Nella giornata di oggi 20 luglio, si sono tenute le votazioni per confermare o sfiduciare definitivamente il Governo Draghi. Di seguito trovate un recap dell’intera giornata, corredato dalle dichiarazioni dei politici e del Presidente del Consiglio.
Le notizie cominciano ad arrivare già dalle 7 circa. A due ore di distanza dall’inizio della seduta, dal governatore Alberto Cirio (Fratelli d’Italia) arrivano le prime provocazioni verso i 5 Stelle, “colpevoli” di aver creato questa situazione:
“Questa crisi nasce dalla scelta del Movimento 5 Stelle di anteporre i propri interessi e le proprie beghe interne all’interesse nazionale. Il giorno dopo la scelta di Conte di uscire dall’Aula del Senato, sono stati bruciati 13 miliardi di euro degli italiani. È sufficiente questo numero a fare la tara di una decisione ingiustificata, ingiustificabile e irresponsabile dal punto di vista politico”.
Continua poi ricordando che la suddetta crisi mette inevitabilmente in stand-by il decreto Armi in Ucraina: il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, avrebbe infatti suggerito al premier Mario Draghi di rimandare le nuove spedizioni visto il quadro politico incerto.
Alle 9:30 circa, Draghi è entrato in Senato dove, dopo il minuto di silenzio per la scomparsa del fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, ha dato inizio alla seduta con delle comunicazioni. Le spiegazioni del Presidente del Consiglio sono precise e nette: “È venuta meno la maggioranza di unità nazionale“. Segue poi l’elenco delle emergenze affrontate dal suo Governo; non è poi mancata la precisazione che “L’Italia è forte quando sa essere unita”.
A questo discorso, più forte degli applausi del Senato, è il silenzio del Movimento, che mantiene la sua linea di diffida contro un Governo che non ha mai troppo assecondato le richieste fatte.
“Non votare la fiducia di un Governo di cui si fa parte è un gesto politico evidente. Non è possibile ignorarlo, non è possibile contenerlo perché vuol dire che chiunque può ripeterlo. Impossibile minimizzarlo perché viene dopo mesi di strappi e ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora rimanere insieme, è ricostruire daccapo questo patto”.
Queste le parole del Premier, rivolte verso gli esponenti del M5S. Durante la discussione sono stati nominati diversi punti che da tempo sono dibattuti, come il miglioramento del reddito di cittadinanza, la volontà di continuare con la transizione ecologica e l’intervento sui salari. “Serve un patto nuovo” – ribadisce ancora Draghi – “un patto che goda di fiducia vera e non di facciata, in modo che possa perdurare“. Ad astenersi dagli scroscianti applausi, però, non sono stati più solo il Movimento, ma anche la Lega.
Arrivati alle 11, cominciano ad arrivare anche le prime dichiarazioni dei capi partito, primo fra tutti Matteo Renzi:
“Draghi ha fatto il discorso che doveva fare […]. Adesso vedremo cosa faranno Conte e Salvini, non abbiamo a che fare con persone lineari e razionali, spesso fanno cose senza senso specialmente in questo periodo, ricordiamo il Papeete”.
Subito dopo, segue Giorgia Meloni sui social con un post, che conferma la linea politica che desidera le elezioni anticipate:
“Draghi arriva in Parlamento e di fatto pretende pieni poteri, sostenendo che glielo hanno chiesto gli italiani. Ma in una democrazia la volontà popolare si esprime solo con il voto, non sulle piattaforme grilline o con gli appelli del PD”.
A rispondere ci ha poi pensato Pier Ferdinando Casini, con queste parole:
“Ho visto molti giornali che raccontavano come molti partiti fossero in attesa di un segnale dal Presidente Draghi. Qual è il segnale che aspettiamo da Draghi? perché qua non c’è nessun segnale da attendere, qui dobbiamo solo rispondere alla domanda del Premier”.
Nel mentre, è stato confermato dai 5 Stelle stessi che, mentre Giuseppe Conte ha incontrato i parlamentari e i capogruppo del proprio partito sotto il pressing del PD, c’è stato solo l’intervento di Ettore Licheri a rappresentare il Movimento in discussione generale; contemporaneamente, Alessandro Di Battista ha punzecchiato il discorso fatto da Draghi.
Mentre il PD si è detto convinto del sì al Governo Draghi, confermato da Simona Malpezzi stessa, la Lega ha continuato a dubitare, come sottolineano le dichiarazioni di Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli:
“Siamo stupiti dal discorso del presidente Draghi: nessun accenno a flat tax e pace fiscale nonostante 50 milioni di cartelle esattoriali già partite o in partenza che rappresentano un’emergenza nazionale”.
Tutto ciò, però, stona con l’intervento successivo di Massimiliano Romeo:
“Serve un Governo nuovo con accanto a lei, perché è autorevole e noi la stimiamo […]. Ci deve essere una grande discontinuità che solo la sua autorevolezza può dare. Quindi a questo punto la scelta spetta a lei”.
Draghi, dopo aver meticolosamente preso appunti per poter rispondere nel pomeriggio, ha lasciato l’aula per fare il punto con i Ministri.
Circa per l’ora di pranzo, verso le 14:20, sia Roberto Calderoli che Casini hanno presentato due risoluzioni: mentre il primo mira ad un Governo rinnovato e senza il Movimento, il secondo preme l’acceleratore sull'”ascoltare le comunicazione del Premier”. Il PD intanto, ha confermato la sua posizione sul sì, incalzando gli altri partiti nel prendere una decisione chiara.
Draghi, arrivato in Senato per la replica annunciata, ha esordito affermando “Sarà una replica breve“. Ha quindi cominciato con il ringraziare “chi ha sostenuto governo con lealtà”, dopodiché, è passato alle risposte. La prima è una risposta netta alle dichiarazioni di Giorgia Meloni sui social:
“Voi decidete. Niente richieste di pieni poteri. Sul salario minimo nessuna imposizione del governo sul contratto di lavoro”.
A riscuotere gli applausi della Lega è poi il discorso sul Superbonus:
“Per il Superbonus, il problema sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione […]. Il Reddito di Cittadinanza è una cosa buona. Diventa cattiva se non funziona”.
Infine, il Primo Ministro ha terminato con la richiesta di concedere la fiducia alla proposta di Casini; la seduta è stata quindi sospesa.
Hanno cominciato poi, ad un’ora dal voto, a sentirsi le prime declamazioni dei voti per il Governo Draghi: Italia viva, la fazione di Luigi Di Maio e le minoranze, danno il loro sì alla fiducia, mentre Fratelli d’Italia, Misto e la Lega hanno ripudiato la soluzione Casini. Lentamente, questi ultimi, assieme ai 5 Stelle, hanno valutato di astenersi al voto: il Movimento e la Lega in special modo, di abbandonare l’aula stessa.
La soluzione al suddetto problema è stata considerare i senatori del Movimento 5 Stelle “presenti e non votanti“, garantendo dunque la votazione in data odierna. A rincarare la dose su una situazione difficile quanto grave in aula, è il PD:
“Da oggi ci prepariamo alla campagna elettorale. Parleremo agli italiani. L’Italia è diversa, è migliore di questo Parlamento. Le scelte di Lega e Forza Italia da una parte e del M5S dall’altra sono gravi, sbagliate”.
La votazione si è conclusa, infine, con 93 voti a favore e 38 contro. Sui social non sono poi tardati ad arrivare gli sfoghi di Di Maio, Letta e Meloni.
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