L’industria videoludica si sta evolvendo sempre di più e con essa si evolvono anche le richieste: alcuni vogliono un gioco con una grafica mozzafiato; altri prediligono una storia profonda e ben narrata; altri ancora sono in cerca di una sfida difficile da superare e così via. Una delle caratteristiche più discusse è sicuramente la longevità. Spesso si creano discussioni su giochi eccessivamente lunghi o troppo corti, ma dove sta la ragione?
Prima di acquistare un singleplayer sarà capitato a tutti di controllare quante ore di divertimento garantisse, assicurandoci che valesse la pena acquistarlo: è giusto farlo? La risposta è: dipende. È ovvio che il tempo di gioco sia un fattore importante, ma non deve essere l’unico a influenzare la nostra scelta. È ovvio che in casi estremi, per esempio un prodotto di un’ora massimo, venduto a 70€, la longevità conti molto. Ma non esistono solo casi estremi, come vedremo ora.
All’uscita di Ratchet & Clank: Rift Apart, in molti hanno espresso opinioni contrastanti sul rapporto qualità-prezzo del prodotto: tanti videogiocatori si ritenevano soddisfatti, mentre altri affermavano che il prezzo al day-one (circa 80 euro) fosse esagerato sole 15 ore di gioco (20-25 per completarlo al 100%). La maggior parte di questi, però, non lo aveva provato e, basandosi solo sul tempo, lo bocciava a priori.
Un gioco non si può valutare solo dalla durata, poiché è composto da tanti elementi che lo potrebbero rendere un buon o un cattivo prodotto. Primo su tutti il gameplay: la maggior parte delle persone che hanno completato Devil May Cry 5, la cui campagna dura circa 12-15 ore , potrà di certo confermare che il gioco è divertentissimo ed altamente rigiocabile. Si può dire lo stesso di: Marvel’s Spider-Man: Miles Morales (circa 14 ore totali) e Marvel’s Spider-Man (circa 20 ore), in cui si possono sventare crimini, rifare missioni o ri-liberare avamposti; o di Infamous Second Son (10-12 ore), in cui a seconda del proprio comportamento il gameplay cambia e quindi ogni giocatore è portato a giocarlo almeno due volte.
Cosa dimostrano questi esempi? Dimostrano che, anche se un videogioco è corto, il tempo non è la sola caratteristica degna di nota, e soprattutto non comprende la rigiocabilità. Se vi siete innamorati di un prodotto che garantisce poche ore di divertimento, provatelo ugualmente, se vi piacerà diventeranno potenzialmente infinite.
C’è un ultimo fattore da considerare: capita che le case videoludiche aumentino la durata dei loro giochi con pratiche “scorrette”. Per esempio può accadere che la storia sia diluita in più ore del necessario o che le mappe siano imbottite di collezionabili. Questi procedimenti aumenteranno il tempo di gioco totale, al costo di ridurre la qualità delle attività e della narrazione. In Far Cry 5 si può ritrovare una di queste pratiche: tra accendini, fumetti, figurine, bobblehead, vinili e casse di whisky il gioco ha forse fin troppi collezionabili.
Rispondiamo quindi alla domanda iniziale: no, la longevità non è tutto, non tiene conto della rigiocabilità e non rispecchia la qualità del prodotto, a volte trascurata. Un videogioco corto, quindi, non è necessariamente un videogioco brutto, come del resto un cortometraggio non è inferiore ad un lungometraggio, nonostante la durata inferiore. Insomma, per riassumere tutto il contenuto di questo articolo in una frase si potrebbe dire: a rendere un prodotto valido non è numero di ore, ma la qualità.
di Fabio Danei
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