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Kenya: la rottura di una diga ha portato alla morte di oltre 40 persone

di Lorenzo Peratoner

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Sarebbero almeno 42 le vittime causate dalla rottura di una diga in Kenya, a nord della capitale Nairobi, frutto dell’azione delle forti piogge e delle inondazioni che, già da molte settimane, stanno devastando l’Africa orientale.

Kenya: la rottura della diga e la mobilitazione delle autorità

La diga “Old Kijabe” è situata nella zona di Mai Mahiu/Kijabe, nella regione della Great Rift Valley, e nella mattinata di lunedì è stata protagonista di un crollo, strappando, sotto l’impeto della valanga di acqua e fango, gli edifici, i veicoli e le infrastrutture che si incontravano nel suo passaggio, togliendo la vita ad almeno 42 persone. Numerosi, tuttavia, sarebbero ancora i dispersi, tanto che le squadre di soccorso sono in azione scavando nel fango e nei detriti, in quella che è la regione più colpita del Kenya.

Oltre alle autorità governative, anche diverse associazioni umanitarie, tra cui “Kenya Red Cross“, si stanno mobilitando per aiutare le persone coinvolte direttamente da questi fenomeni estremi, riportando contemporaneamente le tragiche immagini che narrano le conseguenze disastrose delle alluvioni nelle regioni colpite.

Le vittime totali delle inondazioni

La Governatrice della regione di Nanuku, Susan Kihika, ha affermato alla CNN:

“Stiamo cercando di gestire la situazione, ma è un po’ opprimente, ma stiamo facendo del nostro meglio soprattutto per raggiungere coloro che sono stati portati via perché speriamo che alcuni siano ancora vivi”.

Le dighe idroelettriche, infatti, avrebbero saturato le loro capacità di contenimento, rischiando ulteriori traboccamenti a valle. Gli effetti degli acquazzoni si sarebbero estesi fino a raggiungere l’Aeroporto internazionale di Nairobi, pregiudicando il corretto funzionamento dell’infrastruttura.

Con la rottura della diga le vittime totali di questi fenomeni alluvionali ammonterebbero a oltre 140, anche se questo numero sembra sia destinato ad aumentare, in particolare con l’intensificarsi degli acquazzoni, attivi già dal mese di marzo.

Il comandante della Polizia della città di Naivasha, Stephen Kirui, ha spiegato ai giornalisti:

“Finora abbiamo recuperato 42 corpi, tra cui 17 minori, in seguito all’incidente di prima mattina in cui una diga ha rotto gli argini nell’area di Kijabe e le operazioni di salvataggio e ricerca sono in corso”.

Le possibili cause del fenomeno

Il Segretario Generale e l’Amministratore Delegato della IFRC, Jagan Chapagain, sostiene che le cause delle inondazioni siano da imputare alla combinazione dell’azione di El Niño e delle forti piogge primaverili, come scritto su X:

Oltre a queste cause dirette, è molto probabile che il riscaldamento globale stia indirettamente esacerbando questi fenomeni, a causa del fatto che l’aria calda tratterrebbe maggiore umidità. Queste piogge estreme, inoltre, si abbattono in un territorio che negli anni precedenti è stato investito da una forte siccità, che ha indurito i terreni e causato la perdita di numerosi raccolti, determinando forti insicurezze sul lato alimentare e idrico.

Questi stessi fenomeni, tuttavia, starebbero interessando anche altri Paesi dell’Africa orientale, Tanzania e Burundi in primis, dove le vittime si conterebbero a decine, e gli sfollati ammonterebbero a centinaia di migliaia di persone.

Il Ministero dell’istruzione keniota ha al momento prorogato di almeno una settimana l’inizio delle lezioni del nuovo semestre, additando come causa “gli effetti devastanti delle piogge” che “in alcune scuole sono così gravi che sarebbe imprudente rischiare la vita degli studenti e del personale“.

Fonti: Reuters, CNN, Kenya Red Cross

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