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Premier League, il “Modello Tatcher” e gli hooligans

di Alessandro Colepio

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La Premier League è il campionato più bello del mondo ormai da qualche anno a questa parte. L’Inghilterra rappresenta un’avanguardia mondiale sotto il profilo degli stadi, dei settori giovanili e della gestione finanziaria del campionato; tutti fattori che poi si traducono in una maggiore disponibilità economica per i club e, di conseguenza, la possibilità di acquistare i migliori giocatori del mondo.

Il calcio inglese sta assumendo una dimensione globalista. A testimoniarlo ci sono direttamente le Big 6 del campionato, che schierano decisamente meno giocatori inglesi rispetto a qualche anno fa. In un certo senso la Premier League sta diventando l’NBA del calcio e con tutta probabilità sarà il riferimento assoluto per questo sport nel prossimo futuro.

Per capire l’evoluzione del calcio inglese bisogna però fare un passo indietro fino alla fine degli anni ’70. Siamo nel bel mezzo delle rivolte dei sindacati e della corrente separatista che percorre l’Irlanda del Nord. La polizia di sua maestà reprime i rivoltosi a suon di manganello. La tensione sociale è alimentata dalla forte recessione economica e dall’impennata della disoccupazione. È questo il clima che nel 1979 accoglie la nuova Premier Margaret Tatcher.

La lotta agli hooligans in Premier League

Margaret Tatcher diventa Capo del Governo come esponente di spicco dei Tories (il Partito conservatore inglese) e inizia subito un’analisi approfondita del problema degli hooligans, i gruppi di tifosi organizzati che nei decenni precedenti si erano resi protagonisti di violenze sistematiche sia dentro che fuori gli stadi. La cultura hooligan si intreccia con altri movimenti sociali underground dell’epoca, come ad esempio gli skinhead dell’estrema destra britannica.

Già prima del governo Tatcher c’era stato qualche report sullo stato di salute del calcio inglese e sulla questione hooligans: problemi volutamente ignorati dai precedenti Premier, con l’unica conseguenza di aver peggiorato ancora di più la situazione. La Tatcher, che di calcio capisce poco e in politica ha sempre avuto un approccio più o meno drastico, decide che gli hooligans rappresentano un pericolo all’ordine pubblico e inizia a stilare un piano per mettere fine a questi movimenti.

Il punto di svolta decisivo è il 1985, anno che si contraddistingue per tre eventi tragici che sconvolgono in calcio inglese. Prima gli scontri di Kenilworth Road fra gli hooligans del Luton Town e quelli del Millwall, poi il rogo di Bradford e infine la strage dell’Heysel in occasione della finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool. La dimensione globale assunta da quest’ultima tragedia apre gli occhi al mondo sulle problematiche del tifo organizzato inglese e forza la mano alla UEFA: 5 anni di esclusione dalle coppe europee per i club di Premier League.

 

Tifosi ad Anfield (@Shutterstock)

La repressione: il “Modello Tatcher” 

La Tatcher si trova quindi una situazione perfetta per poter mettere in pratica la sua linea politica repressiva. Il suo progetto si basa su sei punti precisi: telecamere a circuito chiuso negli stadi, maggiore potere alla polizia, vietare l’alcol nelle strutture sportive, migliorare le barriere fra i settori, impedire la vendita di biglietti nel giorno della partita e infine l’introduzione di documenti identificativi.

Inizia una militarizzazione massiccia degli stadi: gli hooligans vengono collocati in curve recintate per impedire scontri e violenze. Le forze dell’ordine ottengono un potere di perquisizione pressocché illimitato all’ingresso e i club vengono incoraggiati ad implementare un sistema di schedatura dei supporters (simile all’attuale tessera del tifoso) per identificare e punire chiunque si fosse reso responsabile di crimini all’interno dello stadio. Quest’ultimo provvedimento viene integrato dal Public Order Act, che inserisce nell’ordinamento britannico una specie di Daspo di almeno tre mesi.

Questa serie di leggi e regole volte alla repressione forzata degli hooligans ha preso successivamente il nome di “Modello Tatcher” e ancora oggi sono in molti a pensare che sia stata una manna dal cielo per il calcio nel Regno Unito. In realtà, pur contribuendo alla scomparsa del tifo all’inglese, gli effetti di questi provvedimenti hanno rischiato di uccidere la Premier League e gli altri campionati.

Controversie sul Modello Tatcher e la rinascita della Premier League

Nonostante il fascino del “Modello Tatcher”, la realtà dei fatti ha rivelato conseguenze ben diverse da quelle che si aspettava l’ex Primo Ministro.

Le politiche di controllo non hanno colpito solo i violenti, ma anche e soprattutto i normali tifosi che hanno pian piano perso la voglia di andare allo stadio. Il limite della Tatcher è stato principalmente quello di incolpare solo gli hooligans senza interrogarsi anche sulle altre problematiche del sistema calcistico.

Il secondo punto di svolta arriva nel 1989, quando a Sheffield si consuma la strage di Hillsborough che porta alla morte di 97 tifosi. Il Segretario di Stato nomina allora un giudice, Peter Taylor, come redattore di un report a 360° sui problemi del football. L’analisi che viene fuori dal Taylor Report tocca tantissimi aspetti, quali ad esempio una diversa gestione dell’alcol e la necessità di costruire strutture più moderne. Anche i giocatori e i presidenti, secondo Taylor, non si erano mai interessati al comportamento dei propri tifosi.

Persino i giornalisti non vengono risparmiati: la colpa della stampa è quella di non aver mai narrato oggettivamente i fatti ma di aver creato una narrazione anti-hooligans che nel lungo periodo ha rovinato l’immagine del calcio inglese. I report di Taylor segnano il punto di partenza per la rinascita del sistema, che con politiche oculate e precise riesce a mettersi alle spalle il periodo delle stragi e contemporaneamente si avvia sulla strada che lo porterà a diventare il campionato migliore del mondo.

 

Premier League (@Shutterstock)

 

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