Si chiama nitisone, ed è un farmaco che è stato impiegato fino ad ora esclusivamente per far fronte ad alcune rare malattie. Tuttavia, la sua assunzione contribuirebbe a rendere il sangue umano nocivo per le zanzare portatrici della malaria. La novità proviene da uno studio divulgato da Science Translational Medicine, i cui dettagli sono forniti da SKYTGCOM24.
La malaria è, notoriamente, una delle malattie più diffuse nelle zone più umide del pianeta, come quelle tropicali, dove gli insetti e le zanzare proliferano grazie al caldo torrido.
Per far fronte ad essa e, nello specifico, prevenirla, diventa quindi necessario contenere la diffusione delle zanzare che la veicolano. Ad oggi le tecniche più diffuse per questo scopo prevedono l’utilizzo di pesticidi o antiparassitari come la ivermectina, in grado di ridurre la prospettiva di vita delle zanzare.
L’ivermectina, tuttavia, presenta delle controindicazioni che, di fatto, ne limitano l’utilizzo. Essendo un antiparassitario simile ad un pesticida, infatti, se usato in larga scala può risultare tossico e quindi più pericoloso che utile. Ed è proprio sulla base di questo limite che un gruppo di scienziati ha condotto un esperimento dal risultato potenzialmente rivoluzionario.
Un team di ricerca dell’università di Notre-Dame e della Liverpool School of Tropical Medicine guidato da Lee R. Heines ha sperimentato l’utilizzo del nitisone in un campo diverso da quello del suo classico utilizzo.
Il nitisone, infatti, è un farmaco solitamente utilizzato nel caso di malattie rare in cui il paziente ha difficoltà a metabolizzare l’amminoacido tirosina. In particolare, quando viene assunto da un essere umano, il nitisone inibisce l’azione dell’enzima HPPD limitando così l’accumulo di sostanze nocive dovute alla malattia di cui il paziente soffre.
L’intuizione che ha portato i ricercatori alla scoperta si basa proprio sul funzionamento appena descritto. Una volta assunto tramite il sangue umano, il nitisone entra in circolo nelle zanzare e inibisce lo stesso enzima anche nel loro corpo. Questo interferisce con la digestione del sangue umano appena prelevato e porta alla morte dell’insetto.
Per confermare questa ipotesi, al team guidato da R. Heines è bastato dunque testare il nitisone sulle zanzare Anopheles gambiae, il principale vettore della malaria. Il risultato dell’esperimento ha dato ragione ai ricercatori. Il nitisone, infatti, è risultato tossico per le zanzare in qualsiasi stadio della sua vita, candidandosi dunque come principale antidoto per la malaria nel futuro.
“Il nitisone potrebbe essere impiegato in aree in cui persiste la resistenza all’ivermectina o in cui questa è già ampliamente utilizzata“, commenta soddisfatto Alvaro Acosta Serrano, uno degli scienziati autori dell’esperimento.
Articolo di Giorgio Cantone
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