La tanto attesa nuova serie TV di Apple Tv targata Vince Gilligan si è conclusa, portando con sé qualcosa di profondamente originale. “Pluribus” è uno show diverso da qualsiasi altra serie attuale, distante dalle convenzioni e dalle scorciatoie narrative a cui siamo abituati. Ma di cosa parla?
Ambientata ad Albuquerque, la serie segue la storia della scrittrice Carol Sturka, una delle sole dodici persone immuni a un virus creato in laboratorio a partire da impulsi provenienti da 600 anni luce di distanza, captati da un osservatorio astronomico. Il virus ha infettato l’intera umanità, fondendola in un’unica mente collettiva.
La storia si sviluppa con estrema calma, passo dopo passo. È una distopia che sfiora l’utopia, un racconto tanto assurdo quanto profondamente riflessivo. Come reagiresti se fossi tra i pochissimi a non essere stato assimilato? Se improvvisamente fossi “diverso” in un mondo diventato uniforme?
Gilligan costruisce una minaccia silenziosa, che lavora più sull’apparenza e sulla psicologia che sull’azione. Pluribus osserva la mente umana nel suo mutamento, individuo dopo individuo, di fronte a qualcosa di inconcepibile. È un prodotto che porta chiaramente la sua firma: tempi narrativi misurati, una regia misurata e le musiche cupe di Dave Porter, che spesso contrastano l’immagine, creando una frattura emotiva tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo.
Non è la serie che molti si aspettavano, a meno di conoscere bene il suo autore. Solo Gilligan poteva realizzare un racconto simile: una prima stagione che riflette su come sopravvivere a una mentalità uniforme, senza perdere la propria identità. Non si tratta solo di resistere, ma di scegliere se e come agire per cambiare ciò che non si accetta.
Pluribus rinuncia volutamente a veri colpi di scena e agli stravolgimenti improvvisi. Questa semplicità potrebbe essere scambiata per lentezza, ma in realtà è una tensione costante, costruita attraverso dialoghi densi e significativi, sempre più rari nella serialità contemporanea.
Rhea Seehorn è straordinaria nei panni di Carol: una protagonista diversa fin dal principio, con cui è impossibile non entrare in empatia. La sua diversità si trasforma progressivamente in solitudine, fino a spingerla a guardare “dall’altra parte”, per comprendere davvero ciò che sta accadendo. Ed è inevitabile chiedersi: noi, al suo posto, come avremmo reagito?
Pluribus non ci mostra semplicemente cosa succede: ci fa vivere ciò che succede. Racconta il rifiuto della realtà, la paura del cambiamento, il bisogno umano di appartenenza. In un panorama dominato da remake e reboot, Gilligan firma un’opera originale, particolare e probabilmente solo all’inizio di qualcosa di molto più grande.
Pro
Contro
Pluribus va vista per la sua originalità, per una sceneggiatura solida e coerente e per una regia elegante che accompagna con precisione ogni passaggio della storia. È l’inizio di un percorso narrativo che promette di crescere e approfondirsi nel tempo e, con una seconda stagione già confermata, non resta che attendere per scoprire dove Vince Gilligan vorrà condurci. Continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Streamma per non perdere recensioni e approfondimenti sul mondo del cinema e delle serie TV.
Voto: 8
Articolo di Damiano Longo
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