di Fabio Danei
Il fatto che tu sappia cantare è un vantaggio nel mondo del doppiaggio? Ed essere un doppiatore ti aiuta nel mondo della musica?
“Sì, è una fortuna, assolutamente. A volte ci sono personaggi che devono cantare parecchio e, spesso, per non prendere una persona per doppiare e una per cantare si tende a scegliere una persona che sappia fare entrambe le cose”.
“Per rispondere, invece, alla seconda domanda direi di no. Il doppiaggio e la musica sono due discipline che hanno cose in comune: avere molto orecchio e essere intonati permettono di notare sfumature nell’opera originale durante il doppiaggio. Nel complesso però, non direi che essere un doppiatore mi abbia aiutato nella musica. C’è stata però, una volta, in cui questa mia abilità mi ha donato una grande soddisfazione: da piccolo ho potuto cantare una canzone con Phil Collins. In “Koda, fratello orso” c’è una colonna sonora cantata, appunto, da Phil Collins, e in una canzone in particolare la prima strofa la canta proprio Koda (quindi io). Non sarà stato un vero e proprio duetto, ma esiste una canzone con la mia voce e quella di Phil Collins. Ciò è motivo di grande orgoglio per me; e pensare che da piccolo nemmeno me ne rendevo conto”.
Su Instagram, hai ripetuto varie volte che tu sei molto critico verso i tuoi lavori e spesso non riesci a goderti un film proprio perché stai troppo attento alla tua performance. Questa tua caratteristica la vedi come un fastidio o come un punto di forza? Succede anche con le tue canzoni?
“Sì, sono molto autocritico, un po’ come tutti gli artisti: non ci piacciamo mai abbastanza. Solitamente, riesco a godermi un film solo dopo il terzo o il quarto ascolto, anche se l’orecchio critico c’è sempre sotto sotto. Però io sono contento di essere così, di non essere superficiale e di non accontentarmi (un po’ lo faccio anche volutamente), perché solo così riesco a migliorare e a capire quali sono gli aspetti che non mi piacciono”.
“Avere una carriera ventennale nel doppiaggio non significa niente: non ci si può mai adagiare. Non si finisce mai di imparare in questo mestiere, lo affermano anche doppiatori di alto (e altro) calibro. Mi sono confrontato con Angelo Maggi (voce di Robert Downey Junior, Tom Hanks e tanti altri) e anche lui concorda: ogni personaggio ci insegna qualcosa; non ci si può mai adagiare sul proprio talento”.
“Io non guardo tante serie, ma quando faccio una parte importante piuttosto mi vado a recuperare tutte le scene che ho doppiato. Così posso sentire cosa è venuto bene e cosa no e cercarne di capire i motivi. Ovviamente non sono esageratamente autocritico: so anche piacermi e anzi, facendo un bilancio sono più le volte in cui io sono contento che scontento. Ovviamente tutto questo succede anche con le mie canzoni, ma, ironicamente, prima di farle uscire le ascolto così tante volte da non volerle più sentire”.
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