Il lavoro svolto dalla software house polacca con questo prodotto è stato eccellente sia in termini di trama, missioni, shooting che soprattutto di qualità grafica. È stata proprio questa enorme qualità che rendeva il gioco godibile sulle console di nuova generazione e estremamente lacunoso su quelle vecchie. Col tempo e con una miriade di patch, Cyberpunk 2077 si è ripreso e ora è apprezzato anche dalla maggior parte degli utenti nelle loro recensioni.

Nintendo insegna che la grafica non è l’unica cosa importante: Zelda fa scuola

Dopo aver visto due casi di giochi che sono stati soggetti a critiche per cercare di rientrare in parametri aziendali perseguiti solamente per obiettivi economici, è giusto fare un esempio opposto. A maggio è uscito Tears of the Kingdom che è un ottimo esponente della serie di Zelda, uno dei brand di videogiochi più apprezzati. Per i possessori di una Nintendo Switch questo gioco è altamente consigliato, anche se andrebbe giocato dopo Breath of the Wild in quanto ne è un sequel diretto.

Zelda TotK non possiede una grafica mozzafiato (anche per i limiti dell’hardware Switch), talvolta soffre un po’ di stuttering e di quell’effetto pop-up degli oggetti dell’ambiente circostante. Non va nemmeno alla ricerca di una mappa estremamente grande, sebbene sia comunque grandicella.

Quest’ultimo capitolo della saga giapponese però, unito al predecessore, riesce a catturare i giocatori perfettamente grazie al suo gameplay curato e che mette sempre alla prova. Nintendo ha dimostrato che non è sempre necessario creare dei prodotti che seguano solo le mode per far felice il pubblico. Con TotK ha dimostrato anche che si possono sviluppare videogiochi senza una grafica “realistica” ma riuscire comunque a conquistare il proprio pubblico col gameplay e una storia che sa tenere incollati allo schermo i giocatori (meglio non dilungarsi per evitare spoiler).

Voi cosa ne pensate? La grafica al giorno d’oggi è davvero così necessaria? Oppure vi bastano anche un gameplay e una trama senza sbavature per divertirvi? Per rimanere sempre aggiornati sulle news provenienti da tutto il mondo del gaming, continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Respawna e sulla nostra pagina Instagram!

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Federico De Milano

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