di Redazione NCI
Come già sappiamo, negli ultimi mesi in Afghanistan stanno correndo tempi parecchio bui. Le notizie più recenti, riportate dal New York Times attraverso testimoni locali, sembrano però comunicarci l’arrivo di qualche spiraglio di luce. Infatti, in alcune provincie dell’Afghanistan, i talebani stanno concedendo alle ragazze adolescenti di poter finalmente tornare a frequentare le scuole secondarie. Questo è dovuto alle costanti pressioni dei governi stranieri, che hanno ottenuto ben poco considerando che le giovani saranno comunque separate dai compagni maschi.
A questo punto il “problema” diventa un altro: la paura. Nonostante le buone notizie, molti genitori hanno paura di lasciar uscire di casa le loro figlie vista la presenza di talebani armati lungo le strade. Essi pensano che non abbia senso educarle in un Paese nel quale le donne sembrano non avere più alcuna opportunità lavorativa. Non sono in pochi a vederla così: a Mazar-i-Sharif e a Kunduz (due città del nord), solamente meno della metà delle studentesse è tornata effettivamente in classe.
Afghanistan, la paura, però, gioca ancora un grande ruolo
Il New York Times è riuscito anche a riportarci le testimonianze di alcune adolescenti afghane. La diciasettenne Narges e le sue sorelle più giovani sono riuscite a riprendere il loro percorso scolastico, ma in modo parecchio diverso rispetto a prima: ognuna di loro ha indossato l’abaya (un lungo vestito nero) e il niqab (il velo nero che lascia scoperti solamente gli occhi).
Una delle sorelle minori, pochi minuti dopo essersi preparata, si è lasciata sopraffare dall’ansia ed è svenuta ancor prima di mettere un piede fuori dalla sua abitazione e quando finalmente è uscita e ha visto un talebano, non è riuscita a trattenere le lacrime. Queste ragazze hanno comunque rivelato di sentirsi fortunate, dato che i talebani hanno concesso solo alle ragazze di Mazar-i-Sharif (e a pochissime altre città a Nord) di tornare sui banchi, mentre nel resto del paese sono ancora costrette a rimanere chiuse nelle loro abitazioni. Non è ancora un lieto fine, ma è un inizio.
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di Elena Barbieri
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