Si sa, il franchise dei Pokémon è uno dei più importanti e remunerativi al mondo e la grande varietà di prodotti ha permesso a The Pokémon Company di diventare una delle società più importanti nel mondo dell’intrattenimento.
Proprio questa varietà ha portato i videogiochi della serie a essere un mero pretesto per la realizzazione di altri tipi di oggetti, che siano carte, peluche o, banalmente, l’anime. Questo potrebbe costituire un grande problema per gli amanti della serie, visto che negli ultimi anni la qualità dei videogiochi è calata di capitolo in capitolo, fino a toccare un profondo baratro con Pokémon Scarlatto e Violetto. I dati di vendita riflettono tuttavia un’altra situazione. Come stanno dunque i videogiochi Pokémon? Come può continuare a proseguire la serie senza un miglioramento della qualità?
Nel 2012 la quinta generazione si concludeva con Pokémon Nero e Bianco 2, regalandoci un secondo e ultimo viaggio nella regione di Unima. Le speranze per il futuro erano sicuramente alte; la quinta generazione aveva infatti dato una nuova freschezza alla saga, una trama molto più solida e matura unita a una qualità eccellente e una grande attenzione ai dettagli. Il cosiddetto soft-reboot della serie pareva aver funzionato… o forse no.
I dati di vendita dei giochi di quinta generazione ci mostrano una versione ben diversa delle cose, con numeri che di certo non hanno fatto piacere a The Pokémon Company: parliamo di circa 15,64 milioni di copie vendute per la prima coppia di giochi e di 8,25 milioni per la seconda coppia, con un totale di circa 23,89 milioni di copie vendute.
Considerando che i titoli precedenti, Pokémon Diamante e Perla, hanno venduto di più (25,36 milioni di copie includendo anche Pokémon Platino) con il Nintendo DS alle prime fasi del suo ciclo vitale e con tre soli giochi (una coppia più il famoso “terzo titolo”), per l’azienda di certo non è stato un buon risultato, tutt’altro.
La situazione della quinta generazione ha dunque portato un brusco cambio di rotta rispetto, probabilmente, alle intenzioni originali, portando Game Freak e il team di sviluppo verso quella che è stata la sesta generazione, Pokémon X & Y.
Usciti per 3DS il 12 ottobre del 2013 in contemporanea in tutto il mondo (prima volta per la saga), Pokèmon X & Y hanno venduto, ad oggi, circa 16,78 milioni di copie, di cui 4 milioni in soli due giorni, dando respiro al franchise e a The Pokémon Company.
I giochi portano con loro l’arrivo della meccanica che caratterizzerà i giochi d’ora in avanti, ovvero l’introduzione di una diversa abilità per generazione, che va a modificare lo svolgimento delle battaglie; in questo caso, la Megaevoluzione, sicuramente la più apprezzata tra tutte ancora oggi, che introduce delle nuove forme ad alcuni specifici Pokémon, rendendoli ancora più potenti.
Sebbene le vendite siano state ottime, non c’è dubbio che la natura stessa del titolo lascia qualche perplessità, soprattutto nei fan di lunga data. A partire dalla veste grafica, che abbandona il 2D con visuale dall’alto in favore di un 3D a camera fissa (soluzione già sperimentata in parte durante l’era della quinta generazione, ma qui dalla qualità discutibile) fino alla difficoltà generale, nettamente inferiore rispetto ai capitoli precedenti, e a una trama tornata semplice, ma in questo caso anche poco curata e mal sfruttata. Insomma, giochi non pessimi, anzi, sicuramente adatti ai più giovani, ma piuttosto deludenti per i veterani (quantomeno adesso); eppure, i dati di vendita riflettono una grande accoglienza per questi giochi e, in un mondo in cui i numeri la fanno da padrone, il corso della serie di Pokémon era già scritto verso la via più sicura e semplice: minimo sforzo, massima resa.
Dopo la parentesi dei remake di terza generazione, Pokémon Rubino Omega e Zaffiro Alpha (titoli che personalmente ho trovato molto godibili), la settima generazione è arrivata nelle mani dei giocatori nel novembre 2016, in occasione del 20° anniversario della serie. Pokémon Sole e Luna hanno introdotto una novità molto importante, ovvero la sostituzione delle palestre in favore del “Giro delle Isole” e le relative “prove”, che si diversificano rispetto alle classiche battaglie. Solo l’inizio dunque di quello che avverrà in futuro, con la formula delle “prove” abbinata a quella delle tradizionali palestre.
Sebbene le intenzioni fossero buone, i giochi non brillano per particolari guizzi nel gameplay, né tantomeno per la trama, che risulta piuttosto scialba e che brucia delle ottime possibilità. A peggiorare ancora di più la situazione ci pensa poi la “terza versione” della settima generazione, per la prima e ultima volta in coppia, ovvero Pokémon Ultrasole e Ultraluna. I titoli introducono dei cambiamenti abbastanza lievi, spostando il focus su Necrozma e dando la possibilità di “esplorare” l’Ultramegalopoli, che si rivela essere in un corridoio poverissimo di contenuti. Tuttavia, l’episodio del Team Rainbow Rocket, dove sono presenti tutti gli antagonisti dei giochi precedenti, da Giovanni a Elisio, è senza dubbio apprezzabile.
Le vendite sono di nuovo soddisfacenti, parliamo di circa 25,60 milioni di copie sommando i quattro giochi. Ancora una volta però la qualità sembra essersi abbassata ulteriormente, traducendosi in un “compitino” portato a casa senza particolare fatica. L’era del 3DS si conclude così, lasciando un po’ di amaro in bocca, ma al contempo alte aspettative per il passaggio su Nintendo Switch.
L’arrivo della serie sulla nuova console Nintendo avviene il 16 novembre 2018 con Pokémon: Let’s Go, Pikachu e Pokémon: Let’s Go, Eevee!, coppia di giochi che consistono, stando alle parole di Jun’ichi Masuda, in “un remake di Pokémon Giallo“.
La particolarità dei titoli consiste nell’introduzione di un diverso sistema per quanto riguarda gli scontri con i Pokémon selvatici: questi, visibili nell’overworld, non potranno essere sfidati per indebolirli come sempre, ma potranno essere catturati mediante il sistema ripreso da Pokémon Go.
Le intenzioni sono chiare: riproporre nuovamente la prima generazione in una versione accessibile per i nuovi giocatori, soprattutto per quelli che si sono avvicinati al brand con la popolarissima applicazione, dando così il ruolo ai suddetti giochi di nuovo “access point” per la serie. La mossa è stata indubbiamente azzeccata e la qualità dei titoli, sebbene rimanga la semplicità della prima generazione, è ottima, con una particolare cura come non si vedeva da tempo. Di sicuro un buon inizio, ma i fan di lunga data erano impazienti di avere tra le mani l’ottava generazione, la prima su Nintendo Switch.
Pokémon Spada e Scudo non sono solamente le “texture degli alberi in bassa risoluzione”, ma l’inizio della transizione verso il tanto atteso open-world; vero, i giochi non brillano per particolari innovazioni, e le porzioni di mappa “aperta” non hanno di certo fatto centro, risultando spoglie e prive di interessanti dinamiche legate al gameplay. La struttura rimane piuttosto classica, con una telecamera che non si può muovere a proprio piacimento (se non nelle Terre Selvagge), il ritorno delle palestre, come detto prima abbinate alle prove, e una trama che non spicca per profondità e che viene ancor più rovinata nel post-game con un gameplay assurdamente ripetitivo e personaggi mal caratterizzati.
Pokémon Spada e Scudo sono i primi titoli della serie che hanno ricevuto dei DLC: per la precisione, si parla de L’isola solitaria dell’armatura e Le terre innevate della corona. Se il primo non ha contenuti particolarmente interessanti, il secondo si è rivelato essere abbastanza convincente, con una semplice ma buona trama e con delle prove che hanno portato a svelare (e a catturare) le nuove forme regionali degli uccelli leggendari, Moltres, Zapdos e Articuno.
I giochi sono di nuovo un successo, 26,72 milioni di copie, ma appare evidente la lentezza di Game Freak nel raggiungere obiettivi tecnici ampiamente già sdoganati da diversi esponenti del genere. Come per il raggiungimento del 3D in X & Y, anche qui ci troviamo davanti a delle decisioni tardive: per arrivare ad avere un gioco open-world (se proprio è necessario) c’è davvero bisogno di così tanti piccoli passi? Forse, in origine, questo poteva essere un modo per sperimentare e capire dove aggiustare il tiro; a posteriori possiamo invece affermare che le lacune tecniche ampiamente visibili nelle Terre Selvagge erano solo un presagio, un’anticipazione, di quello che sarebbe venuto dopo.
Il 26 febbraio 2021 vengono annunciati i tanto attesi remake di quarta generazione: Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente. I titoli diventano immediatamente storici, in quanto sono i primi giochi main-line a non essere sviluppati da Game Freak, bensì, in questo caso, da ILCA. Partendo dal presupposto che i remake dei giochi Pokémon hanno sempre portato qualche aggiunta o novità, questi ultimi deludono sotto questo punto di vista, dato che si trattano di copie precise delle originali interazioni (senza tutte le aggiunte e migliorie di Pokémon Platino) con una grafica “chibi”. I titoli si portano dietro tutti i limiti e i problemi degli originali, anche se c’è stato un tentativo di svecchiare qualche meccanica (come quella legata alle MN). L’unica aggiunta degna di nota è stata quella dei “Grandi Sotterranei“, meccanica già presente negli originali, ma ampliata e resa un poco più profonda.
Diamante Lucente e Perla Splendente lasciano il dubbio se valga o meno la pena giocarli e preferirli alle loro controparti del 2006/2009, ma il loro principale ruolo è stato quello di preparare il terreno per il gioco successivo, che avrebbe cambiato profondamente l’intero sistema di Pokémon.
Il Pokémon Presents del febbraio 2021 ha portato l’annuncio di un altro gioco, lasciando stupiti i fan che finalmente avevano ottenuto qualcosa di nuovo, qualcosa che poteva rinnovare la formula dei giochi. Pokémon: Leggende Arceus si è effettivamente rivelato essere un grosso cambiamento, un nuovo approccio alla saga, con numerose meccaniche inedite (ma non del tutto nuove nel panorama JRPG).
Partiamo dall’impostazione di base: se in Spada e Scudo avevamo a disposizione alcune zone aperte, qui lo schema riprende quello delle Terre Selvagge e lo amplia, andando a creare un gioco open map, con naturalmente una sua hub centrale individuata nella primordiale città di Giubilopoli (denominata Villaggio Giubilo). All’interno delle mappe, l’esplorazione è più o meno libera e viene gradualmente ampliata grazie all’ottenimento delle cavalcature, ovvero speciali Pokémon che permettono al giocatore di saltare, arrampicarsi, nuotare, cercare sottoterra e volare.
Le catture diventano libere e manuali: non si tratta più di premere un tasto per lanciare la Pokéball, ma di un’azione controllata in tutto e per tutto dal giocatore, dalla scelta della sfera giusta fino al lancio della stessa, con anche la possibilità di influenzare l’ambiente per aumentare le probabilità di cattura. Questa è stata una meccanica molto apprezzata, ma che dall’altra parte della medaglia rivela un gameplay-loop che alla lunga potrebbe stancare.
Anche il sistema dei combattimenti è stato modificato: al di là delle sfide con i Pokémon Regali, che si concentrano più sulla schivata e sul lancio delle Sferezen, i combattimenti più classici mostrano una nuova suddivisione dei turni, basata sulla Velocità e altri fattori, che permettono di impostare la battaglia in maniera diversa e più ragionata; lo stesso sistema si è già visto in altri giochi del genere, come ad esempio Octopath Traveler I e II.
Senza scendere troppo nei dettagli, possiamo affermare che Leggende si è rivelato essere una ventata di aria fresca per la serie, con anche una trama più strutturata. I problemi tecnici però rimangono, da una grafica terribile a un level design troppo basico. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un esperimento, un altro passo verso la direzione open-world: se da una parte il gioco stupisce, dall’altra rivela ancor di più le fragilità tecniche di Game Freak, che si riveleranno fatali per il futuro.
Pokemon Scarlatto e Violetto sono, senza alcun dubbio, i peggiori giochi Pokémon di sempre (per ora). Non è tanto la (terribile) grafica il problema, quanto piuttosto il lato tecnico in generale: un gioco rotto, pieno di bug e glitch che rovinano l’esperienza. Aggiungiamoci una impostazione di gameplay e di trama debolissime, una difficoltà generale ridicola e un level design non all’altezza ed ecco la ricetta perfetta per un prodotto disastroso. Nemmeno i due DLC riescono a risollevare il titolo, mostrando al contrario ancora di più l’incapacità del team di sviluppo di trovare una soluzione efficace alle loro lacune. Che si tratti della trama, del gameplay o dei fattori tecnici, di Pokémon Scarlatto e Violetto si può salvare ben poco, se non nulla.
Sia chiaro, i giochi hanno indubbiamente intrattenuto molti giocatori, e attualmente sono i secondi più venduti nella storia di Pokémon (26,79 milioni di copie); l’esperienza è però priva di profondità e il divertimento non è di certo facile da trovare. Se dopo Leggende Arceus sembrava esserci speranza per un’esperienza gradualmente migliore, i titoli di nona generazione hanno distrutto tutto quanto, lasciando una situazione critica. Tuttavia, viste le vendite, appare evidente un problema di fondo: ai fan interessa davvero la qualità di un titolo o solo perché è un gioco Pokémon allora il successo è già assicurato? Proprio per questo sembra chiaro che Game Freak non abbia intenzione di migliorarsi e vivere piuttosto della rendita che il logo offre loro.
La speranza è l’ultima a morire e per Pokémon c’è ancora tempo; fin quando la scadente qualità delle opere non intaccherà i risultati commerciali, tutto andrà bene per l’azienda. Qualora questo dovesse venire a mancare però, servirà una riflessione molto profonda e un deciso cambio di rotta verso qualcosa che possa essere soddisfacente e giusto nei confronti degli appassionati e del mondo dei videogiochi in generale. Ammettere le proprie mancanze e cercare di rimediare dovrebbe essere il primo passo verso il raggiungimento della qualità che ci si aspetta e verso dei giochi che possano finalmente brillare e distinguersi nel panorama videoludico. I videogiocatori e gli appassionati non devono più essere costretti ad accontentarsi, ma ricompensati e trattati con il giusto rispetto.
I videogiochi Pokémon hanno bisogno di ricevere amore in primis da chi li crea, veri responsabili del loro declino. Non è più possibile accettare una situazione del genere, dove dei titoli AAA faticano e anzi non raggiungono minimamente gli standard tecnici di produzioni molto più piccole (come ad esempio questa). Le risposte le avremo nel tempo, con un nuovo capitolo della serie Leggende in arrivo e con la vociferata decima generazione. Avremo finalmente qualcosa che valga la pena essere giocato? Se la speranza è ancora viva la risposta è sì, ma il recente passato non lascia molti spiragli di fiducia per vedere qualcosa che possa davvero essere definito un gioco Pokémon.
Articolo di Fabio Di Coscio
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