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La Corea del Nord spara 200 colpi di artiglieria: la contro-reazione di Seul

di Lorenzo Peratoner

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Nella giornata di venerdì la Corea del Nord ha sparato circa 200 colpi di artiglieria nelle vicinanze delle isole sud coreane di Yeonpyeong e di Baengnyeong, lungo quella che viene definita la “Northern Limit Line”, ossia quella linea di confine marittima imposta dal Comando delle Nazioni Unite in Corea al termine del conflitto svoltosi tra il 1950 e il 1953. Si tratta di un confine che, tuttavia, è sempre stato per decenni oggetto di contesa tra i due Stati, in particolare per il suo mancato riconoscimento da parte della Corea del Nord, la quale ha sempre mirato a un’estensione a lei favorevole di tale confine.

 

Corea del Nord: la provocazione militare e la contro-risposta

L’attacco si sarebbe concretizzato tra le 9:00 e le 11:00 del mattino ora locale, tuttavia senza danni né alle persone né alle cose; i proiettili, infatti, sarebbero finiti nel mare, lungo la linea di demarcazione. Il Governo sud coreano ha quindi reagito con altrettanta forza, sparando numerosi colpi in direzione della Corea del Nord; per questo motivo Seul ha ordinato alla popolazione residente nelle due isole di cercare rifugio, nel caso in cui il Nord avesse contrattaccato.

Gli isolani già da molti decenni sono abituati a misure di questa portata; le due realtà insulari, infatti, sono costellate di rifugi sotterranei e di cemento per accogliere le sue migliaia di abitanti. Parallelamente a questa misura, il Governo ha altresì imposto l’annullamento di tutti i traghetti che sarebbero dovuti salpare dal porto di Incheon, a ovest della capitale Seul.

Questa azione nord coreana potrebbe rappresentare una provocazione all’esercitazione militare congiunta coreana e statunitense durata una settimana e svoltasi a Pocheon, a nord di Seul. Giovedì, il giorno precedente allo sparo delle artiglierie, la Corea del Nord avrebbe definito i suoi nemici come “cani pazzi” che “soffriranno solo i momenti più dolorosi“; si tratta di un lancio di accuse che, dal 1953, è ormai diventata un’inusuale prassi.

In realtà, Pyongyang ha motivato in maniera ufficiale questa provocazione come una reazione dinanzi alle esercitazioni di lancio di proiettili veri da parte di Seul, i cui colpi si sarebbero avvicinati al confine. In ogni caso, questa risposta rappresenta un’ulteriore segno di rottura rispetto allo storico accordo siglato nel 2018 tra i due Paesi, in cui, tra le altre cose, si affermava di cessare tutte le esercitazioni militari lungo la linea di demarcazione militare; le due Coree, infatti, non hanno mai firmato un trattato ufficiale di pace dopo il 1953, rimanendo in un perenne stato di armistizio.

 

Kim Jong-un (@Shutterstock)

Le dichiarazioni di Kim Jong-un e di Pechino

Questa sortita si verifica diversi giorni dopo le dichiarazioni di Kim Jong-un, il quale aveva annunciato di non voler più cercare una riconciliazione con l’altra metà del Paese, affermando che si tratta di “una relazione tra due paesi ostili e due belligeranti in guerra“, aggiungendo:

“È giunto il momento di riconoscere la realtà e di chiarire i nostri rapporti con il Sud. Credo che sia un errore che non dobbiamo più commettere quello di trattare con chi ci dichiara ‘il nemico principale’ e cerca solo opportunità per il ‘crollo del nostro regime’ e ‘l’unificazione per assorbimento’ collaborando per la riconciliazione e l’unificazione”.

Un invito alla moderazione giunge invece dal portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, che nel corso di una conferenza stampa ha affermato:

“Nella situazione attuale, speriamo che tutte le parti interessate mantengano la calma e la moderazione, si astengano dall’intraprendere azioni che aggravino le tensioni, evitino un’ulteriore escalation della situazione e creino le condizioni per la ripresa di un dialogo significativo. In quanto vicino della penisola coreana, la Cina ha sempre sostenuto il mantenimento della pace e della stabilità e la risoluzione dei problemi della penisola attraverso il dialogo e la consultazione”.

Un momento di tensione ancora più alto lo si raggiunse nel 2010, quando il Governo di Pyongyang lanciò un attacco di artiglieria e di razzi sull’isola di Yeonpyeong, uccidendo quattro sudcoreani, tra cui due soldati.

Considerando quindi i trascorsi politico-militari, le recenti reazioni militari da ambo le parti e gli scambi di accuse non sembrerebbero minacciare una reale escalation bellica, ma rientrerebbero bensì in quel “normale” quadro di sfida e reciproche provocazioni tra due Paesi ancora formalmente belligeranti.

Fonti: The New York Times ; RaiNews; CNN

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