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Gran Bretagna, da oggi dire “pelato” ad un uomo è considerata molestia sessuale

Il Tribunale del lavoro ha preso la sorprendente decisione in seguito al ricorso presentato dall’elettricista Tony Finn. L’uomo fu licenziato dall’azienda dove lavorava dopo essere stato definito appunto “pelato” con l’intento di ferire la sua dignità. Secondo il tribunale l’uso di questa parola è molestia sessuale perché “intrinsecamente correlato al sesso” e costituisce una forma di discriminazione.

La nuova frontiera della molestia sessuale, il Tomato-calling

Da oggi in Gran Bretagna fare riferimento alla calvizie di un uomo sul posto di lavoro è molestia sessuale. Lo ha stabilito un tribunale del lavoro del Regno Unito in seguito al ricorso di un uomo, Tony Finn, professione elettricista, che ha citato in giudizio l’azienda dove lavorava. Secondo i giudici, infatti, l’atteggiamento equivale a commentare le dimensioni del seno di una donna, visto che la calvizie è una prerogativa prettamente maschile. L’uso della parola “pelato” potrebbe essere, quindi, “intrinsecamente correlato al sesso”, costituendo una fonte di discriminazione.

Secondo quanto riporta Bloomberg, la discussione è scaturita dopo il ricorso presentato dal signor Finn, contro la sua ex azienda, per licenziamento ingiusto e molestie sessuali. Finn, infatti, ha lamentato di essere vittima di molestie sessuali a causa di cattivi commenti sulla sua calvizie prima di essere licenziato.

 

Uomo calvo (@Shutterstock)

Il fatto e la sentenza

La vicenda ha inizio nel luglio del 2019, quando il signor Finn ebbe una discussione con il suo superiore, Jamie King. È proprio durante questa lite, che rischiò di sfociare nella violenza, che il suo superiore lo definì un “grasso ca**o calvo“, con l’intento di ferire la sua integrità psichica. Durante questa lite, il signor King ha, inoltre, minacciato di aggradire fisicamente Tony Finn che, come si evince dal suo racconto, ha temuto seriamente per la sua sicurezza personale.

Il tribunale del lavoro è stato quindi chiamato a decidere se con l’appellativo “calvo” possa configurarsi il reato di molestia sessuale. Giunti alla sentenza, i giudici hanno affermato: “A nostro avviso c’è una connessione tra la parola ‘calvo’ da un lato e una caratteristica tipica del sesso dall’altra. Lo troviamo, quindi, intrinsecamente legato al sesso. È difficile concludere diversamente. Quelle parole sono pronunciate con lo scopo di violare la dignità del ricorrente e creare per lui un ambiente intimidatorio”. La giuria, quindi, ha sostenuto le accuse di Finn di molestie sessuali e non solo, il signor Finn ha anche vinto la causa sul licenziamento ingiustificato e a breve verrà fissata l’entità del risarcimento.

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Antonio Stiuso

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