Uscito in sala ieri, mercoledì 2 ottobre 2024, Joker: Folie à Deux racconta il prosieguo delle vicende di Arthur Fleck, che nella pellicola del 2019 ha attraversato il lungo processo che lo ha portato a diventare il Joker. Scritto e diretto da Todd Phillips, Folie à Deux si pone l’obiettivo di allontanarsi da quanto fatto in passato e abbracciare la formula del musical. Ma sarà riuscito nell’intento? Scopritelo nella nostra recensione!
La principale novità è rappresentata appunto dal musical, che punta a distaccare l’opera dal primo capitolo. Di fatto questa scelta funziona, con Phillips che è riuscito a giustificarla da un punto di vista narrativo. La musica non è solo un modo per rimettere ordine nella mente dei pazienti di Arkham, ma diventa anche un un’altra manifestazione del disturbo psicotico condiviso, a tutti gli effetti il vero protagonista della storia. Le parti cantate sono il riflesso dei pensieri di Arthur, tanto dei suoi desideri quanto dei suoi traumi.
L’incedere della narrazione è scandito proprio dalle varie canzoni, tutte ben scritte e cantate magistralmente da Lady Gaga e da Joaquin Phoenix, rispettivamente Lee Quinzel/Harley e Arthur Fleck/Joker. A queste si alternano delle sequenze più in linea con il film precedente, con la produzione che riprende le atmosfere, la fotografia e le musiche dell’ascesa di Joker a Gotham City.
Nel suo complesso il mix funziona egregiamente: l’uso del colore è ancora una volta sublime, la regia non manca di evidenziare il vortice psicotico dei protagonisti e le musiche trasmettono un costante senso di inquietudine, angoscia e oppressione. La trama poi fa il resto. Folie à Deux riparte dal finale del primo Joker, con Arthur che dopo due anni nell’Arkham Asylum sta per iniziare il processo per i cinque (sei) omicidi. È qui che, quasi per caso, incontra Lee, una paziente di un altro braccio dell’ospedale, con cui entra subito in sintonia. La donna sembra capirlo, e per qualche strano motivo sembra essere attratta da lui.
La trama del film ci ha convinto, soprattutto visto l’ottimo climax finale, ma non la riteniamo perfetta. Joker: Folie à Deux soffre infatti di un ritmo del racconto fin troppo lento, in particolare nella seconda metà dell’opera. Eppure, nonostante questo, vogliamo premiare la produzione targata Warner. Sebbene non sia perfetto, il nuovo Joker ha il coraggio di distaccarsi da quanto fatto nel 2019 (la genesi di Arthur Fleck aveva riscosso un incredibile successo sia di critica che di pubblico), proponendo un racconto che non solo vuole andare oltre l’ascesa del Re del crimine, ma che lo fa abbracciando la formula del musical. E lo fa con convinzione, credendoci fino in fondo. Nonostante questo però non rinnega le sue origini, offrendo quelle stesse atmosfere che avevano caratterizzato il film precedente.
Sono queste atmosfere, di fatto, a far risaltare la componente psicologica del film. Folie à Deux non indica infatti solo la presenza di due protagonisti, ma richiama direttamente il disturbo psicotico condiviso, una patologia che si verifica quando un sintomo di psicosi viene trasmesso da un individuo a un altro.
Questo dualismo, questo legame tossico, questa dipendenza, permea tutta la narrazione, influenzando ogni scena e ogni dialogo. Non si tratta però dell’unico spunto di riflessione. Todd Phillips ritorna anche sul tema della critica sociale, con una Gotham City degradata e corrotta, e sul concetto di maschera. Tra tutti questo è forse quello che rimane più velato, ma che in realtà cela la vera questione alla base del film. Se nella prima pellicola Arthur si costruisce la maschera del Joker, ora è costretto a farci i conti. Da un lato la città idolatra la sua figura, divenuta il simbolo della ribellione delle classi oppresse di Gotham; dall’altro il sistema lo vuole eliminare per sopprimere le rivolte e i dissensi. Ma cosa rimane, dietro la maschera?
Ribadiamo che Joker: Folie à Deux non è perfetto, ma i ritmi fin troppo lenti non riescono a ledere un’opera coraggiosa e innovativa, almeno in relazione ai film supereroistici. Todd Phillips e Warner Bros. hanno scelto di osare, raccontando la malattia mentale di Arthur e la corruzione di Gotham con la formula del musical, senza però rinnegare ciò che ha reso grande il film del 2019.
VOTO: 8.5
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