Soldato Israele idf (@shuttertock)
Sono trascorsi oltre 600 giorni dall’7 ottobre 2023, data che ha segnato una nuova fase del conflitto tra Israele e Hamas. La Striscia di Gaza è ormai sinonimo di bombardamenti incessanti, distruzione e tragedia quotidiana che insanguina la regione. In questo contesto, emerge una realtà inquietante: alcuni tour operator israeliani hanno cominciato a promuovere escursioni nei pressi della frontiera con Gaza, portando turisti a osservare la devastazione da vicino. L’inchiesta di una televisione spagnola e il successivo reportage del programma “È sempre Cartabianca” su Rete 4 hanno documentato questo fenomeno, mostrando come il dolore e le macerie possano trasformarsi in un’attrazione commerciale.
Razzi su Israele (Shutterstock)
Stando a quanto emerso dall’inchiesta, i tour organizzati nei pressi della Striscia di Gaza possono arrivare a costare oltre 800 euro per appena un’ora di visita. Le prenotazioni avvengono tramite note piattaforme online e il percorso più richiesto è quello che conduce i turisti fino al confine tra Israele e Gaza. Da lì, in posizione di relativa sicurezza, è possibile osservare le conseguenze dei bombardamenti: fumo, distruzione e rumori assordanti che fanno da sfondo all’esperienza. Il servizio spagnolo ha mostrato piccoli gruppi accompagnati da guide locali, come se si trattasse di un normale tour culturale. Una delle partecipanti ha dichiarato di essere lì per capire cosa succede davvero ma il confine tra informazione e spettacolarizzazione si fa veramente sottile. Il fenomeno richiama il concetto di dark tourism, ovvero il turismo nei luoghi di tragedia e morte che trasforma la sofferenza umana in prodotto da consumare. Un fenomeno che apre interrogativi profondi sul valore del rispetto e della memoria in tempo di guerra.
Questa forma di “turismo del dolore” non è del tutto nuova nel panorama globale, ma il contesto mediorientale la rende particolarmente delicata. In un’area dove la tragedia è quotidiana e il bilancio delle vittime continua a salire, trasformare i luoghi del conflitto in attrazioni suscita indignazione e polemiche. C’è chi lo giustifica come un modo per “testimoniare la realtà”, ma c’è anche chi lo condanna come una mercificazione disumana della sofferenza. Di fronte a una guerra ancora in corso, dove ogni giorno si aggiungono nuovi nomi alla lista delle vittime, la questione resta: è davvero possibile raccontare la verità senza oltrepassare il limite del rispetto umano?
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Articolo di Biagi Linda
Fonte: TGCOM24
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