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Mondiali 2022 – Road to the Final: Svizzera 1954 e il “Miracolo di Berna”

Svizzera, 4 luglio 1954; il mondo si prepara ad assistere alla finalissima della quinta edizione dei Mondiali di calcio. Allo Stade de Suisse di Berna scendono in campo l’Ungheria, all’epoca la Nazionale più forte del mondo, e la Germania Ovest. Sulla carta non c’è storia: i magiari di Puskas sono strafavoriti e molti prospettano una partita a senso unico. Ma non è esattamente così che è andata in campo…

Due squadre per un trofeo: la storia dell’iconico “miracolo”

La Germania, nonostante tutto, è comunque una ottima squadra; Turek fra i pali è una sicurezza e il genio di Fritz Walter illumina il centrocampo tedesco. Gli ungheresi, però, sono un’altra storia; Ferenc Puskas è uno dei migliori giocatori del mondo e nonostante l’età e un problema alla caviglia, rimane il “pericolo pubblico” numero uno per la difesa teutonica. Ad affiancarlo c’è Kocsis, un attaccante dal grande fiuto del gol, mentre sulla destra c’è Czibor pronto a mettere a ferro e fuoco la fascia.

Nel calcio però i valori vanno dimostrati in mezzo al campo e in quel piovoso pomeriggio di luglio, va in scena una delle partite più belle di sempre, passata alla storia come il “Miracolo di Berna“…

La cronaca della finale dei Mondiali del 1954

Gli ungheresi partono fortissimo e dopo otto minuti si trovano in vantaggio di due gol; prima Puskas mette in porta la sfera, finita sui suoi piedi dopo una serie di rimpalli. In seguito è Czibor ad allungare le distanze, approfittando di un pasticcio della difesa tedesca e segnando il due a zero.

I tedeschi non mollano e dopo soli due minuti riaprono la gara grazie ad un gol di Morlock, che sfrutta una lettura sbagliata del portiere ungherese Grosics e firma il due a uno al decimo del primo tempo. L’Ungheria abbassa il baricentro e al 18′ ci pensa Rahn a riportare il pareggio con un tiro al volo da pochi passi, sugli sviluppi di una punizione laterale. Al ventesimo le squadre sono già sul 2 a 2 e la Germania prende coraggio davanti alle difficoltà difensive degli avversari.

Dopo il gol del pareggio arriva la reazione d’orgoglio degli ungheresi, che iniziano a far valere la loro superiorità tecnica e hanno diverse occasioni per tornare in vantaggio. Puskas spreca due palle gol che nei giorni migliori avrebbe sicuramente realizzato, grazie anche ad un Turek in stato di grazia; anche Kocsis, solitamente un bomber implacabile, sbaglia una semplice occasione. Ad aggiungersi al conto dei rimpianti ci pensano anche un palo e una traversa colpiti dai giocatori magiari, che ad ogni gol sbagliato si innervosiscono sempre di più.

Sul campo di Berna inizia a scendere una forte pioggia: il terreno di gioco si appesantisce dopo pochi minuti, favorendo più la fisicità dei tedeschi rispetto alla tecnica dei giocatori dell’Ungheria. La Germania Ovest è in forma smagliante e inizia ad aumentare il pressing sugli avversari, che di contro non riescono più a esprimere al meglio la loro classe. Ad approfittarne sono ovviamente i primi: all’84’ Schafer ruba palla al mediano Bozsik, poi imbuca per Rahn che calcia verso l’angolino lontano e batte di nuovo Grosics. A sei minuti dal termine il punteggio dice 3 a 2 per i tedeschi e a nulla servono gli ultimi assalti dell’Ungheria. Un gol di Puskas viene infine annullato per fuorigioco e al termine dei 90 minuti, ad esultare sono gli uomini di Herberger.

Si conclude così la leggenda dell’Aranycsapat (la “squadra d’oro”), che nel ’50 fu costretta a saltare i Mondiali per motivi economici e nel ’54 uscì sconfitta dall’atto finale della competizione, nonostante il titolo di squadra più forte del mondo. È quindi la fine di un calcio basato unicamente sulle doti tecniche, a favore di uno sport più incentrato sulla preparazione tattica e fisica…

 

Francobollo Germania-Ungheria (@Shutterstock)

 

L’epilogo e lo scandalo

Il risultato della partita ha avuto forti ripercussioni nell’opinione pubblica. La Germania Ovest era infatti un Paese del blocco occidentale, mentre l’Ungheria era da poco entrata nell’orbita sovietica; i Paesi filoamericani non persero così l’occasione di sfruttare la vittoria dei tedeschi per celebrare la superiorità del Patto Atlantico su quello di Varsavia.

Al di là delle ripercussioni politiche, però, fu un altro il motivo principale delle polemiche che avvolsero la FIFA nelle settimane dopo la finale. Già qualcuno aveva insinuato, nelle ore dopo il fischio finale, di un uso massiccio di sostanze dopanti da parte dei tedeschi; la condizione fisica dei giocatori sembrava troppo smagliante per essere quella di una squadra arrivata a giocarsi l’ultima partita dell’anno su di un campo completamente bagnato dalla pioggia.

Le accuse divennero ancora più pesanti qualche tempo dopo, quando diversi dei giocatori campioni del mondo accusarono un dolore al fegato; la diagnosi parlava di epatite, in particolare una forma itterica. Gli atleti colpiti furono così costretti ad abbandonare il campo per diverso tempo. Il medico della Federazione tedesca si giustificò dicendo che si trattava di una malattia contagiosa che i giocatori avrebbero preso durante il loro soggiorno a Spiez, in Svizzera; una tesi debole, che peraltro si scontrava col fatto che nessun’altra persona presente nell’hotel aveva manifestato sintomi affini.

La FIFA non aprì mai un’inchiesta ufficiale, ma le voci di corridoio continuarono incessantemente. Ormai non è più dato sapere se quella gara straordinaria fosse merito o meno di qualche “aiuto”; ciò che però resta è la grande vittoria dei tedeschi, la prima di un ciclo di grandezza destinato a durare fino ai giorni nostri. Ed è impossibile non guardare con nostalgia alla bellezza dannata della Nazionale ungherese, tanto elegante quanto sfortunata, incapace di arrivare davvero sul tetto del mondo…

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Alessandro Colepio

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