Uscito ad agosto 2017 su PlayStation 4 e PC (nel 2018 è arrivato su Xbox One, mentre ne 2019 su Nintendo Switch), Hellblade: Senua’s Sacrifice racconta del viaggio interiore di Senua, una guerriera della popolazione dei pitti che soffre di un’acuta forma di psicosi. Nel gioco la ragazza si reca ad Helheim, il regno di Hela, per salvare l’anima del suo amato Dillion, che è rimasto ucciso durante un’incursione dei norreni.
Hellblade: Senua’s Sacrifice si presenta come un action-adventure con delle meccaniche da hack ‘n’ slash. Durante l’avventura, di fatto, si alternano abilmente delle fasi di esplorazione (comunque piuttosto lineari e guidate), degli enigmi ambientali e dei combattimenti. Il vero punto di forza è però la narrazione. La storia racconta appunto del viaggio di Senua a Helheim, il regno di Hela. È lei che può riportare in vita Dillion, colui che un tempo salvò Senua dall’oscurità.
Fin da piccola, infatti, la ragazza è afflitta da una grave forma di psicosi, simile a quella della madre Galena, che ha provato a mostrarle i risvolti positivi delle Furie (le voci nella sua testa). Il padre Zynbel, tuttavia, non è mai stato dello stesso pensiero. Vede la psicosi della figlia come una malattia, una maledizione: l’Oscurità, la chiama.
Così, dopo la morte di Galena inizia a trattare con sempre maggiore violenza e cattiveria Senua, che crede appunto maledetta. Per anni ha vissuto in totale isolamento, lontana da tutto e tutti. È stata da sola per molto tempo, nell’oscurità della sua mente. È proprio l’incontro con Dillion che le dà la forza di affrontare il padre e di andare via di casa.
Tuttavia, il ragazzo rimane brutalmente ucciso durante un attacco dei vichinghi. Non riuscendo ad accettare la sua morte, Senua intraprende il viaggio verso Helheim per cercare di salvare quantomeno la sua anima. Hellblade racconta di fatto una storia di perdita, di sofferenza, di amore, di speranza, della capacità, e necessità, di andare avanti. È un viaggio nella mente di Senua, nella sua psiche.
L’intera produzione è incentrata sulla psicosi di Senua. Oltre che dalle Furie, la ragazza è accompagnata da costanti allucinazioni, incubi e visioni. Degli elementi, questi, che caratterizzano tanto la narrazione quanto il gameplay vero e proprio: le meccaniche di gioco derivano dai reali sintomi ed effetti della psicosi e in generale delle malattie mentali.
I nemici (dei guerrieri norreni, gli assassini di Dillion), gli enigmi ambientali, l’esplorazione, le allucinazioni e gli incubi ricorrenti: tutto è stato pensato in funzione della psicosi di Senua. E pad alla mano il giocatore si sente proprio come lei: confuso, impaurito, solo.
Ma come ha fatto Ninja Theory a rendere reali queste sensazioni? Come ha fatto a concretizzare le emozioni delle persone affette da psicosi? Nel documentario ufficiale viene spiegato chiaramente. Il team di sviluppo ha studiato attentamente gli effetti, i sintomi e le reazioni di coloro che soffrono realmente di malattie mentali. Ha parlato con degli esperti, si è confrontato con dei pazienti.
C’è poi l’aspetto tecnico, che ha reso possibile l’applicazione delle conoscenze apprese, e che si è concretizzato con l’utilizzo dell’audio binaurale. Come detto, Senua è accompagnata dalla costante presenza delle Furie, delle voci nella sua testa che le parlano e le danno dei consigli, esplicitando le sue paure e i suoi dubbi ma anche avvertendola della presenza di nemici o suggerendole delle possibili chiavi di lettura per gli enigmi.
Queste voci sono state realizzate mediante un sistema audio binaurale, appunto, capace di rendere il suono tridimensionale e di simulare il movimento da un orecchio all’altro, rappresentando fedelmente l’esperienza delle persone affette da psicosi e da altre malattie mentali.
Ognuna delle Furie ha un proprio timbro vocale e una posizione in costante mutamento, che di fatto fa passare continuamente il suono da un orecchio all’altro. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo dei microfoni 3Dio, un particolare strumento composto da due microfoni collocati all’interno di due protesi in silicone a forma di orecchio. Grazie al doppio microfono è possibile collocare nello spazio la provenienza del suono, registrandola di volta in volta sul canale destro o sinistro. Le protesi, invece, servono per riprodurre il riverbero del suono.
Il sistema audio, unito anche alle ottime musiche, sempre incalzanti e in grado di catalizzare le emozioni del giocatore, rende l’esperienza di Hellblade estremamente immersiva e degna di essere vissuta. Il viaggio di Senua, tuttavia, non è adatto a tutti. Sia per la sua struttura, incentrata principalmente sulla narrazione, sia per i temi trattati e per le emozioni e i sentimenti che è in grado di suscitare. Se però rientrate nel giusto target, Hellblade: Senua’s Sacrifice è un’opera imprescindibile, un must have, che riuscirà senz’altro a lasciarvi qualcosa dentro.
E voi, avete giocato a Hellblade: Senua’s Sacrifice? Vi è piaciuto il viaggio di Senua? Cosa vi aspettate dal secondo capitolo in arrivo a maggio? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram! E non dimenticate di continuare a seguirci qui sulle pagine di Nasce, Cresce, Respawna per rimanere sempre aggiornati su tutto il mondo del gaming. Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche:
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