di Alessandro Marasco
Dopo i recenti conflitti tra Russia e Ucraina iniziati esattamente un anno fa, non sono state poche le storie che abbiamo sentito, e che in parte ricordavano la trama di famosi e apprezzatissimi film. Ciò che hanno in comune è il trasmetterci quanto la guerra sia un avvenimento orribile e alienante per l’essere umano. Noi di NCS abbiamo pensato di stilare una lista di film che conducono lo spettatore nel vortice di violenza e perdizione che è la guerra. Lo scopo della classifica è anche quello di far riscoprire capolavori del passato, e piccole perle che troppo poco vengono citate. Tuttavia le posizioni non sono stilate in ordine qualitativo.
6.”Salvate il soldato Ryan”
Nel 1998 Steven Spielberg dirige uno dei film più importanti di sempre del genere “war-movie”: “Salvate il soldato Ryan“. Un film entrato di diritto nella storia del cinema non solo per la trama, ma soprattutto per le sequenze registiche mozzafiato, come quella iniziale che ritrae lo sbarco in tutta la sua violenza. Il film ripercorre i giorni dell’approdo degli americani in Normandia nel 1944. Dopo la morte di tre dei quattro fratelli “Ryan“, il Governo americano decide di mandare un gruppo di soldati sopravvissuti allo sbarco a “salvare il soldato Ryan“.
Ed oltre alle eccezionali prove attoriali di tutto il cast, soprattutto Tom Hanks e Matt Damon, il film offre continui dubbi morali. Ad esempio quanto sia giusto mettere a rischio la vita di molti soldati per un solo uomo, il cui unico merito è il lutto per la perdita dei fratelli. La pellicola alterna la speranza al cinismo del conflitto, la scelta tra il vivere o il morire, il dubbio tra uccidere ed essere uccisi e le ripercussioni dell’avere pietà in guerra. L’opera non fa tutto ciò in maniera didascalica o tantomeno buonista, anzi; il tutto risulta essere quasi un sottotitolo della narrazione, che solo i più sensibili possono notare.
“Più uomini uccido più mi sento lontano da casa”.
5.”Jarhead”
Quando si parla di Sam Mendes in relazione ad un “war-movie“, di solito si cita “1917“, che pur essendo un’opera più che valida, forse potrebbe non raggiungere le vette qualitative di un altro film del regista. Ovviamente ci riferiamo a “Jarhead” (2005). Il lungometraggio è un adattamento dell’autobiografia dell’ex marine Anthony Swofford, interpretato da Jake Gyllenhaal, inviato in Kuwait durante la prima guerra del golfo. Il film offre una fotografia molto ispirata, diretta da Roger Deakins, con scene che si imprimono nella mente di chi guarda e difficilmente si dimenticano. Ma ciò che più colpisce della pellicola è la capacità di trasmettere allo spettatore una preparazione al conflitto che, tutto sommato, non avviene; una crescita della tensione fondata su un nulla di fatto.
C’è poca guerra in “Jarhead“, ma ciò che troviamo in abbondanza è la guerra che avviene nella psiche dei soldati, preparati ad un conflitto definito come “il nuovo Vietnam“, ma che poi così non si è rivelato. Infatti, se in moltissimi film di guerra vi è il rimpianto per aver sparato un colpo, qui abbiamo il desiderio di farlo. Il desiderio di sfogare la rabbia e la tensione di macchine da guerra pronte a sentirsi utili. Uomini ormai troppo plagiati dal duro addestramento, troppo pronti al sacrificio per poter concepire l’assenza di un conflitto.
“E tutti i JARHEAD che uccidono e muoiono, saranno sempre come me. Noi siamo ancora nel deserto…”.
4.”Land of Mine”
In guerra esistono davvero i cattivi? O sono i vincitori a scrivere la storia? “Land of mine” è un lungometraggio del 2015, diretto e scritto da Martin Zandvliet che decide di raccontare al mondo uno spaccato della guerra poco trattato nei libri di storia, e poco conosciuto dal grande pubblico. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, un gruppo di soldati tedeschi ormai sconfitti vengono portati in Danimarca per dissotterrare oltre 45000 mine piazzate dall’esercito tedesco su un’unica spiaggia, pensando di fermare un ipotetico sbarco degli americani. Il tutto avviene sotto il controllo di un soldato Danese, a capo dell’operazione.
La caratteristica più interessante del film è la rappresentazione dei soldati tedeschi, i quali vengono definiti non come dei “killer” assetati di sangue, ma solo come dei ragazzi impauriti, che hanno partecipato alla guerra perché non avevano alternativa. Risulta interessante anche il rapporto che si sviluppa tra questi ragazzi e il soldato danese in capo. Un rapporto che oscilla tra l’odio di un soldato verso i suoi nemici, e l’amore di un padre verso i suoi figli. Insomma, il messaggio del film arriva forte e chiaro: a rendere un cattivo tale agli occhi della storia sono solo coloro che la scrivono, poiché non ci sono buoni o cattivi ma semplicemente “uomini“.
“Ragazzini che chiamano la mamma quando sono spaventati, oppure quando saltano in aria”.
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